Nella terra dei merli: un viaggio nel Kosovo ancora diviso

Cinema
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Il racconto toccante dell’impegno dell’Esercito Italiano in Kosovo, tra conflitti etnici e la ricerca di un domani possibile. In collaborazione con Sky Cinema, con la regia di Andrea Bettinetti e realizzato con il supporto dello Stato Maggiore della Difesa e dello Stato Maggiore dell’Esercito. In onda mercoledì 20 aprile alle 21.00 su Sky Cinema Cult e su Sky TG24 (canale 50 del DTT) 

 

Si guardano da lontano e restano fermi nei loro quartieri. A quindici anni dalla guerra in Kosovo, la popolazione di etnia serba e quella albanese continuano a vivere in un regime di tregua perenne. Ed è proprio tra le pieghe di questa fragile sospensione che prende spunto il docufilm Nella terra dei merli - Kosovo tra passato e futuro, un ritratto toccante di questo lembo d'Europa (Kosovo deve il suo nome alla Kosovo Polje, la Piana del Merli, luogo di molti dei fatti storici che hanno segnato queste terre) che parte dal passato per arrivare fino ai nostri giorni: la storia di uno Stato che, tra molte avversità, prova a guardare a un domani ricco di incognite e problematiche complesse.
 

Prodotto da Good Day Films di Michele Bongiorno, in collaborazione con Sky Cinema e diretto da Andrea Bettinetti, Nella terra dei merli - Kosovo tra passato e futuro è stato realizzato con il supporto dello Stato Maggiore della Difesa - Ufficio Pubblica Informazione e dello Stato Maggiore dell’Esercito - Ufficio Pubblica Informazione e Comunicazione. Il docufilm racconta l’impegno in Kosovo della missione italiana della KFOR, la forza militare Nato - di cui fa parte anche l’Esercito Italiano - responsabile del mantenimento della sicurezza e del ristabilimento della pace dopo la cessazione delle ostilità nel 1999.Il film è strutturato come un viaggio attraverso il Kosovo di oggi in compagnia di tre unità LMT (liaison monitoring team) dell’Esercito Italiano, che si occupano di monitorare le necessità, le richieste ma anche le proteste e l’eventuale scontento  della popolazione, in tutto il territorio del Kosovo. E’ un viaggio che partendo dal Villaggio Italia, sede del Multi National Battle Group -West della KFOR - la forza militare Nato responsabile della sicurezza e del ristabilimento della pace dopo la cessazione delle feroci ostilità tra la Serbia e l’etnia albanese del Kosovo nel 1999 - attraversa da nord a sud il paese per raccontare la situazione complessa di questo piccolo paese.

 

Dall’enclave di Gorazdevac, dove risiede una delle ultime comunità serbe rimaste in Kosovo, alla città divisa di Mitrovica, dove le differenze etniche sono ancora vissute con astio e sospetto, dal monastero Ortodosso di Zociste, ricostruito interamente grazie alla KFOR dopo la sua distruzione, a quello di Decani ancora sottoposto a difesa armata.
 

Il tutto commentato da una serie di incontri speciali, che ci illustrano il cammino compiuto, lo stato attuale e quale il futuro possibile di questo lembo di terra, autoproclamatosi Repubblica indipendente nel 2008, ma che ad oggi non è ancora  riconosciuta da ben 82 paesi.
 

Era il 17 febbraio 2008 quando il Parlamento del Kosovo, riunito in seduta straordinaria, dichiarò unilateralmente la propria indipendenza dalla Serbia. Quel 17 febbraio, il primo Stato a riconoscere l'indipendenza di Pristina fu la Costa Rica, seguito il giorno dopo dai più importanti Paesi del mondo, come Germania, Italia, Francia, Regno Unito e Stati Uniti. Il leader serbo di allora Milosevic, che considerava il Kosovo un territorio sacro per i Serbi, tolse alla regione la propria autonomia: quando, nel 1990, il Kosovo si autoproclamò repubblica indipendente, Belgrado sciolse d'autorità il locale Parlamento.

 

A quel punto gli Albanesi del Kosovo elessero un nuovo Parlamento e, subito dopo, ebbero inizio le prime sanguinose azioni terroristiche dell'esercito di liberazione del Kosovo (Uck), che provocarono una durissima repressione da parte delle forze serbe e l'inizio di una sanguinosa guerra civile. Nel febbraio 1998 i bombardamenti serbi richiamarono l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale, mentre migliaia di persone, per sfuggire alla pulizia etnica si rifugiarono in Albania, Grecia, Macedonia. Soltanto i bombardamenti sulla Serbia da parte della Nato e lil conseguente 'intervento dei cashi blu sotto l'egida dell'Onu mitigarono una delle guerre civili europee più sanguinose dopo la fine della seconda guerra mondiale.
 

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