Lunedì 9 febbraio arriva su Sky Cinema 1, il capolavoro di Scorsese tratto da una storia vera. Uno stupefacente affresco sul mondo della finanza interpretao da un cast in stato di grazia
di Paolo Nizza
"Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi" recita il Vangelo secondo Matteo. Al pari dell'apostolo evangelista, Martin Scorsese con The Wolf of Wall Street trasporta lo spettatore tra i voraci licantropi in doppio petto del Financial District. Come recita lo spot con cui si apre il film, il mondo degli investimenti può essere una giungla, bazzicata da t ori e orsi. Ma è tra le fauci di Wolfy, alias Jordan Belfort che scopriremo cosa si nasconde davvero dentro la Borsa.
Basato su una storia vera, The Wolf of Wall Street racconta l'ascesa e la caduta di Jordan Belfort (Un allupato Leonardo DiCaprio da Oscar), il broker di New York divenuto ricco quanto Creso grazie alla sua società, la Stratton Oakmon, che truffò milioni di investitori alla fine degli Ottanta.
Con la stessa giocosa strafottenza di un Goodfellas in grisaglia, Jordan ci elenca le sue ricchezze: una Ferrari Testarossa bianca, come quella di Don Johnson in Miami Vice, una villa, un jet privato, 6 macchine, 2 cavalli, 2 case delle vacanze, uno yacht da 50 metri. Anche se la sua vera passione sono le sostanze stupefacenti: "Consumo abbastanza farmaci da sedare Manhattan, long Island e il Queens per un mese. Quaaludes 10, 15 volte al giorno per il mal di schiena; l’Adderal per concentrarmi, Xanax per sciogliersi, l’erba per rilassarsi, la cocaina per risvegliarsi, la morfina perché è un mito".
D’altronde è il suo mentore Mark Hanna (un formidabile Matthew McConaughey) a spiegargli, in una scena di rara bellezza ed efficacia, che per eccellere questo lavoro bisogna darsi a cocaina e prostitute. Sicché il coscienzioso Jordan va a mignotte 5, 6 volte a settimana. Ma niente fa sballare il protagonista quanto i dollari perché, L'Ecclesiaste insegna: “ Il vino fa stare allegri, ma il denaro risponde ad ogni scopo”
Con la consueta, vertiginosa abilità, Scorsese procede per accumulo. Sullo schermo scorrono situazioni estreme, grottesche, deliranti: il lancio di un nano in un ufficio, una raglia di bamba sniffata dal sedere di una squillo, l'uso poco ortodosso di una candela, che regala un nuovo significato all'espressione reggere il moccolo.
Eppure non ci sono né condanna, né redenzione per questo gangster tossicofilo, che al posto della Beretta e del Thompson miete vittime a colpi di Ipo e Penny Stock. Perché la seduzione del male abita negli uffici della Stratton Oakmon, tra sveltine, goliardate e spirito di squadra. Come dimostra la complicità tra Jordan e Donnie Azoff (uno svalvolato e gelatinoso Jonah Hill candidato come miglior attore non protagonista. Uno squisito compagno di deboscia per Belford, anche se a Wall Street l'amicizia non esiste: è un fugazy per citare Donnie Brasco.
Questo figlio di modesti contabili della middle class, capace di guadagnare 49 milioni di dollari l'anno che ha compiuto 26 anni, vuole vivere gli sfarzi di un Caligola degli anni Novanta e non tornare a casa in metro con le palle sudate e lo stesso vestito per il terzo giorno di fila, come l'agente del Fbi che gli dà la caccia.
Da buon Imperatore del vizio, Jordan ha una moglie da infarto, Naomi, la duchessa di Bay Ridge, ex modella e ragazza immagine della birra Miller Lite. Di una bellezza abbacinante, questa Barbie vestita Versace (interpretata dall'australiana Margot Robbie) ci offre un nudo frontale pronto a scalare la top ten del sito Mr. Skin.
Ma aldilà, degli alcaloidi, dei sedativi, degli ipnotici, dell’alcol, delle puttane, delle truffe, delle scommesse, dei pusher, delle orge, The Wolf of Wall street è la cartina di tornasole di una società in cui il denaro non dorme mai e gli affari sono i soldi degli altri per citare Dumas.
