Addio a Bertrand Tavernier, maestro del cinema francese

Cinema
ROMA, ITALY - 2019/10/25: Red carpet with French director Bernard Tavernier. (Photo by Matteo Nardone/Pacific Press/LightRocket via Getty Images)

Si è spento a 79 anni il regista transalpino. Lo ha comunicato l'Istituto Lumiére. 

Il  regista, sceneggiatore e produttore Bertrand Tavernier è scomparso  all'età di 79 anni a Sainte-Maxime dans le Var. La moglie e i suoi figli hanno dato l'annuncio sui social condividendo la loro tristezza e il dolore insieme all'Institut Lumière, di cui Tavernier era presidente. Il cineasta era nato a Lione il 25 aprile del 1941.

Il ricordo del regista scomparso nelle parole di Alberto Barbera, direttore della Mostra del cinema di Venezia

"Con Bertrand Tavernier scompare una delle figure piu' prestigiose e influenti della cultura cinematografica francese della seconda meta' del Novecento. La cinefilia d'Oltralpe perde uno dei suoi simboli, il cinema uno degli autori piu' originali e apprezzati". lo afferma il direttore della Mostra del Cinema di Venezia, Alberto Barbera, che assieme al presidente e al Consiglio di amministrazione della Biennale ricorda con particolare stima e affetto il regista e critico scomparso oggi.

   Bertrand Tavernier, figura centrale della scena cinematografica francese. era stato premiato col Leone d'oro alla carriera alla Mostra del Cinema 2015, e' stato presente a Venezia fin dal 1976, con Il giudice e l'assassino, ed ha ha partecipato due volte al Concorso: nel 1986 con Round Midnight - A mezzanotte circa (Oscar per la colonna sonora, e nel 1992 con il poliziesco Legge 627.  "Con i suoi articoli appassionanti e i suoi libri insostituibili - prosegue Barbera - Tavernier ha contribuito a cementare il nostro amore per il cinema americano. Con dedizione e lungimiranza, ha presieduto l'Institut Lumie're di Lione facendolo crescere sino a diventare una delle istituzioni piu' autorevoli nel panorama internazionale. I film che ci lascia in eredita' costituiscono un corpus affascinante, eclettico e anticonformista che non potremo mai dimenticare. Ci mancheranno la sua intelligenza, la lucida e appassionata visione critica, la dedizione assoluta alla causa del cinema. E, naturalmente, i film che avrebbe ancora potuto realizzare, capaci di fondere lo spettacolo con i temi politici e sociali che lo appassionavano. Per tutto questo, gli saremo sempre riconoscenti e grati"

La carriera di Tavernier

Regista di film come "Colpo di spugna", "Una domenica in campagna", "Che la festa cominci" e "La vita e niente altro", Bertand Tavernier aveva iniziato la sua carriera come critico cinematografico. Premiato molte volte con i César, gli Oscar francesi, ebbe il riconoscimento come miglior regista al Festival di Cannes nel 1984 per "Una domenica in campagna". Nel 2015, alla Mostra di Venezia, ricevette il Leone d'Oro alla carriera. 

"Tutto ciò che intensifica e drammatizza l'emozione e la realtà mi interessa. Questo si avvicina forse molto alla maniera in cui amo mettere in scena: una messa in scena basata sull'emozione che, lo spero, non è mai artificiale." Queste parole raccolgono tutto l'universo poetico di Bertrand Tavernier. 

 

Il regista ottiene il suo primo successo, nel 1972, a trentadue anni,con il primo lungometraggio, "L'orologiaio di Saint-Paul". Il film vince l'Orso d'Argento al festival di Berlino e il Premio Louis-Delluc. Nei  lungometraggi successivi, Tavernier ffronta i temi e i generi più diversa. Dalla storia, raccontata attraverso film come "Che la festa cominci..." (ambientato durante l'epoca di Filippo d'Orléans) e "Il giudice e l'assassino" (un giallo sullo sfondo della Francia di fine Ottocento, ispirato a un fatto di cronaca realmente accaduto), ai film di guerra come "La Vie et rien d'autre", 1988, e "Capitaine Conan", 1995,

Altre opere d'ambientazione storica da ricordare sono l'affresco medievale, "Quarto comandamento" (La Passion Béatrice), 1987,  "La fille de d'Artagnan", 1994, un film di cappa e spada, e "La Princesse de Montpensier", 2010.

Oltre alla Storia,  Bertrand Tavernier con i suoi film si è occupato anche di musica, come in "Round Midnight - A Mezzanotte circa". Il film ha vinto un discreto numero di premi, tra cui l'Oscar alla migliore colonna sonora nell'edizione del 1987, grazie al lavoro di Herbie Hancock. La pellicolla è ispirata alla vita dei jazzisti Lester Young e Bud Powel.

Tavernier ha trasfigurato in immagini anche le contraddizioni della società contemporanea. Basti citare "La morte in diretta", il cui soggetto è tratto dal romanzo The Unsleeping Eye di David G. Compton. Ma in questo contesto specifico la sua opera più celebre è "L'esca", del 1995 Il  film trae spunto dal libro L'appât del 1990, scritto da Morgan Sportès e che si basa - pur utilizzando nomi di fantasia - sulla ricostruzione di due omicidi perpetrati a Parigi nel 1984 dal trio composto da Valérie Subra, Laurent Hattab, e Jean-Rémi Sarraud. La pellicola fu premiata con l'Orso d'oro al Festival di Berlino.

Nel 200, Tavernier ha girato il suo secondo filma americano, dopo "Round Midnight". Si tratta di "L'occhio del ciclone - In the Electric Mist". Il soggetto è tratto dal romanzo di James Lee Burke, L'occhio del ciclone (In the Electric Mist with the Confederate Dead) del 1993. Nel film, ambientato in Louisiana come il romanzo, l'azione è spostata a qualche mese dopo il passaggio dell'Uragano Katrina. È stato presentato in concorso al Festival di Berlino. Il personaggio di Dave Robicheaux, qui interpretato da Tommy Lee Jones, era già stato portato sullo schermo nel film del 1996 "Omicidio a New Orleans" (Heaven's Prisoners), con Alec Baldwin.

L'ultimo lungometraggio di Tavernier è stao "Quai d'Orsau", film del 2013, basato sull'omonimo fumetto di Christophe Blain e Abel Lanzac. Nel 2016 invece, ha firmato "Voyage à travers le cinéma français",un documetario dedicato alla cinematografia francese. Insomma, è stato un regista che ha esplorato i temi e gli stili più diversi, ma sempre con originalità e intelligenza. Non a caso, una delle sue frasi più celebri è questa: «Il cinema e la letteratura di genere permettono delle audacie che non si riconoscono, talvolta, se non molto tempo dopo, tanto esse sono intimamente compenetrate al genere stesso.»

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