Le pazzie degli attori a caccia dell'interpretazione perfetta

Cinema
Margot Robbie (Harley Quinn) e Jared Leto (Joker) in una scena di Suicide Squad © 2015 Warner Bros. Entertainment Inc., Ratpac-Dune Entertainment LLC and Ratpac Entertainment, LLC
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Disposti a tutto pur di entrare nella parte del personaggio che vanno ad interpretare, ecco le peggiori stramberie compiute dalle star del grande schermo. Da Nicholas Cage e quella volta che ha girato per settimane con il volto bendato a Shia LaBeouf che per la sua parte in Fury si è davvero tagliato il volto con un coltello. Passando per digiuni forzati, attività di stalking e molto altro. GUARDA I VIDEO

 

di Floriana Ferrando

C’è chi ha vissuto chiuso in una stanza per un mese intero. Chi si è ferito il volto con un coltello da cucina. E pure chi ha rischiato una denuncia per stalking seguendo una ragazza incontrata sulla metropolitana. La vita di un attore può diventare dura quando il ruolo che deve interpretare sul set è quello di un personaggio fuori dagli schemi, così i professionisti del grande schermo si trovano spesso a compiere le più improbabili stramberie per assicurare al pubblico un’interpretazione perfetta.




Fra digiuni e isolamento - Come fare, ad esempio, a vestire i panni di un veterano del Vietnam dal volto sfigurato? Nicolas Cage durante le riprese di Birdy - Le ali della libertà, film del 1984, ha indossato per cinque settimane consecutive le bende facciali del protagonista. Dentro e fuori dal set, ovviamente. Ancora più dura la prova sostenuta dall’attore Adrien Brody per rispettare le esigenze di copione de Il Pianista: nel film del 2002 diretto da Roman Polański (vincitore della Palma d'oro al Festival di Cannes) per ottenere l’aspetto emaciato di un sopravvissuto all’Olocausto l’attore è dimagrito diverse decine di chili. L’iniziativa è stata di Brody, d’altronde è stato lo stesso attore a dire che la disperazione autentica che deriva dal soffrire la fame non può essere finta e ha dichiarato di avere temuto di perdere la ragione mentre si sottoponeva al digiuno forzato. Il risultato? Un premio Oscar e quasi due anni per ritrovare la forma fisica.

Se si cerca l’attenzione della giuria degli Academy Awards, dietro alla recitazione ci deve essere un approfondito lavoro di ricerca. Lo sa bene Heath Ledger che per trovare la giusta chiave di lettura del Joker, l’antagonista di Batman a cui dà il volo nel Cavaliere Oscuro del 2008, si è chiuso in una stanza d’albergo a Londra per un mese intero, sperimentando voci, intonazioni, manierismi e tenendo un diario con tutte le sue annotazioni. Lo sforzo gli è valso un Oscar al Miglior attore non protagonista nel 2009.



Stalking, burle e ferite - La ricerca dell’autenticità dell’interpretazione a volte mette a rischio la salute degli attori. Shia LaBeouf per ottenere l’aspetto del cannoniere Boyd Swan detto Bibbia sul set di Fury, film del 2014 diretto da David Ayer, ha trascorso in sala trucco meno tempo di quanto si possa pensare: il taglio sul volto se lo è provocato con un coltello vero e l’aria trasandata è la conseguenza di settimane e settimane trascorse senza fare una doccia. Di tutt’altra natura l’approccio sperimentato da Jared Leto prima di apparire nei panni di Joker nel recente Suicide Squad, atteso nelle sale la prossima estate: per mesi ha giocosamente perseguitato i colleghi con scherzi al limite del grottesco, come quella scatola di proiettili recapitata a Will Smith, il topo vivo fatto consegnare a Margot Robbie e un video che riprende Leto al fianco di una carcassa di maiale indirizzato all’intero cast del film.



C’è anche chi ha rischiato di macchiare la propria fedina penale, pedinando per alcuni isolati un’ignara ragazza incontrata sul treno. D’altronde Jamie Dornan (il Christian Grey di 50 sfumature di grigio) doveva pur trovare un modo per entrare nella testa del maniaco omicida che interpreta in The fall

Daniel Day-Lewis – Il vero maestro di Hollywood in fatto di empatia è l’attore britannico, basti pensare che nel 1989 per apparire nel film Il mio piede sinistro si è fatto davvero fratturare due costole (come ottenere, altrimenti, la postura gobba del suo personaggio?), mentre per dare il meglio di sé ne L'ultimo dei Mohicani del 1992 ha trascorso sei mesi nel deserto completamente da solo. Iniziative discutibili che, però, pagano, a giudicare dai tre premi Oscar (a fronte di cinque nomination) che Daniel Day-Lewis ha vinto nel corso della carriera.



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