Il regista messicano trasforma il romanzo di Collodi in un capolavoro in stop motion premiato con l'Oscar come miglior film d'animazione. In streaming su Netflix (visibile anche su Sky Q, Glass e tramite la app su NOW Smart Stick)
“Un classico è un libro “che non ha mai finito di dire quel che ha da dire”, scriveva Italo Calvino. E questa nuova trasposizione cinematografica del romanzo di Carlo Collodi, firmata da Guillermo Del Toro, dimostra quanto avesse ragione l’autore del Barone Rampante. Il dodicesimo lungometraggio diretto dal cineasta messicano trasfigura Pinocchio – Le avventure di un burattino, in una struggente e visionaria favola dark. Un' opera che riecheggia le atmosfere gotiche del Frankenstein di Mary Shelley con una creatore dalle molte vite e un creatore inconsolabile ed etilista. Il film è in streaming su Netflix
Da Disney a Benigni, da Garrone a Del Toro, storia di un burattino
Il rischio di un soporifero dejà vu cinematografico era dietro l’angolo, come il tamarro cantata dagli Elio e le Storie tese. Il libro pubblicato per la prima volta a Firenze nel 1883 è stato portato sullo schermo una schidionata di volte. Dal classico Disney, datato 1940 al film di Roberto Benigni, passando per la pellicola diretta da Matteo Garrone, il burattino senza fili è stato declinato dal cinema nelle forme più svariate. Ma l’opera di Del Toro non è un’indigesta ribollita, o uno sciapo “mappazzone”. Perché Guillermo è soprattutto un brillante costruttore di mondi. L’autore sa bene che l’infedeltà, spesso e volentieri, rappresenta la via del successo se si vuole trasformare un libro in una sceneggiatura. Quindi addio Fata Turchina, Paesi dei Balocchi e Mastro Ciliegia. Questa volta la leggendaria e lignea marionetta si agita tra avventure bizzarre e fantastiche attraversano mondi immaginari.
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Pinocchio di Guillermo Del Toro, la stop motion al potere
Il Pinocchio di Del Toro è l’apoteosi della stop motion, Grazie al talento di Mark Gustafson, che di questa tecnica d’animazione è un impareggiabile mago, il film è fatto della materia di cui sono fatti i sogni e quindi, in ultima istanza il cinema. La pellicola anima il silenzio, gli errori, i movimenti accidentali. Una sinfonia di spazi con personaggi che mutano i movimenti a seconda dell’età. E il risultato è una festa per gli occhi, una contagiosa emozione materica. Quanto è gratificante perdersi in questo viaggio cinematografico, che dimostra ancora una volta che l’animazione non è un genere rivolto solo ai bambini o alle famiglie.
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Padri e figli, tra gioia e malinconia
L’energia fanciullesca contrapposta alla purezza di un burattino indisciplinato, ma dal cuore d'oro. Questo interessava raccontare a Del Toro. Gioioso e malinconico, soprannaturale e realistico, il film sovverte l’ordine costituito. A differenza del romanzo di Collodi, questa volta Pinocchio non aspira a diventare un bambino in carne e ossa, né tanto meno è interessato a inseguire un irraggiungibile obiettivo. In fondo, chi lo ha detto che per essere amati è necessario cambiare? In una società da popolata da marionette, come l’Italia fascista che fa da sfondo alla pellicola, Pinocchio con la sua allure romantico e irriverente sbertuccia il potere e i suoi abusi, la burocrazia e le sue incongruenze. Senza retorica, il lungometraggio denuncia gli orrori della guerra (altroché igiene del mondo) e ci ricorda quanto sia difficile restare padre quando i figli crescono come cantava il maestro Battiato.
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Il passato ci racconta il presente
L’amarezza di Geppetto, falegname dolente troppo incline ad alzare il gomito. La magniloquenza di Sebastian il Grillo, insetto parlante con il poster di Schopenhauer sulla parete. L’imperscrutabilità dello Spirito bosco e della morte, due sorelle mascherate che donano e tolgono la vita. La ferocia del Conte Volpe, epigono animale del Mangiafuoco di collodiano memoria. Sono questi alcuni dei personaggi che danzano in un film che sorprende, diverte e commuove. Ci si perde in universi fantastici, meravigliosi, spaventosi, tra il limbo abitato da conigli neri che rimandano "Dogs Playing Poker" ("Cani che giocano a poker), un luna park ispirato alla La fiera delle illusioni - Nightmare Alley e un campo di addestramento fascista che ricorda "L'isola dei Morti" del pittore simbolista Arnold Böcklin. Insomma, Pinocchio di Guillermo Del Toro dimostra che a volte la fantasia funziona meglio del realismo quanto si tratta di raccontare il mondo che ci circonda. A volte il filtro del passato mette meglio a fuoco il presente. E, infine, in un’opera che si apre e si chiude sull’immagine di una lapide, un insetto saccente ci svela il nostro destino “Quello che accade accade e poi ce ne andiamo”