Vermiglio, tra maternità e destino. La recensione del film in gara alla Mostra di Venezia

Cinema
Paolo Nizza

Paolo Nizza

Ambientato alla fine della Seconda Guerra Mondiale in un comune montano della provincia di Trento, il lungometraggio di Maura Delpero è un viaggio dell’anima, scandito dal passare delle stagioni. Nel cast Martina Scrinzi, Tommaso Ragno e Sara Serraiocco

“Mi sono sempre posto davanti allo spettatore in maniera sincera, lo considero come me stesso, non mento a me stesso.”, così diceva il regista e sceneggiatore greco Theo Angelopoulos. E Vermiglio, presentato in concorso alla 81.ma Mostra del cinema di Venezia (SEGUI LA DIRETTA - LO SPECIALE) è un’opera assolutamente schietta e sincera. Bastano le parole della regista a dimostrarlo: “Mio padre ci ha lasciati un caldo pomeriggio d’estate. Prima di chiuderli per sempre, ci ha guardati con occhi grandi e stupiti di bambino. L’avevo già sentito che da anziani si torna un po’ fanciulli, ma non sapevo che quelle due età potessero fondersi in un unico viso. Nei mesi a seguire è venuto a trovarmi in sogno. Era tornato nella casa della sua infanzia, a Vermiglio. Aveva sei anni e due gambette da stambecco, mi sorrideva sdentato, portava questo film sotto il braccio: quattro stagioni nella vita della sua grande famiglia. Una storia di bambini e adulti, tra morti e parti, delusioni e rinascite, del loro tenersi stretti nelle curve della vita, e da collettività farsi individui. 

La trama del film

Vermiglio inizia e finisce con il vagito di un bambino. E alla fine, una ninna nanna dedicata a Santa Lucia, ci culla verso i titoli di coda. Un film che ha l’odore del legno e il sapore del latte appena munto e poi messo a dormire. Siamo nel 1944, la guerra sta per finire, ma la tragedia, invece, no. Perché le conseguenze di un conflitto non si scontano soltanto su un campo di Battaglia, nelle caserme o nelle trincee. Anche a Vermiglio, comune trentino d’alta montagna, le battaglie, benché lontane hanno sconvolto la vita quotidiana. I bambini muoiono per il freddo, molte donne da mogli si sono trasformate in vedove e figli che probabilmente non faranno mai ritorno a casa. Sacerdoti e maestri hanno preso il posto dei padri. Nelle aule delle scuole si impara l’italiani sui banchi e allo stesso tempo si fa ginnastica. E quelle vette inaccessibili che circondano il paese ricordano agli abitanti quanto siano piccoli gli esseri umani. E poi irrompe, senza chiedere il permesso (d’altronde non lo fa mai) irrompe il destino, perché il futuro risulta sempre imprevedibile. L’arrivo di Pietro un soldato siciliano, che ha disertato e salvato la vita di Attilio, un commilitone di Vermiglio, muta gli equilibri, soprattutto quelli di tre sorelle, Lucia, Ada e Flavia e dei loro genitori

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Piccole donne crescono

Come le stagioni che cambiano, Vermiglio ci mostra un mondo che si trasforma con il passare del tempo e dello spazio. Eppure, la natura ripete il proprio ciclo all’infinito, sempre uguale a se stessa, ma uomini e donne evolvono, si incontrano si perdono e percorrono sentieri inesplorati. Forse, come suggerisce il Maestro Cesare, (un grandissimo Tommaso Ragno) Se ci fossero più vigliacchi non ci sarebbero più guerre. La vigliaccheria è un concetto relativo.” Con la stessa a leggerezza della una piuma che le due sorelle si passano sulla pelle prima di dormire, il film riesce ad affrontare temi complicati come la scoperta della sessualità da parte delle bambine. Tra sigarette fumate di nascosto, fioretti, punizioni autoinflitte, sogni infranti, speranze svanite, erotiche fotografie vintage, un’opera che però apre le porte alla possibilità di un riscatto, di una rinascita, anche per chi sembra avere la vita predestinata e ibernata come un fiore reciso sotto la neve

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