La straordinaria vita del pugile Vinny Pazienza in Bleed-Più forte del destino

Cinema

Venerdì 16 marzo: BLEED – PIÚ FORTE DEL DESTINO (h. 21.15) su Sky Cinema Uno

Di B. Younger con M. Teller, A. Eckhart

Miles Teller, in un altro ruolo dopo Whiplash, infila i guantoni da boxe nel biopic sul campione Vinny Pazienza affiancato da Aaron Eckhart. Invitato a lasciare il mondo della boxe, il pugile torna campione del mondo grazie all’aiuto del tenace coach che aveva precedentemente aiutato Tyson. Il fato però ha in serbo per lui una prova più difficile. Un incidente infatti spezza la sua carriera, ma ancora una volta sarà capace di riscattarsi.

Pennellate intense per uno dei soggetti più classici del cinema: caduta e riscatto nel mondo della boxe. I miti del pugilato sono sempre stati garanzia di successo per il mercato hollywoodiano. Nei momenti più critici, il vuoto di nuove idee è stato spesso colmato da storie di campioni del ring. La storia è incentrata sull’italoamericano - guarda caso - Vinny Pazienza che, dopo aver perso il titolo dei superleggeri, viene invitato ad abbandonare la carriera. Ma Vinny non molla, il pugilato è la sua ragione di vita e vuole continuare a provarci. Ha la fortuna di trovare l’appoggio del coach Kevin Rooney, irlandese di nascita ed ex allenatore di Mike Tyson. Nuovi metodi di allenamento, potenziamento muscolare e grinta da vendere.

Così Kevin fa il salto in una categoria di peso superiore, i superwelter e, al di là di tutte le aspettative, si aggiudica il titolo di campione del mondo. Ecco però che nel momento di massima gloria, un oscuro destino interrompe non solo la scalata al successo. Un terribile incidente stradale provoca alla spina dorsale di Vinny una lesione gravissima. Il rischio non è solo la paralisi. La vita stessa del campione è in pericolo. Urgente ricorrere alla fusione spinale che, bloccando alcune vertebre in modo permanente, potrebbe risultare una terapia efficace ma determirebbe anche la fine della carriera sportiva, impedendo movimenti di flessione e di torsione.

Il dilemma è atroce. Accettare l'intervento o puntare su rimedi più rischiosi? Inutile chiederlo a Vinny. Niente fusione spinale e via libera invece a un tutore di metallo collegato alle ossa del cranio con grosse viti che sembrano conficcate nella carne. Il percorso è arduo, l'impatto visivo orrorifico ma Vinny naturalmente ce la farà, secondo i più classici copioni del genere. Unica divagazione stilistica quella del regista che, con libertà espressiva che rischia di sconfinare nel paradossale,  pretende di stabilire un parallelo tra il martirio di Cristo e quello di Vinny. Il pugile porta infatti  una sorta di corona di spine e la scena dell’estrazioni delle viti senza anestesia vuole proprio essere simbolo di una sofferenza disumana prima della meritata redenzione.

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