Olive Kitteridge: la parola a Fazi, editore del romanzo
CinemaAspettando l’attesissima serie con protagonista Frances McDormand, su Sky Cinema 1 il 23 e il 30 gennaio, abbiamo chiesto a chi ha curato l’edizione italiana del capolavoro di Elizabeth Strout di parlarci di Olive: ecco cosa ci ha raccontato Elido Fazi
Frances McDormand, Lisa Cholodenko e
HBO sono già tre validissimi motivi per non perdere la serie-evento in arrivo su Sky Cinema 1,
Olive Kitteridge.
Ma se queste tre paroline magiche non dovessero bastare, un quarto nome non lascerà più spazio ad alcun dubbio.
Si tratta di Elizabeth Strout, l’acclamatissima scrittrice statunitense osannata in tutto il mondo, Italia compresa, per la sua prosa avvincente che dalla prima all’ultima pagina di un libro riesce a rapire inesorabilmente il lettore.
Proprio la sua penna è quella che ha firmato il capolavoro letterario di cui la regista Lisa Cholodenko e la sceneggiatrice Jane Anderson hanno curato l’adattamento al piccolo schermo ( Olive Kitteridge, in esclusiva in Italia su Sky Cinema 1 venerdì 23 e venerdì 30 gennaio alle 21.10).
Uscito negli States nel 2008, il romanzo Olive Kitteridge ha incantato sia la critica sia il pubblico ed è stato insignito nel 2009 del più importante riconoscimento per la narrativa, il Premio Pulitzer.
Nello stesso anno è stato accolto a braccia aperte dalla casa editrice italiana alla quale la Strout era già legata fin dal 2000, quando venne pubblicata nel Belpaese la sua primissima fatica letteraria dal titolo Amy e Isabelle.
Stiamo parlando di Fazi Editore, uno dei marchi dell’editoria nostrana più interessati alla narrativa contemporanea a stelle e strisce di un certo livello.
È naturale che un editore con una simile inclinazione abbia ceduto al fascino dell’ars scribendi di Elizabeth Strout, credendo fin dagli albori della sua carriera nella sua penna a dir poco eccelsa.
E l’intuito della Fazi è stato ripagato da un altro considerevole riconoscimento nazionale: il Premio Bancarella, assegnato proprio all’edizione italiana di Olive Kitteridge nel 2010.
Abbiamo incontrato Elido Fazi in persona, fondatore e proprietario della casa editrice romana, per chiedergli di raccontarci tutto su quella donna che ha già conquistato milioni di lettori e che si accinge a fare lo stesso con gli spettatori di Sky Cinema 1: Olive.
Qual è stata la prima reazione che ha avuto leggendo il romanzo Olive Kitteridge?
Quando ci arrivò in casa editrice Olive Kitteridge, avevamo già pubblicato il primo romanzo di Elizabeth Strout, Amy e Isabelle. Ce l’aveva mandato l’agente Roberto Santachiara e casualmente l’avevo letto io prima di altri. Rimasi molto colpito dal libro non solo per la storia straordinaria del rapporto tra madre e figlia, ma per la precisione fotografica, iperrealistica, con cui Elizabeth descriveva l’atmosfera del mondo impiegatizio di una grande impresa negli anni Settanta e Ottanta. Il mio primo lavoro, dopo gli studi, era stato un impiego presso la Ford of Europe a Londra e quell’atmosfera me la ricordavo benissimo. Il secondo romanzo della Strout, Resta con me, non l’avevo letto. Al direttore editoriale del tempo non era piaciuto e lo scartò. Quando ci arrivò Olive Kitteridge, poiché nel frattempo il vecchio direttore editoriale non c’era più, lo feci leggere a due persone interne, dapprima alla nostra caporedattrice Laura Senserini e poi a una ragazza che al tempo stava facendo uno stage da noi. Le schede furono positive e allora lo lessi anch’io. La prima reazione fu una forte emozione, soprattutto quando giunsi alla fine del romanzo, anche se allora non riuscii a capire perché mi avesse emozionato tanto.
Cosa l’ha colpita di più?
Che uno si potesse appassionare tanto ai rimpianti, ai desideri, ai piccoli piaceri di persone ormai anziane, residenti in un angolo sperduto del Maine, e che vivono in una solitudine spaventosa.
Secondo lei qual è la caratteristica che rende più interessante il personaggio di Olive?
Olive è un personaggio scontroso, depresso, con un pessimo carattere, una donna apparentemente anaffettiva, eppure non si può non avere simpatia per lei e allo stesso tempo per il marito e il figlio.
