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"Il Padrino", 50 anni fa l'Oscar come Miglior Film: 10 cose che forse non sapete

Cinema
WebPhoto/Ipa

Il capolavoro diretto da Francis Ford Coppola vinse tre statuette alla 45esima edizione degli Academy Awards, il 27 marzo 1973. È rimasta nella storia l’assenza alla cerimonia di Al Pacino e Marlon Brando, con quest’ultimo che rifiutò il premio e inviò al suo posto l'attrice e attivista statunitense di origine Apache e Yaqui Sacheen Littlefeather. Ma sono tante le curiosità e i dettagli emersi nel corso degli anni sulla pellicola, sulla sua realizzazione e sui suoi protagonisti

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Sono passati 50 anni da quel 27 marzo del 1973 quando Il Padrino, considerato il capolavoro di maggior risalto della cosiddetta New Hollywood, vinse tre statuette alla 45esima edizione degli Oscar. Il film diretto da Francis Ford Coppola, forte di 10 nomination, portò a casa i riconoscimenti per Miglior Film, Miglior Attore Protagonista (Marlon Brando) e Miglior Sceneggiatura Non Originale (Francis Ford Coppola e Mario Puzo). Sono tanti i dettagli emersi nel corso dei decenni sul film, sulla sua lavorazione e sui suoi protagonisti, come rimane indimenticabile il doppio boicottaggio dei due attori principali che non si presentarono alla cerimonia degli Oscar: ecco 10 curiosità che vale la pena scoprire.

L’importanza del cotone

Marlon Brando venne scelto per il ruolo di don Vito Corleone da Francis Ford Coppola, che spinse molto per averlo nel cast nonostante i produttori della Paramount non fossero per nulla convinti. L’attore all’epoca aveva 47 anni ma sembrava più giovane: per dare al suo personaggio un aspetto più anziano durante il provino recitò con del cotone in bocca che contribuì a dare al volto quell’indimenticabile caratterizzazione “da bulldog”. Fu questo particolare a convincere definitivamente i produttori che Brando era l’uomo giusto.

La voce di don Vito Corleone

La voce rauca del padrino della famiglia Corleone non è nata per caso. Marlon Brando si ispirò al timbro del mafioso Frank Costello, che aveva visto in televisione durante un interrogatorio di fronte alla Commissione d'inchiesta Usa sul crimine organizzato nel 1951.

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Non si dice “mafia”

Dietro alla realizzazione de Il Padrino ci fu un accordo siglato fra il produttore Albert S. Ruddy e  Joseph Colombo, boss dell’omonima famiglia e leader della Lega dei diritti civili degli italoamericani che cercò di boicottare il film tacciandolo come denigratorio nei confronti degli italoamericani. I due decisero insieme che la parola “mafia” non sarebbe mai stata pronunciata nel film.

Un gatto randagio

Chi non ricorda il gatto che Marlon Brando tiene in braccio all’inizio del film? La sua presenza non era prevista, era un gatto randagio portato dal regista sul set e le sue fusa obbligarono Marlon Brando a ripetere più volte la scena.

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La testa di cavallo

E sempre a proposito di animali, una delle scene più scioccanti del film è quella in cui John Marley trova una testa di cavallo mozzata nel letto. Se durante le prove era stata sempre usata una testa finta, al momento delle riprese ufficiali Francis Ford Coppola infilò nel letto una vera testa di cavallo senza dirlo all’attore Jack Woltz, la cui reazione è stata quindi a dir poco genuina.

Due costole rotte

Anche un’altra scena è stata un po’ troppo realistica. È quella del pestaggio di Carlo, interpretato da Gianni Russo, per mano di Santino Corleone (James Caan). Durante le riprese, Caan ruppe per sbaglio due costole a Russo.

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Le riprese in Italia

La parte del film ambientata in Italia non è stata girata a Corleone, ma in vari paesi fra Messina e Catania: Forza d'Agrò, Savoca, Motta Camastra e Fiumefreddo. A indicare i luoghi fu il pittore Gianni Pennisi di Floristella, che aiutò anche alcuni attori non doppiati insegnando loro la corretta dizione. Inoltre il bar Vitelli, dove Michael Corleone (Al Pacino) chiede al padre di Apollonia di poterla sposare, è aperto ancora oggi.

Il doppio boicottaggio della cerimonia degli Oscar

Agli Oscar del 1973 non c’erano né Marlon Brando né Al Pacino. Quest’ultimo boicottò la premiazione sostenendo che il suo personaggio era presente per molto più tempo nel film rispetto a quello di Brando, e quindi la candidatura a Miglior Attore Protagonista sarebbe dovuta spettare a lui. Marlon Brando invece rifiutò il suo Oscar e non andò alla cerimonia in segno di protesta per il trattamento riservato dagli Stati Uniti e da Hollywood agli indiani nativi d'America. Al suo posto salì sul palco l'attrice e attivista statunitense di origine Apache e Yaqui Sacheen Littlefeather: per lei Brando aveva scritto un discorso di otto pagine ma il produttore Howard Koch le impedì di leggerlo per intero. Così lei salì sul palco e, dopo aver rifiutato l’Oscar che Roger Moore era pronto a consegnarle, disse: “Salve, il mio nome è Sacheen Littlefeather. Sono Apache e sono presidente del National Native American Affirmative Image Committee. Questa sera rappresento Marlon Brando, che mi ha chiesto di dirvi, in un lunghissimo discorso che non posso condividere con voi ora per motivi di tempo, ma che sarò lieta di condividere con la stampa in seguito, che con grande rammarico non può accettare questo generosissimo premio. I motivi sono il trattamento riservato oggi agli Indiani d'America dall'industria cinematografica e in televisione nelle repliche dei film, e anche per i recenti avvenimenti a Wounded Knee. Spero di non aver disturbato questa serata e che in futuro i nostri cuori e le nostre intese si incontreranno con amore e generosità. Grazie a nome di Marlon Brando”.

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Poteva esserci Sylvester Stallone

Forse non tutti sanno che ne Il Padrino avremmo potuto vedere  il volto di Sylvester Stallone. L’attore sostenne i provini per interpretare Paulie Gatto o Carlo Rizzi, ma non venne preso.

George Lucas nell’ombra

Nel film c’è anche una scena, quella che con un rapido montaggio racconta la guerra delle cinque famiglie, che è stata diretta e montata da un non accreditato George Lucas. Il regista ha poi dichiarato di aver omaggiato Il Padrino in Star Wars: Il ritorno dello Jedi - nella scena in cui la principessa Leila strangola Jabba the Hutt - e in una sequenza di Star Wars: Episodio III - La vendetta dei Sith.

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