La fortuna di Nikuko, recensione dell'anime di Ayumu Watanabe

Cinema

Gabriele Lippi

Il racconto di formazione di una bambina che vive il suo passaggio all'adolescenza specchiandosi in una madre a cui non assomiglia né vuole assomigliare. Il film arriva in Italia, portato in sala da Nexo Digital per "La stagione degli anime", dal 16 al 18 maggio

Nikuko è una donna di 38 anni, “ridotta a pezzi” dalla vita e da una serie di relazioni sentimentali tutte sbagliate. Nikuko è la madre di una bambina che si chiama come lei, Kikuko, anche se gli ideogrammi sono diversi. Nikuko è una donna che adora il cibo, mangiarlo e servirlo agli altri, vive praticamente per un pezzo di carne (e non è un caso che nel suo nome ci sia l’ideogramma di Niku, carne e che il suo cognome, Misuji, sia la parola giapponese per identificare il taglio di manzo che da noi si chiama cappello del prete), va matta per i giochi di parole e gli ideogrammi ed è convinta che “essere ordinari è la cosa migliore”.

Tratto da un romanzo di grande successo

Nikuko è la protagonista dell’anime La fortuna di Nikuko, in Italia per tre giorni evento dal 16 al 18 maggio, portato in sala da Nexo Digital per “La stagione degli anime”. Tratto dal pluripremiato romanzo di Nishi Kanako e distribuito nelle sale cinematografiche giapponesi lo scorso anno, La fortuna di Nikuko è diretto da Ayumu Watanabe (I figli del mare, Space Brothers), per la sceneggiatura di Satomi Ooshima (Hataraki Man), mentre character design e direzione dell’animazione sono stati curati da Kenichi Konishi (I figli del mare). Il film è stato premiato allo Scotland Loves Anime Festival Awards, al Bucheon International Animation Festival e al Fantasia International Film Festival.

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UNA MADRE E UNA FIGLIA E LE LORO DIFFERENZE

A raccontarci di Nikuko è Kikuko, che condivide con lei la passione per il cappello del prete, il nome e francamente poco altro. Nikuko e Kikuko non si somigliano per niente, e gli amici della ragazzina undicenne non mancano mai di farglielo notare. Per la verità, Kikuko, che è magra e ha “le gambe come degli stecchini”, non vuole nemmeno somigliare alla donna che non chiama mai mamma e per il cui entusiasmo ingenuo prova talvolta imbarazzo. È attraverso questo rapporto che Kikuko vive la sua formazione e il suo passaggio dall’infanzia all’adolescenza, tra piccole beghe di scuola e la prima infatuazione per un ragazzino solitario che fa le facce buffe. Un percorso che si completa con una rivelazione che non sconvolge la vita di Kikuko, anzi, fortifica il suo legame con Nikuko.

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UN FILM SUL SENSO DELLA MATERNITÀ

La fortuna di Nikuko è un film sul senso della maternità, su cosa significhi essere madri ed essere figlie, sulla difficoltà della comunicazione intergenerazionale, su quegli affetti che prescindono dai legami di sangue. Perché non necessariamente bisogna assomigliarsi per essere madre e figlia, non necessariamente si devono condividere aspetto e passioni per volersi bene in maniera profonda e intensa. Watanabe ha la delicatezza tipica dei maestri dell’animazione giapponese, quella di Miyazaki, che cita e omaggia ogni qual volta Kikuko fa notare la somiglianza tra la madre e Totoro e in una scena in cui le due attendono il bus alla fermata sotto una pioggia battente proprio come nel classico dello Studio Ghibli. Anche la qualità dell’animazione, curata dallo Studio 4°C, è assolutamente all’altezza della tradizione nipponica.

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