Per tutta la vita, la recensione del film in prima tv su Sky

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Alessio Accardo

 Arriva questa sera su Sky Cinema Per tutta la vita, commedia sentimentale corale scritta dal regista di Perfetti sconosciuti, Paolo Genovese; con un super-cast che include Fabio Volo e Claudia Gerini, Luca e Paolo e Claudia Pandolfi.

 

Per tutta la vita, in prima-tv su Sky Cinema dal 28 marzo è anzitutto un’operazione merceologicamente interessante: una commedia sentimentale corale,  prodotta dalla Lotus Production di Marco Belardi con Rai Cinema, scritta dal regista di Perfetti sconosciti, Paolo Genovese (e il suo tocco si vede: siamo dalle parti di Immaturi e relativo sequel), e servita da un cast all-star che costituisce uno dei punti di forza del film. In cabina di regia Paolo Costella, anche sceneggiatore per lo stesso Genovese e per Gabriele Muccino; e responsabile dell’esordio cinematografico della Gialappa's Band, con il cult-movie Tutti gli uomini del deficiente. Insomma, una di quelle commedie brillanti che negli Stati Uniti farebbero orgogliosamente parte del filone molto redditizio del cinema d’intrattenimento leggero (anzi leggerissimo direbbe il duo Colapesce-Dimartino), che costituisce il nerbo dell’industria hollywoodiana. Un tipico esempio di prodotto medio che fa da tempo la fortuna di 01 Distribution, all’interno di un progetto industriale e culturale ben preciso, portato avanti consapevolmente.

 

Il soggetto (scritto insieme a Paolo Bologna e Rolando Ravello) prende spunto da un elemento paradossale: quattro coppie di sposi che avevano celebrato le nozze nella basilica romana di San Cosimato vengono informate mezzo posta che il loro vincolo coniugale è nullo poiché il prete che aveva officiato il rito era un falso prete.  I loro matrimoni vengono annullati dalla Sacra Rota e a ognuno dei contraenti viene data la possibilità di rivalutare la promessa reciproca e di confermarla o meno a distanza di tempo.

Ci troviamo dunque di fronte a una sorta di mash-up tra il plot di Perfetti sconosciuti (un gruppo di coppie messo in crisi da un evento straordinario) e la trovata di Immaturi (l’esame di maturità non valido di una classe degli anni ’80); e simile è anche il “what if”, il pretesto narrativo: se nel film pluri-remakato di Genovese ci si chiedeva “che cosa accadrebbe se una serie di coppie potesse leggere i messaggi contenuti nei cellulari dei rispettivi partner?” qui ci si domanda “che cosa succederebbe se una serie di coppie, più o meno felicemente sposate, dovesse tornare a scegliersi?”

Ovvero una commedia di situazione (plot-driven) che è al tempo stesso incentrata sulla forza dei suoi personaggi (character-driven), e soprattutto degli attori che li interpretano. Vediamoli. C’è la coppia formata da Ambra Angiolini e Fabio Volo. Lei fa l’insegnate di yoga e lui il libero professionista, sono divorziati (o meglio, lo erano prima che la sentenza di annullamento del loro matrimonio annullasse di conseguenza anche il loro divorzio) e hanno un figlio di otto anni. Poi c’è quella formata da Filippo Nigro (speaker di una trasmissione sportiva radiofonica) e da una Claudia Pandolfi molto in parte (architetta ambiziosa), che vorrebbero risposarsi e per l’occasione mettere pure al mondo un figlio. Quindi la doppia coppia Paolo Kessisoglu (coach in palestra) e Claudia Gerini (avvocata), che a sua volta ha però una relazione con l’ex marito, Luca Bizzarri (un interior designer), il quale è però sposato con Carolina Crescentini (una bancaria).

L’evento eccezionale da cui gli otto coniugi sono investiti è un pretesto per fare il tagliando a questi matrimoni già vissuti e persino un po’ logori, che in certi casi hanno superato la proverbiale soglia del settimo anno; e per provare a rispondere alle più ovvie, eppure sempre attuali, domande sui legami coniugali: l’amore dura ancora a distanza di anni? Fino a quando? E a che prezzo? È giusto restare identici a sé stessi oppure sarebbe meglio cambiare strada? Meglio tirare a campare o dirsi addio? Domande che il film ha il merito di porre ma a cui non dà risposte.

Dietro la superficie patinata di questo affresco contemporaneo sullo stato dell’arte delle relazioni sentimentali, di questa pochade un po’ romana e molto borghese, rimane però più di quanto la sua confezione faceta non autorizzerebbe a suggerire. Intanto sono introdotti e sviscerati temi cruciali della contemporaneità, come ad esempio la gestione complicata dei figli delle coppie scoppiate oppure gli amletici dubbi tra la carriera professionale e la maternità. E poi, quantunque gli autori siano due maschi (ma qui evidentemente si vede il tocco della terza sceneggiatrice, la scrittrice Antonella Lattanzi, già finalista del Premio Strega), quel che si staglia dal plurimo gioco delle coppie è soprattutto l’analisi della sensibilità delle donne d’oggi, coinvolte in dinamiche sentimentali così diverse da quelle gestite trenta o quarant’anni fa dalle loro madri e nonne. Non a caso risaltano, per converso, i personaggi interpretati da due attrici di formazione teatrale come Pamela Villoresi e Ivana Monti (che qui sono la mamma e la suocera della Pandolfi), incarnazione di due modelli di femminilità d’antan agli antipodi: la prima è l’emancipata autrice di un libro che propugna le virtù dell’amore libertino, una sorta di femminista dura e pura anni ’70; la seconda interpreta una delle tante donne pre-’68, che procreavano all’insegna del vetusto aforisma “non lo faccio per piacer mio ma per dare figli a Dio”. Due facce del modello femminile del giorno prima della rivoluzione (sessuale), spazzato via dai femminismi; che oggi producono grosso modo ciò che viene mostrato in questo spaccato: nomadismo sentimentale, dubbi, ripensamenti, speranze tenui e sterili resipiscenze.

Insomma, sotto le spoglie garrule e gaie del film sentimentale a episodi intrecciati si cela un tentativo piuttosto pertinente di interrogarsi sui pregi e suoi difetti della acquisita libertà sentimentale e sessuale dei nostri tempi, così diversi da quelli in cui i matrimoni si tenevano insieme per convenzione o per ipocrisia, e i figli non si facevano per scelta. Una libertà che però non riesce a generare, a quanto pare, né equilibrio relazionale né felicità individuale. La colonna sonora solenne e un po’ melensa di Lele Marchitelli - autore musicale di tutti i programmi satirici di Serena Dandini (da “Avanzi” a “L’ottavo nano”) e di alcuni score di Carlo Verdone, Riccardo Milani e Paolo Sorrentino – finisce per essere al postutto una sorta di correlativo oggettivo del mood di un film dichiaratamente sentimentale e dignitosamente commerciale.

Menzione speciale per il giovanissimo Edoardo Brandi, che interpreta il figlio di Volo-Angiolini, uno dei più in palla del cast maschile; e per il compianto Renato Scarpa, qui alla sua ultima prova d’attore.

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