Un affare di famiglia, un capolavoro da Palma D'oro

Cinema sky cinema

Fausto Galosi

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Il maestro giapponese  Kore-eda Hirokazu  firma un intenso  ritratto familiare in prima tv sabato 16 su Sky Cinema Due., premiato a Cannes come miglior film

Che cos’è una famiglia? Sono sufficienti i legami di sangue per definirla? O contano di più quelli affettivi? Si può ipotizzare un’idea di famiglia diversa, dove è possibile fare delle scelte, per affinità o per altri motivi? L’idea stessa di “famiglia allargata” ha senso nel mondo in cui viviamo o è un’ipotesi difficilmente praticabile?

Sono questi alcuni degli interrogativi messi in gioco da “Un affare di famiglia”, Palma d’Oro al Festival di Cannes nel 2018, un film di Kore-eda Hirozaku, che può legittimamente essere considerato un esperto in problematiche e dinamiche familiari, affrontate nelle sue pellicole degli ultimi 10 anni, da Like Father Like Son a Little Sisters, da Still Walking a Ritratto di famiglia con tempesta.

Questa volta lo spunto è costituito da un episodio di cronaca nera legato alle frodi sulle pensioni, che gli ha fatto decidere di raccontare “una famiglia legata dal crimine”. La storia di un gruppo di persone che vive  costipato in un modesto appartamento, probabilmente occupato abusivamente, e sopravvive ai margini della società, impegnandosi in piccoli furti e lavori precari.

 

C’è una nonna che percepisce la pensione del marito defunto, una coppia formata da un operaio edile saltuario e una dipendente di una lavanderia in odore di esubero. C’è una giovane donna che si esibisce in un peep shop e un ragazzino che ha appreso presto l’arte di arrangiarsi, nella convinzione che “la scuola è per chi non può imparare le cose stando a casa” e che “la merce che si trova in un negozio non appartiene ancora a nessuno” e dunque può essere rubata, almeno fichè il negozio non fallisce, come sostiene il suo mentore.

 

Sembrerebbero una “famiglia felice”, anche se sono dei “reietti” che vivono in un mondo a parte, al di fuori della geografia della normalità, chiusi rispetto alla società civile, ma aperti l’uno all’altro. Il loro senso dell’accoglienza, dopo un’iniziale riluttanza, li spinge ad “adottare” anche una bambina in fuga da un passato di presumibili violenze. Una new entry che viene in un certo senso a completare felicemente questa singolare formazione famigliare. Fino a quando un imprevisto rivela improvvisamente dei segreti inquietanti, che metteranno a dura prova il legame che li unisce.

E allora lo stesso film cambia pelle, si passa dalla commedia al dramma, ma sempre con una certa sobrietà di messa in scena (il cinema classico di Ozu è il riferimento privilegiato per Kore’eda Hirozaku) lasciando allo spettatore una sostanziale libertà di giudizio. Nella consapevolezza che la legge e la morale non sempre assumono percorsi prevedibili e le relazioni umane, comprese quelle parentali, sono più complesse, dinamiche e contraddittorie rispetto a quanto possiamo immaginare.

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