Giffoni 2016 accoglie Gabriele Mainetti che col suo Lo chiamavano Jeeg Robot ha portato a casa sette David di Donatello. Racconta i suoi esordi, il suo corto Tiger Boy (presentato proprio al Giffoni Film Festival) e fornisce consigli a una aspirante attrice...speciale. Sarà poi protagonista della puntata di Sky Cine News da Giffoni in programma giovedì 21 luglio alle ore 21 su Sky Cinema 1
di Sara Albani
Si parla di sogni nel cassetto al Festival di Giffoni. Quei sogni che però non rimangono chiusi lì, con la paura di uscire dal guscio, ma quelli che dopo tanto tempo, tanta fatica e tanto scoraggiamento lungo il percorso tortuoso della loro realizzazione...finalmente si realizzano.
Sono quelli raccontati in New York Academy, presentato qui in anteprima nazionale, in attesa dell'uscita nelle sale il 18 agosto: ennesimo pirotecnico teen-movie ambientato tra i grattaceli di New York, che celebra la danza e la musica atttaverso le aspirazioni e i sogni di giovani artisti.
E poi sono quelli di Gabriele Mainetti, regista rivelazione a cui piace parlare di curiosità e di fiducia, oltre che di coraggio, quando identifica gli elementi secondo lui necessari per realizzare il proprio sogno. Con il suo primo lungometraggio Lo chiamavano Jeeg Robot, campione d'incassi e di recensioni entusiaste, vincitore di sette David di Donatello e di due Nastri d'Argento e riflessione fatta di azione e ironia su quanto il superpotere – o il potere stesso – abbia la necessità di cominciare a diventare una responsabilità e non si fermi sulla soglia del privilegio, Mainetti ce l'ha fatta.
E in qualche modo ha cominciato da qui, da Giffoni, dove nel 2012 presentò il suo corto Tiger boy nella sezione Generator +13: la storia di un bambino di nove anni che costruisce una maschera identica a quella del suo mito, un wrestler della periferia romana chiamato Il Tigre, ma una volta indossata non è più disposto a togliersela. Un semplice capriccio a prima vista, ma in realtà una chiara richiesta d’aiuto che nessuno riesce a cogliere: “Mi ricordo che fu accolto anche abbastanza bene – ci racconta Gabriele Mainetti – All'epoca stavo lavorando su Jeeg Robot e mi dicevo: chissà se ce la farò a fare questo film...e ce l'ho fatta! Tra quel corto e Jeeg c'è chiaramente un legame: la voglia di nobilitare il nostro passato pop. Io quando ero ragazzo guardavo questi cartoni animati, per cui ho voluto utilizzare questo immaginario come strumento per raccontare un' altra storia. E' stato un atto di onestà: il non sentirsi troppo grandi, ma vicini a tutto ciò che mi ha emozionato. Anche le storie più semplici, anche i cartoni animati più elementari sono fonte creativa per chi vuol fare questo mestiere. Vanno preservati e coccolati".
Nessun sequel previsto, almeno per il momento, ma l'impegno in un progetto molto interessante di cinema collettivo ideato da Edison, di cui Gabriele è testimonial e curatore insieme al documentarista Andrea Segre: si intitola Edison For Nature e sarà aperto a chiunque abbia un'idea e una storia da raccontare nell'ambito di questi temi: comportamenti sostenibili, energia del futuro e i mestieri dell'energia.
Per la domanda finale lasciamo la parola a una delle giovanissime inviate per Sky Cine News dal Festival di Giffoni, Chiara Emanuele, aspirante attrice 19enne che non vedeva l'ora di incontrarlo: "Gabriele, qual è l'errore che un attore non deve mai fare se vuole lavorare con te?"..."Non deve discostarsi troppo da se stesso. Deve cercare di regalarmi quello ha più nel profondo. Poi lo vestiremo con un personaggio, ma la parte davvero più importante è ciò che tu sei. Altrimenti sei vuoto, me la illustri soltanto una scena, non la stai vivendo”.