Berlinale 2022, il trailer, il cast e la trama del film "Una femmina"

Cinema

Liberamenta ispirata al romanzo di Lirio Abbate, la pellicola, diretta da Francesco Costabile, è stata presentata al Festival di Berlino nella sezione "Panorama " e  arrivare nelle sale italiane dal 17 febbraio

Una femmina, il film d'esordio di Francesco Costabile,  è stato presentato il 13 febbraio alla  72º Festival Internazionale del Cinema di Berlino
 nella sezione Panorama. Liberamente tratto dal libro "Fimmine ribelli. Come le donne salveranno il paese dalla n'drangheta" scritto da Lirio Abbate, la pellicola è interpretata da Lina Siciliano, Fabrizio Ferracane, Anna Maria De Luca, Simona Malato, Luca Massaro, Mario Russo, Vincenzo De Rosa, Francesca Ritrovato.

L'opera arriverà al cinema a partire dal 17 febbraio



Una Femmina, la trama del film

Rosa è una ragazza inquieta e ribelle, vive con sua nonna e suo zio in un paesino della Calabria, tra monti e fiumare secche. La sua quotidianità viene improvvisamente stravolta da qualcosa che emerge dal suo passato, un trauma che la lega indissolubilmente alla misteriosa morte di sua madre. Quando Rosa si ritrova vittima di un destino già segnato, decide di tradire la sua famiglia e cercare la propria vendetta di sangue. Ma quando questa famiglia è la ‘Ndrangheta ogni passo può rivelarsi fatale.

 

Le parole del regista Francesco Costabile

"Tutto nasce dal libro inchiesta Fimmine Ribelli di Lirio Abbate, da questo testo è nato un soggetto, scritto dallo stesso Abbate con il regista Edoardo De Angelis, è stato lui a coinvolgermi e a propormi l’idea.

Oggi posso dire che Edoardo ha avuto grande coraggio nell’affidare un film così complesso ad un regista esordiente. È stata una mossa rischiosa, non scontata, e non posso che esserne riconoscente. Lo script era di poche pagine ma già denso di rabbia e umanità, personaggi che mi hanno immediatamente conquistato per la loro carica emotiva e sovversiva. Un racconto sulla criminalità da un punto di vista, uno sguardo, tutto femminile. Durante la fase di scrittura non ci siamo ispirati ad un unico fatto di cronaca, il film racchiude dentro di sé tante storie, tante voci e quella di Rosa sintetizza le esperienze drammatiche di tante donne. Sono le femmine ribelli descritte da Abbate (tra queste: Giusy Pesce, Maria Concetta Cacciola, Rosa Ferraro, Simonetta Napoli). Donne che hanno avuto il coraggio di rompere con i legami di sangue e i codici d’onore della ‘Ndrangheta, l’organizzazione criminale che ha saputo, più di tutte, costruire il suo impero sulle fondamenta più solide e archetipiche al mondo: la famiglia. Se la ‘ndrangheta oggi è così potente è proprio grazie a questa struttura e alla sua forza. “Una femmina” è quindi, prima di tutto, una storia familiare. La morsa psicologica, l’oppressione e il ricattodomestico, l’ombra di un passato fatto di sangue, sono elementi centrali che caratterizzano il mondo di Rosa.

Ed è proprio durante la fase di ricerca che è scattata una connessione tra quel mondo e il mio vissuto. Io sono nato e cresciuto in Calabria, una terra rimasta ai margini, troppo spesso dimenticata dallo Stato. È una terra che ti porti dentro perché segna uno stato d’animo, un modo di stare al mondo. Con questo film ho avuto la possibilità di guardare indietro, alle mie origini, è stata una tappa importante per costruire l’universo emotivo del film e il suo immaginario. “Una Femmina", nonostante la drammaticità e la violenza degli eventi narrati, è anche un atto d’amore verso la mia terra, un monito ad un riscatto tutto femminile. Immergendomi nella materia umana, durante la lettura dei processi e l’incontro con le donne vittime della ‘ndrangheta, ho sentito che quel mondo mi apparteneva. Alcune storie risuonano nel nostro vissuto in maniera sorprendente, si amplificano dentro di noi e si trasformano nel processo artistico.

È questo che amo del cinema, l’immersione nella vita e la trasfigurazione che ne consegue, il sottile equilibrio che si instaura tra il nostro sguardo e la realtà che si manifesta. Forse sono le storie a scegliere noi. In questo caso, potrei dire che è stato il film a scegliere me. Se ripenso alla mia storia personale non potevo che esordire con un film più adatto.

Girare in Calabria è sempre stata la mia prerogativa. Ho passato mesi in giro per paesi sperduti nell’entroterra calabrese, cercando volti, suggestioni, immagini che potessero dar vita al mio film. Una ricerca lunga che è stata fondamentale per capire che tipo di film volessi fare. Affrancarmi da una restituzione puramente realistica e cercare in zone più profonde, connettermi con l’esperienza traumatica vissuta da queste donne, farne percepire il sentimento di oppressione, di impotenza, far sì che questo film diventasse innanzitutto un’esperienza intima, quasi irrazionale, per lo spettatore."

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