Adattare quel tipo di storia e tradurre il linguaggio di Olive dall’americano all’italiano è stato semplice oppure difficile?
La traduttrice Silvia Castoldi è riuscita a fare una splendida traduzione. Noi in redazione non abbiamo avuto nessun problema.
Cosa si aspetta dall’adattamento televisivo prodotto da HBO?
Io e mia moglie Alice abbiamo già visto tutte le puntate. E le abbiamo abbondantemente commentate con Elizabeth e suo marito Jim che hanno passato il Natale a Roma. Secondo noi la serie è straordinariamente bella, cupa e intensa allo stesso tempo.
Si era immaginato una Olive abbastanza simile all’attrice Frances McDormand?
No. Ma ora che ho visto il film ho trovato una stupefacente somiglianza con la scrittrice e soprattutto con la sua inconfondibile voce.
Se mai Olive Kitteridge diventasse una serie o un film prodotto in Italia, quale attrice nostrana vedrebbe nei panni della protagonista?
Margherita Buy, ma potrebbe anche essere Laura Morante.
Da scrittore ed editore quale lei è, ci può rivelare qual è quel quid che un personaggio femminile deve avere per attrarre i lettori? Suppongo che quel quid Olive ce l’abbia, vero?
Deve essere un personaggio, nel bene o nel male, fuori dal comune. Olive lo è per la spigolosità estrema del suo carattere.
Il romanzo della Strout si compone di più racconti mentre la serie in arrivo su Sky Cinema fonde i vari spaccati in un’unica storia: crede che così facendo si rischi di snaturare troppo la struttura originale della narrazione?
No, perché anche se il libro si compone di racconti, le storie sono collegate e si legge benissimo come fosse un romanzo.
Quanto incide sulle vendite di un vostro romanzo la trasposizione televisiva? Nel caso di House of Cards suppongo molto; nel caso di Olive Kitteridge? Anche se la Strout ha già un suo foltissimo e affezionato pubblico italiano, crede che la serie televisiva in uscita in Italia gioverà ulteriormente alle vendite?
Noi speriamo di sì, ma non è facile prevedere l’impatto di una serie televisiva sulle vendite del libro.
In Italia vende di più un libro insignito del premio Pulitzer oppure un’opera che sia frutto di una forte operazione di marketing?
Noi crediamo soprattutto nella qualità dei libri. Spesso il marketing non può far nulla se il libro non è all’altezza dell’investimento pubblicitario. Il Pulitzer senz’altro aiuta, ma ricordo anche premi Pulitzer che hanno venduto poco.
Ma se queste tre paroline magiche non dovessero bastare, un quarto nome non lascerà più spazio ad alcun dubbio.
Si tratta di Elizabeth Strout, l’acclamatissima scrittrice statunitense osannata in tutto il mondo, Italia compresa, per la sua prosa avvincente che dalla prima all’ultima pagina di un libro riesce a rapire inesorabilmente il lettore.
Proprio la sua penna è quella che ha firmato il capolavoro letterario di cui la regista Lisa Cholodenko e la sceneggiatrice Jane Anderson hanno curato l’adattamento al piccolo schermo ( Olive Kitteridge, in esclusiva in Italia su Sky Cinema 1 venerdì 23 e venerdì 30 gennaio alle 21.10).
Uscito negli States nel 2008, il romanzo Olive Kitteridge ha incantato sia la critica sia il pubblico ed è stato insignito nel 2009 del più importante riconoscimento per la narrativa, il Premio Pulitzer.
Nello stesso anno è stato accolto a braccia aperte dalla casa editrice italiana alla quale la Strout era già legata fin dal 2000, quando venne pubblicata nel Belpaese la sua primissima fatica letteraria dal titolo Amy e Isabelle.
Stiamo parlando di Fazi Editore, uno dei marchi dell’editoria nostrana più interessati alla narrativa contemporanea a stelle e strisce di un certo livello.
È naturale che un editore con una simile inclinazione abbia ceduto al fascino dell’ars scribendi di Elizabeth Strout, credendo fin dagli albori della sua carriera nella sua penna a dir poco eccelsa.
E l’intuito della Fazi è stato ripagato da un altro considerevole riconoscimento nazionale: il Premio Bancarella, assegnato proprio all’edizione italiana di Olive Kitteridge nel 2010.
Abbiamo incontrato Elido Fazi in persona, fondatore e proprietario della casa editrice romana, per chiedergli di raccontarci tutto su quella donna che ha già conquistato milioni di lettori e che si accinge a fare lo stesso con gli spettatori di Sky Cinema 1: Olive.
