I fantasmi di Ismael e La conseguenza: i film scelti dal Cinemaniaco Gianni Canova

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Gianni Canova

Gianni Canova

Oggi, il vostro Cinemaniaco vi propone due grandi storie d’amore impossibili. La prima ambientata nella Francia dei giorni nostri, la seconda ad Amburgo nel 1945, subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Si tratta de I fantasmi di Ismael (martedì 19 maggio su Sky Cinema Due alle 21.15) e La conseguenza (mercoledì 20 maggio alle 21.15 su Sky Cinema Due

I fantasmi di Ismael (2017)

Regia di Arnaud Desplechin

Attori: Mathieu Amalric, Marion Cotillard, Charlotte Gainsbourg, Louis Garrel, Alba Rohrwacher

In onda su Sky Cinema Due, martedì 19 maggio alle 21,15

Sua moglie è scomparsa. Da più di vent’anni. Qualcuno dice che è morta, qualcun altro che è volutamente sparita. Lui, il marito, si ritiene vedovo e si è rifatto una vita. Fa il regista, sta cercando di scrivere il suo nuovo film e vive con la sua nuova compagna, quando un giorno all’improvviso la moglie riappare. È stata in India. Dice che se n’è andata perché non respirava più. Dice che si era persa e che ora si è ritrovata. Si chiama Carlotta, la moglie.

Come la Carlotta Valdes di Hitchcock in La donna che visse due volte.

Anche la moglie di questo film è una donna che visse due volte. Forse addirittura tre.

Il marito si chiama Ismael, come il superstite-narratore del Moby dick di Melville.

Anche lui ha a che fare con la sua balena bianca. È nella sua mente, sono i suoi fantasmi mentali.
 

È il film che sta cercando di catturare e di realizzare, ma che non riesce a finire.

Partito come una spy story, I fantasmi di Ismael diventa una ghost story, un film di spettri, poi si fa romance, poi un mélo, una storia di tanti amori impossibili. Fra il regista e la sua nuova compagna, interpretata da Charlotte Gainsbourg. Fra Ismael e la moglie che torna, interpretata da Marion Cotillard. Fra Dedalus, il protagonista del film che Ismael sta scrivendo, e la giovane donna interpretata da Alba Rohrwacher. Fra il padre di Carlotta e la figlia. Fra Ismael e sé stesso. Fra il regista e il cinema.

Fantasmi. Ectoplasmi. Secrezioni della mente. Figure del desiderio. Slabbrature dell’identità.
 

Ancora una volta Arnaud Desplechin fa un film sul fare un film. Sull’ossessione del cinema. Ma anche e soprattutto su come il cinema e le storie che racconta si intrecciano con la vita, Perché la vita è cinema. E perché il cinema vampirizza la vita. Nervoso, ondivago, fluttuante, ha soluzioni stilistiche di grande interesse. Guardate anche solo la scena in cui Ismael tesse tanti fili di lana fra due dipinti, un italiano del Beato Angelico e l’altro fiammingo, di Van Eyck. Non esiste mai una sola prospettiva, dice Ismael. C’è quella geometrica italiana, ma anche quella inclusiva, curvilinea dei fiamminghi. Desplechin sposa e adotta quest’ultima. Fate attenzione allo specchio che rifrange l’immagine Nel dipinto fiammingo, e al gioco di doppi specchi che spesso Desplechin mette nell’inquadratura. Ma guardate anche come spesso dissolve l’immagine di un personaggio mettendolo in sovrimpressione con sé stesso, come scorporeizzandolo, o fantasmatizzandolo.
 

È davvero un film labirintico, questo. Un film errante. Un film in cui il vero fantasma resta comunque il desiderio femminile. Perché non lo si può rinchiudere né nelle parole né nelle immagini. Perché è sempre enigmatico, sempre sfuggente, sempre altrove, in un film che è un gioco di doppi, di riflessi, di miraggi, alla ricerca di un’identità che non si trova mai, e di una storia che volutamente non chiude, non finisce, e di un amore che non muore. I fantasmi, si sa, sono immortali.

La conseguenza (2019)

Regia di di James Kent
Attori: Alexander Skarsgård, Keira Knightley, Jason Clarke, Flora Thiemann, Jannik Schümann
In onda su Sky Cinema Due, mercoledì 20 maggio alle 21,15

Amburgo, 1945. Sono passati 5 mesi dalla caduta del Terzo Reich e la città è ancora un cumulo di macerie. Vista all’alto, sembra uno scheletro urbano nero, cupo, disperato. In un fine settimana, Amburgo è stata bombardata più di Londra in tutta la guerra. I superstiti scavano fra le rovine dei palazzi alla ricerca dei corpi dei loro cari.E qua e là, sotto la neve che cade, fra sassi e macerie, affiorano i cadaveri. È questo lo scenario, molto simile a quello di Germania anno zero di Rossellini, in cui si svolge il film che vi propongo oggi: un solido mélo post-bellico che racconta, incrociandole, più storie d’amore impossibili. La prima e più importante è quella fra un alto ufficiale dell’esercito britannico di stanza ad Amburgo

e la sua elegantissima moglie interpretata da Keira Knightley, che lo raggiunge in Germania portandosi dietro il lutto non elaborato della perdita di un figlio 11enne caduto

durante i bombardamenti tedeschi su Londra. I due si stabiliscono in una bellissima villa appena fuori città requisita a un architetto tedesco a cui l’ufficiale inglese concede, per umana pietas, di continuare a vivere lì, seppure relegato in soffitta.

Dicevo che sono tanti gli amori impossibili narrati in questo film. Oltre a quello di cui vi ho già detto, c’è l’amore impossibile fra una moglie e il suo amante, fra un padre e una figlia, fra una ragazza e un suo coetaneo fanatico hitleriano, fra due popoli che si sono combattuti e che pur volendolo non riescono a trovare un modo civile per convivere e rispettarsi. Ha il pregio, questo film, di ricordarci che alla fine di una guerra, in fondo, sono tutti sconfitti. Anche i vincitori.

Ha il pregio di spezzare lo stereotipo secondo cui i tedeschi sono tutti colpevoli e tutti criminali.

Ha il pregio di farci vedere le cose anche dal punto di vista del nemico. Per di più, con i colori caldi della villa contrapposti al grigio-fumo delle scene in esterni, riesce a trovare momenti di grande intensità emotiva: come nella scena in cui l’architetto tedesco mette sul grammofono un disco e inonda tutta villa con la voce sensualissima di Maria Callas.

C’è una battuta nel film che credo si adatti alla perfezione a tutte le catastrofi, quelle della storia come quelle della natura. “Non era quello che mi aspettavo”, dice lei al marito poco dopo il suo arrivo ad Amburgo E lui: “Tutto questo era inaspettato. Eppure è così”.

È una considerazione, credo, che non vale solo per la Germania dell’immediato dopoguerra.

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