La talentuosa attrice e attivista Transgender Trace Lysette, meravigliosa protagonista del secondo lungometraggio di Andrea Pallaoro, in concorso alla 79.ma Mostra del cinema di Venezia. Un viaggio alla scoperta di quanto sia difficile essere accettati anche dalla propria madre
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“Diventa ciò che sei!”. Diceva il” filosofo con il martello” Friedrich Wilhelm Nietzsche. Un invito assolutamente condivisibile, tuttavia assai complicato da portare a termine. Lo sa benissimo Trace Lysette che con il suo talento e la sua bellezza ha abbacinato il Lido. L’attrice e attivista transgender (La Shea della imprescindibile serie tv Transparent) è l’indiscussa protagonista di Monica, film in concorso alla 79.ma Mostra del Cinema di Venezia. Fra risvolti autobiografici e difficili rapporti familiari, il regista italiano dopo Hannah, ambienta negli Stati Uniti una storia dove la transessuale non è una figura secondaria, ma il fulcro dell’intera vicenda. Si tratta di un evento davvero raro se parliamo di film diretti da cineasti nostrani
Anche in Monica, Pallaoro conferma il suo approccio intimo è gentile alle storie che sceglie di raccontare. Un cineasta che predilige i silenzi, un autore che gioca con la sottrazione, Anche quando parla di rifiuti, di una madre che cita Il padrino (“la famiglia viene prima di tutto”) e poi rinnega la propria figlia perché non ne accetta la transessualità. Quindi tematiche come il perdono, la difficolta di guarire dai propri traumi emotivi sono illustrati con garbo, pur senza edulcorare alcunché della vita della protagonista che dà il titolo al film. Tra massaggi, telefonate erotiche, appuntamenti mancati, ferite ancora aperte, abbracci rubati, demenze senili, sedute di make up, tatuaggi, la pellicola è intrisa di dolore, ma anche di voglia di riscatto.
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Se un 'opera come Monica funziona, al netto dei ritmi dilatati, il merito è soprattutto del cast. È impossibile non appassionarsi al desiderio di Trace Lysette di riconciliarsi con la sua famiglia ma pure alla voglia di sentire la sua voce al mondo che le nega la possibilità di essere se stessa, mentre balla sulle note di Dragostea Din Tei degli 0 Zone Notevoli anche le prove attoriali della veterana Patricia Clarkson nei panni della madre malata di Monica, di Emily Browning e di Joshua Close. Da segnalare pure l’interpretazione del giovanissimo Graham Caldwell che con la sua performance canora finale offre un nuovo e contemporaneo significato alle parole dello Star-Spangled Banner, l’inno degli Stati Uniti. E davvero L’America diventa “La terra dei liberi e la patria dei coraggiosi!”.