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Rimosso il "Magic bus" del film "Into the wild": meta troppo pericolosa

Cinema

Denise Negri

E' stato rimosso il famoso pulmino in Alaska reso famoso dal romazno e dal film "Into the wild" di Sean Penn. Divenuto meta di "pellegrinaggio" per molti turisti estremi in cerca di libertà ed emulazione, alcuni avevano perso la vita per raggiungerlo

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Il bus 142 è stato rimosso. Forse più noto con il nome di "Magic bus", a portarlo via è stato un elicottero. Siamo in Alaska, in uno dei posti più impervi di questo territorio cinque volte più grande dell'Italia e con la popolazione di Genova. Siamo ai piedi del Monte McKinley ed il centro abitato più vicino è a 500 km. Un vecchio rottame, per la gente del posto, un luogo divenuto meta di pellegrinaggio per tutti coloro in cerca di un'avventura ai limiti della vita. Morì lì dentro nel 1992 per denutrizione, dopo averci vissuto 114 giorni, Chris McCandless la cui vita in cerca di libertà ispirò prima un romanzo e poi l'omonimo film “Into the wild”, scritto e diretto da Sean Penn.

 

IL ROMANZO E IL FILM DI SEAN PENN

 

Prima ci fu un articolo, intitolato “Morte di un innocente” scritto da John Krakauer per la rivista “Outside” nel 1996, poi lo stesso autore ne scrisse appunto un libro, diventato infine un film candidato all’oscar per l’interpretazione del protagonista, Emilie Hirsch. Fu suo il compito di ridare vita a Chris (noto anche con lo pseudonimo di “Supertramp”) quel ragazzo cresciuto nei sobborghi di Washington ma mosso dall’irrefrenabile voglia di abbandonare tutto, in cerca di libertà. Fu un viaggio durato due anni il suo, attraverso tutti gli Stati Uniti e terminato in Alaska, all’interno di quel bus abbandonato. Tenne anche un diario in cui raccontò il suo credo, la sua fede e fiducia estrema verso la natura selvaggia e la possibilità di viverci completamente immerso.

MAGIC BUS, META DI "PELLEGRINAGGIO" ESTREMO

Naturale che da allora, per molti, quel veicolo abbandonato e con i finestrini sventrati, abituato a stare anche a 40 gradi sotto lo zero, sia divenuto un richiamo irresistibile: meta di trekking estremo, lo si raggiunge guadando due piccoli corsi d'acqua, che però diventano mostri di fango appena piove. E' lì dentro, in quelle acque, che pochi anni fa morì una turista svizzera, è in quelle zone che cinque turisti italiani sono stati soccorsi recentemente. E così nel corso degli anni per le Guardie Forestali era diventata, quasi, un’abitudine soccorrere turisti in difficoltà, in una zona in cui, ovviamente, non c'è nemmeno campo per il cellulare, con un microclima assolutamente imprevedibile. Una situazione diventata troppo rischiosa per tutti: dopo anni di richieste e forti lamentele, le autorità hanno ora deciso di spostarlo, senza, al momento, rendere nota la nuova destinazione. Del resto lo dicono anche le brochure del posto che “L’Alaska non perdona”, in un territorio dove imprudenze ed errori possono risultare fatali.