Come grida Jordan per difendersi dalle accuse: "Stratton Oakmon è l'America". Ma è anche il mondo. L'uomo resta un lupo per l'uomo, a qualsiasi latitudine.
"Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi" recita il Vangelo secondo Matteo. Al pari dell'apostolo evangelista, Martin Scorsese con The Wolf of Wall Street trasporta lo spettatore tra i voraci licantropi in doppio petto del Financial District. Come recita lo spot con cui si apre il film, il mondo degli investimenti può essere una giungla, bazzicata da t ori e orsi. Ma è tra le fauci di Wolfy, alias Jordan Belfort che scopriremo cosa si nasconde davvero dentro la Borsa.
Basato su una storia vera, The Wolf of Wall Street racconta l'ascesa e la caduta di Jordan Belfort (Un allupato Leonardo DiCaprio da Oscar), il broker di New York divenuto ricco quanto Creso grazie alla sua società, la Stratton Oakmon, che truffò milioni di investitori alla fine degli Ottanta.
Con la stessa giocosa strafottenza di un Goodfellas in grisaglia, Jordan ci elenca le sue ricchezze: una Ferrari Testarossa bianca, come quella di Don Johnson in Miami Vice, una villa, un jet privato, 6 macchine, 2 cavalli, 2 case delle vacanze, uno yacht da 50 metri. Anche se la sua vera passione sono le sostanze stupefacenti: "Consumo abbastanza farmaci da sedare Manhattan, long Island e il Queens per un mese. Quaaludes 10, 15 volte al giorno per il mal di schiena; l’Adderal per concentrarmi, Xanax per sciogliersi, l’erba per rilassarsi, la cocaina per risvegliarsi, la morfina perché è un mito".
D’altronde è il suo mentore Mark Hanna (un formidabile Matthew McConaughey) a spiegargli, in una scena di rara bellezza ed efficacia, che per eccellere questo lavoro bisogna darsi a cocaina e prostitute. Sicché il coscienzioso Jordan va a mignotte 5, 6 volte a settimana. Ma niente fa sballare il protagonista quanto i dollari perché, L'Ecclesiaste insegna: “ Il vino fa stare allegri, ma il denaro risponde ad ogni scopo”
Con la consueta, vertiginosa abilità, Scorsese procede per accumulo. Sullo schermo scorrono situazioni estreme, grottesche, deliranti: il lancio di un nano in un ufficio, una raglia di bamba sniffata dal sedere di una squillo, l'uso poco ortodosso di una candela, che regala un nuovo significato all'espressione reggere il moccolo.
Eppure non ci sono né condanna, né redenzione per questo gangster tossicofilo, che al posto della Beretta e del Thompson miete vittime a colpi di Ipo e Penny Stock. Perché la seduzione del male abita negli uffici della Stratton Oakmon, tra sveltine, goliardate e spirito di squadra. Come dimostra la complicità tra Jordan e Donnie Azoff (uno svalvolato e gelatinoso Jonah Hill candidato come miglior attore non protagonista. Uno squisito compagno di deboscia per Belford, anche se a Wall Street l'amicizia non esiste: è un fugazy per citare Donnie Brasco.
Questo figlio di modesti contabili della middle class, capace di guadagnare 49 milioni di dollari l'anno che ha compiuto 26 anni, vuole vivere gli sfarzi di un Caligola degli anni Novanta e non tornare a casa in metro con le palle sudate e lo stesso vestito per il terzo giorno di fila, come l'agente del Fbi che gli dà la caccia.
Da buon Imperatore del vizio, Jordan ha una moglie da infarto, Naomi, la duchessa di Bay Ridge, ex modella e ragazza immagine della birra Miller Lite. Di una bellezza abbacinante, questa Barbie vestita Versace (interpretata dall'australiana Margot Robbie) ci offre un nudo frontale pronto a scalare la top ten del sito Mr. Skin.
Ma aldilà, degli alcaloidi, dei sedativi, degli ipnotici, dell’alcol, delle puttane, delle truffe, delle scommesse, dei pusher, delle orge, The Wolf of Wall street è la cartina di tornasole di una società in cui il denaro non dorme mai e gli affari sono i soldi degli altri per citare Dumas.
Come grida Jordan per difendersi dalle accuse: "Stratton Oakmon è l'America". Ma è anche il mondo. L'uomo resta un lupo per l'uomo, a qualsiasi latitudine.