Qual è stata la prima reazione che ha avuto leggendo il romanzo Olive Kitteridge?
Quando ci arrivò in casa editrice Olive Kitteridge, avevamo già pubblicato il primo romanzo di Elizabeth Strout, Amy e Isabelle. Ce l’aveva mandato l’agente Roberto Santachiara e casualmente l’avevo letto io prima di altri. Rimasi molto colpito dal libro non solo per la storia straordinaria del rapporto tra madre e figlia, ma per la precisione fotografica, iperrealistica, con cui Elizabeth descriveva l’atmosfera del mondo impiegatizio di una grande impresa negli anni Settanta e Ottanta. Il mio primo lavoro, dopo gli studi, era stato un impiego presso la Ford of Europe a Londra e quell’atmosfera me la ricordavo benissimo. Il secondo romanzo della Strout, Resta con me, non l’avevo letto. Al direttore editoriale del tempo non era piaciuto e lo scartò. Quando ci arrivò Olive Kitteridge, poiché nel frattempo il vecchio direttore editoriale non c’era più, lo feci leggere a due persone interne, dapprima alla nostra caporedattrice Laura Senserini e poi a una ragazza che al tempo stava facendo uno stage da noi. Le schede furono positive e allora lo lessi anch’io. La prima reazione fu una forte emozione, soprattutto quando giunsi alla fine del romanzo, anche se allora non riuscii a capire perché mi avesse emozionato tanto.
Cosa l’ha colpita di più?
Che uno si potesse appassionare tanto ai rimpianti, ai desideri, ai piccoli piaceri di persone ormai anziane, residenti in un angolo sperduto del Maine, e che vivono in una solitudine spaventosa.
Secondo lei qual è la caratteristica che rende più interessante il personaggio di Olive?
Olive è un personaggio scontroso, depresso, con un pessimo carattere, una donna apparentemente anaffettiva, eppure non si può non avere simpatia per lei e allo stesso tempo per il marito e il figlio.
Adattare quel tipo di storia e tradurre il linguaggio di Olive dall’americano all’italiano è stato semplice oppure difficile?
La traduttrice Silvia Castoldi è riuscita a fare una splendida traduzione. Noi in redazione non abbiamo avuto nessun problema.
Cosa si aspetta dall’adattamento televisivo prodotto da HBO?
Io e mia moglie Alice abbiamo già visto tutte le puntate. E le abbiamo abbondantemente commentate con Elizabeth e suo marito Jim che hanno passato il Natale a Roma. Secondo noi la serie è straordinariamente bella, cupa e intensa allo stesso tempo.
Si era immaginato una Olive abbastanza simile all’attrice Frances McDormand?
No. Ma ora che ho visto il film ho trovato una stupefacente somiglianza con la scrittrice e soprattutto con la sua inconfondibile voce.
Se mai Olive Kitteridge diventasse una serie o un film prodotto in Italia, quale attrice nostrana vedrebbe nei panni della protagonista?
Margherita Buy, ma potrebbe anche essere Laura Morante.
Da scrittore ed editore quale lei è, ci può rivelare qual è quel quid che un personaggio femminile deve avere per attrarre i lettori? Suppongo che quel quid Olive ce l’abbia, vero?
Deve essere un personaggio, nel bene o nel male, fuori dal comune. Olive lo è per la spigolosità estrema del suo carattere.
Il romanzo della Strout si compone di più racconti mentre la serie in arrivo su Sky Cinema fonde i vari spaccati in un’unica storia: crede che così facendo si rischi di snaturare troppo la struttura originale della narrazione?
No, perché anche se il libro si compone di racconti, le storie sono collegate e si legge benissimo come fosse un romanzo.
Quanto incide sulle vendite di un vostro romanzo la trasposizione televisiva? Nel caso di House of Cards suppongo molto; nel caso di Olive Kitteridge? Anche se la Strout ha già un suo foltissimo e affezionato pubblico italiano, crede che la serie televisiva in uscita in Italia gioverà ulteriormente alle vendite?
Noi speriamo di sì, ma non è facile prevedere l’impatto di una serie televisiva sulle vendite del libro.
In Italia vende di più un libro insignito del premio Pulitzer oppure un’opera che sia frutto di una forte operazione di marketing?
Noi crediamo soprattutto nella qualità dei libri. Spesso il marketing non può far nulla se il libro non è all’altezza dell’investimento pubblicitario. Il Pulitzer senz’altro aiuta, ma ricordo anche premi Pulitzer che hanno venduto poco.