50 anni di Amici Miei, un film che ha cambiato il cinema italiano

Se c’è un film che ha profondamente segnato la commedia all’italiana, rivoluzionandone la grammatica e anticipando un nuovo filone comico, è sicuramente “Amici miei” di Mario Monicelli. All’inizio doveva essere diretto da Pietro Germi, ma dopo la sua scomparsa nel dicembre del ’74 la regia venne affidata a Monicelli, che ne approfittò per poter finalmente raccontare una parte di Italia che fino a quel momento era stata poco valorizzata: la Toscana. Monicelli era nato a Roma, ma conosceva molto bene la provincia pisana e fiorentina. Quando Leo Benvenuti, storico sceneggiatore del cinema italiano, gli fece leggere per la prima volta il copione di “Amici miei”, pensò immediatamente di spostare l’ambientazione da Bologna a Firenze. La nascita di una neolingua Monicelli, come aveva già fatto nel ’66 con “L’armata Brancaleone”, si divertì a creare quasi una neolingua, coniando nuove parole e dando vita, di fatto, alle famigerate zingarate. I protagonisti di “Amici miei” sono cinque uomini di mezza età che si divertono a passare insieme le giornate per scacciare il pensiero della solitudine. Gli attori principali del film sono Ugo Tognazzi, Gastone Moschin, Philippe Noiret, Duilio Del Prete e Adolfo Celi. La storia parte dal personaggio di Noiret, Giorgio Perozzi, da tutti soprannominato il Perozzi, che una notte, dopo aver finito il turno nel giornale dove lavora come capocronista, decide di ricontattare i suoi amici per passare insieme un po’ di tempo. Un autentico cult che SUPERò "Lo Squalo" al box office Nel corso degli anni, “Amici miei” è diventato un vero e proprio cult, citato, ripreso, consigliato. Ma la verità è che “Amici miei” ebbe un successo immediato, fin dalla sua primissima presentazione al Taormina Film Festival il 26 luglio del 1975, cinquant’anni fa. Riuscì ad arrivare al primo posto del box office italiano della stagione battendo film come “Lo squalo” di Steven Spielberg, “Qualcuno volò sul nido del cuculo” di Miloš Forman e “I tre giorni del Condor” di Sydney Pollack. L’ironia di “Amici miei” è sempre stata travolgente. E il merito è tanto della regia quanto della sceneggiatura e delle interpretazioni degli attori. Una commedia che va oltre l'ironia Il racconto si alterna continuamente tra passato e presente, tra il momento in cui la compagnia di amici si è formata e i vari scherzi che fanno. Come buona parte dei film ascrivibili alla commedia italiana, anche “Amici miei” non si limita alla sagacia delle battute o all’ironia delle situazioni che mette in scena. Va oltre. Mette a nudo la tristezza dei suoi protagonisti, il conflitto interiore che vivono; la loro paura di invecchiare, di diventare irrilevanti, di essere dimenticati. Soprattutto, mette a nudo la solitudine di cui soffrono e che cercano costantemente di esorcizzare. Apripista per Benigni, Nuti e una nuova comicità Con “Amici miei”, Monicelli fece spazio a una nuova generazione di artisti e di attori, come Roberto Benigni e Francesco Nuti: tutti toscani, brillanti, dotati di una comicità intensa, a tratti brutale e per questo estremamente osteggiata da una parte della critica e del pubblico. Nella versione di Germi, ambientata a Bologna, “Amici miei” era un film decisamente più intenso e drammatico; Monicelli, invece, preferì alleggerire i toni, inserire altre battute e riscrivere, in parte, la sceneggiatura. Germi, però, è rimasto il padre di “Amici miei”: nei titoli di testa, proprio in apertura, si legge “un film di Pietro Germi” e solo in chiusura, dopo gli altri crediti, compare la scritta “regia di Mario Monicelli”. Un film che è tante cose Il segreto del successo di “Amici miei” sta nel suo equilibrio: essere tante cose contemporaneamente; in più, però, “Amici miei” rappresenta la novità, il cambiamento; rappresenta una nuova comicità. La cosa incredibile è che nessuno dei cinque attori protagonisti è toscano o di origini toscane; e ciò nonostante, la loro recitazione non è assolutamente fuori fuoco o forzata. Scegliere di ambientare il racconto a Firenze fu per Monicelli fondamentale. Perché gli permise di muoversi in spazi precisi, pieni di un loro dinamismo e di una loro riconoscibilità. Le supercazzole, gli schiaffi in stazione, le zingarate: “Amici miei” ha creato un nuovo linguaggio e un nuovo modo di esprimersi, entrambi entrati nel nostro immaginario e, soprattutto, nella nostra quotidianità. Ed è questo, alla fine, che fanno i film più grandi e importanti: diventano parte integrante di ciò che c’è oltre lo schermo. E cioè della vita degli spettatori.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

50 anni di Amici Miei, un film che ha cambiato il cinema italiano

Gianmaria Tammaro