Still Alice, la lotta contro l’Alzheimer di Julianne Moore
CinemaJulianne Moore (oscar come miglior attrice protagonista) condivide il suo particolare viaggio nei meandri dell’ Alzheimer con una generosità senza limiti e ci fa sentire cosa si prova a perdere il vento sotto le nostre ali. Appuntamento, in prima tv, su Sky Cinema 1 venerdì 22 gennaio alle 21.10
Tutto inizia con qualche parola che sfugge durante un discorso. Poi quando il dr Alice Howland, prominente linguista della Columbia University, si perde mentre fa jogging durante un percorso abituale in un parco vicino casa sua allora comincia a capire che forse qualcosa non va e decide di rivolgersi ad un medico. La diagnosi è come un fulmine a ciel sereno. Alice ha una rara forma precoce di Alzheimer, non ha neanche 50 anni. Still Alice, in onda, in prima tv, su Sky Cinema 1, venerdì' 22 gennaio alle 21.10, è un film che ha come argomento principale, l'Alzheimer, la malattia che distrugge i neuroni e che sta avendo un'incidenza sempre maggiore nella popolazione mondiale.
Il film è stato diretto da Richard Glatzer (scomparso meno di tre settimane dopo l'Oscar conquistato da Julianne Moore) e sua moglie Wash Westmoreland con una straordinaria Julienne Moore nel ruolo principale, vincitrice per sua parte di un Golden Globe e di un Oscar come miglior attrice protagonista, è tratto dal libro omonimo scritto da Lisa Genova nel 2007. Tra gli altri protagonisti Alec Baldwin nei panni del marito John, Kristen Stewart, Kate Bosworth e Hunter Parrish rispettivamente nei ruoli dei figli Lydia, Anna e Tom.
Il film (e il libro) parlano in modo perentorio degli effetti devastanti che l'Alzheimer ha sulle sue vittime e le loro famiglie. Il fatto che Alice, una donna intelligente e in carriera, ne venga colpita sta ad indicare che il male non risparmia nessuno. Anzi non abbandonerà neanche i suoi figli perché la forma di cui soffre è genetica quindi si può trasmettere di generazione in generazione. Basta il titolo a raccontare tutto ciò che l'Alzheimer comporta.
Still Alice, (sono sempre Alice) centra il nocciolo della questione e esprime tutto l'inferno che può provare chi scopre di avere la malattia. "Io non soffro - dice Alice durante una scena del film - io sto lottando, lotto per essere parte delle cose, per rimanere connessa con ciò che ero una volta. Continuo a ripetermi: vivere nel momento è tutto ciò che posso fare". Ed ancora ad una delle figlie quando cerca di spiegare cosa si prova: "Vedo le parole davanti a me ma non riesco ad afferrarle, non so chi sono e non so cosa ancora perderò dopo". E la Moore si cala nel personaggio in modo straordinario, interpretando un mondo che si disgrega, il panico, la confusione e anche la rabbia che prova Alice, una volta una donna con una vita perfetta mandata ora in frantumi da un male che le sta mangiando il cervello, per ironia della sorte ciò che ha sfruttato di più nella vita per la sua professione.
Glatzer e Westmoreland hanno voluto raccontare una storia di amore e rispetto, all’interno di una dimensione familiare scossa da un evento drammatico e difficile da affrontare uniti. “Tutto quello che posso fare è vivere il momento” recita una battuta della protagonista del film, confermando la sua determinazione a reagire e non perdersi in un mare di silenzi e delusioni.
Vale la pena anche citare letteralmente il monologo finale di Still Alice: Volo notturno per San Francisco: inseguire la luna attraverso l’America. Dio, quanti anni che non salivo su un aereo. Arrivati a 11.000 metri abbiamo raggiunto la tropopausa, la grande fascia di aria calma. Con l’ozono che è lì, soltanto a un passo. Sognavo di arrivarci. L’aereo ha superato la tropopausa, l’aria tranquilla, ed è giunto al bordo esterno, all’ozono sfilacciato e lacerato in brandelli consunti simili a vecchie tele di sacco. E questo era impressionante. Ma ho visto qualcosa che potevo scorgere solo io per la mia capacità di scorgere certe cose. Anime stavano salendo, dalla terra, laggiù in basso. Anime di defunti, di persone morte per la fame, per la guerra, Ie epidemie. Salivano fluttuando come paracadutisti al contrario. Con le mani sui fianchi, ruotavano e giravano. E le anime univano le mani, si agganciavano alle caviglie formando una trama, una grande rete di anime. E le anime erano molecole di tre atomi d’ossigeno, erano di ozono. II bordo esterno le assorbiva ed era riparato. Perché niente è perso per sempre. In questo mondo c’è una sorta di progredire doloroso. Desideriamo ciò che abbiamo lasciato indietro e sogniamo ciò che è avanti, o almeno credo che sia così.