Armageddon Time, ecco il trailer italiano del film con Anne Hathaway e Anthony Hopkins

Cinema

Manuel Santangelo

Nel nuovo film del regista James Gray c’è molto di autobiografico ma si parla anche di un America divisa più che mai e pronta a iniziare l’era Reagan

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C’è dell’ironia in quella Good Times degli Chic che si ascolta all’inizio del trailer di Armageddon Time - il tempo dell’apocalisse. È chiaro fin dal titolo che il nuovo film di James Gray non fa coincidere con la gioventù del protagonista un periodo storico felice, quantomeno per gli Stati Uniti. L’America di Armageddon Time è una Nazione scissa, fatta di fazioni che per andare avanti devono fingere di ignorare chi se la passa peggio in un Paese diviso dove si seminano i rancori che porteranno ai problemi di oggi.

Cinquanta sfumature di Gray

James Gray ha scelto di girare quello che è il suo film più politico ma allo stesso tempo il più autobiografico. Si può infatti riconoscere lo stesso cineasta ragazzino dietro il piccolo Paul Graff, che nel 1980 cerca di far amicizia con un ragazzo nero scontrandosi con l’ottusità di un Paese ancora viscidamente razzista,. Le similitudini tra regista e alter-ego sono tante, a partire da quel cognome che la famiglia ebrea in entrambi i casi è stata costretta a cambiare una volta approdata nel Nuovo Continente. Gray fa un’operazione tentata già da altri colleghi in tempi recenti, da Alfonso Cuarón a Kenneth Branagh passando per Paul Thomas Anderson: utilizzare il racconto della propria infanzia per filtrare, attraverso gli occhi di un giovane, un periodo storico di forte transizione. In particolare il film passato a Cannes nel 2022 assomiglia a Roma di Cuarón: in tutte e due le pellicole si racconta infatti la storia dal punto di vista di un privilegiato, il quale guarda da vicino (ma comunque a distanza di sicurezza) la quotidianità di chi è meno fortunato di lui.

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God bless America

Bastano i pochi secondi del trailer per dare l’idea dell’atmosfera della pellicola. Si vede Ronald Reagan in tv e iniziano gli anni Ottanta con tutto quel carico di controsensi che si portano dietro. Paul è un bambino ma vive sulla sua pelle il cambiamento in corso, in una nazione dove già sono presenti le basi del trumpismo (e non solo perché Fred Trump e la figlia Maryanne sono effettivamente personaggi attivi nella pellicola). A fargli un po’ da grillo parlante è il nonno Aron, magistralmente interpretato dal grande Anthony Hopkins, in un cast che comprende pure Anne Hathaway e Jeremy Strong (nei panni dei genitori del protagonista). Dopo aver esplorato nuovi mondi e essere passato dallo spazio all’Amazzonia nell’arco degli ultimi due film, James Gray torna nella sua New York, la città che ha fatto da teatro ad alcune delle sue migliori prove dietro la macchina da presa. Lo fa per raccontare un Queens dove nessuno è veramente a suo agio, nessuno appare davvero soddisfatto, in una corsa infinita che coinvolge tutti senza dare il tempo di guardarsi indietro. Secondo Gray, era il tempo dell’apocalisse e non si vivevano certo i “good times” che cantavano Nile Rodgers e soci: chi c’era allora non se ne è accorto o meglio ha finto di non accorgersene. Chissà se ha fatto bene.

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