Tre donne, di Sylvia Plath, quando il cinema diventa poesia

Cinema

Paolo Nizza

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Tratto dal poema dell'autrice americana e presentato al Festival del Cinema di Torino 2021, un viaggio tra immmagini e parole diretto da Bruno Bigoni e Francesca Lolli

"L'immaginazione al potere" diceva Herbert Marcuse. Uno slogan che si trasfigura in immagini e parole nel film Tre donne, di Sylvia Plath Presentato al 39° Torino Film Festival nella sezione Fuori Concorso/Incubator, e firmato da Bruno Bigoni e Francesca Lolli. Scritto dall'autrice americana nel 1962 e nato come radiodramma. Il poema di Sylvia Plath rinasce attraverso gli oggetti, i luoghi, i gesti, le voci e gli sguardi scelti per rappresentare le storie parallele  di tre donne (interpetate da Giulia Battisti, Chiara Buono, Alice Spito) e del loro rapporto con la maternità. Grazie al talento della coppia di registi, i versi di Sylvia Plath si incarnano in fotogrammi che abbacinano lo spettatore.

I sottotitoli, la lingua inglese e quella italiana danzano in quest'opera in cui le sequenze si intersecano come in un vertiginoso "stream of consciousness". La cognizione del dolore, la prigione in cui spesso viene confinata la figura femminile, condannata a essere solo sposa e Madre vengono esplicitate nel film attraverso primi piani, paesaggi e simboli. Con un’assoluta fedeltà al testo originale, Tre donne, di Sylvia Plath è un miracoloso esempio di "cinema di poesia". Parimenti al radiodramma, il film inizia con un "mi sento lenta come il mondo" e finisce con "un po’ d'erba, spacca la pietra, verde di vita.“ E nel mezzo un'epifania di nuvole, fotografie bruciate, paesaggi innevati, cavalli, ospedali. E il risultato è un viaggio dolente e sincero alla scoperta di quelle donne che, a volte, non dicono, mentre sullo sfondo si palesano uomini bidimensionali, senza spessore o costrutto. Sicché un poema scritto quasi sessant'anni fa risulta quanto mai attuale. E grazie alla magia del cinema e alla forza di due cineasti autentici ci restituisce sullo schermo quello che Pasolini chiamava "la scandalosa forza rivoluzionaria del passato".

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Tre donne, di Silvia Plath, la trama del film

Tre donne, di Silvia Plath è un poema a tre voci, concepito originariamente come radio-dramma. Le tre voci che appartengono a tre donne accomunate dalla medesima esperienza di maternità, parlano ma non rispondono l’una all’altra. Il dialogo non è tra loro, ma fra ognuna e la propria coscienza, alternandosi in un racconto confessione della propria esperienza. La prima voce è quella di una casalinga che desidera e ha un figlio. È la storia apparentemente più felice, più naturale e semplice, ma si adombra anch’essa inevitabilmente, di sottili paure.

La seconda voce è quella di un’impiegata. Attende il figlio che desidera, ma che perde, questa come altre volte. Il ritorno a casa e il rifugio nel lavoro non rimargineranno la ferita e la sensazione di anormalità e incapacità. La terza voce è quella di una studentessa che rifiuta l’idea della maternità, ma che tuttavia porta a termine la gravidanza, per poi abbandonarne il frutto. Anche per lei il ritorno alla vita di tutti i giorni è difficile e la serenità difficilmente riconquistabile.

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