Giulio Andreotti, un divo al cinema

Cinema
Giulio Andreotti e Tony Servillo che intepreta il leader democristiano in Il Divo
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Dalle celebri invettive contro il Neorealismo al biopic di Paolo Sorrentino premiato a Cannes, da Alberto Sordi a Nanni Moretti, un viaggio alla scoperta dei rapporti tra il leader politico e il grande schermo

di Paolo Nizza

"E' il guardiano di qualche cosa, uno che debba introdurti in un'altra dimensione che non si capisce bene
." Questo era Giulio Andreotti secondo Federico Fellini.
Una definizione che ha ispirato Paolo Sorrentino per Il Divo. Ma il biopic del 2008 interpretato da un superbo Toni Servillo è solo l’ultimo atto della liaison tra il leader politico e la settima arte.

La relazione tra Andreotti  e il grande schermo inizia negli anni Cinquanta quando Andreotti veste i panni alla presidenza del Consiglio con delega al cinema. Certo, i più lo ricordano per il celebre anatema (peraltro sempre smentito) "i panni sporchi si lavano in famiglia" lanciato contro il Neorealismo o per quelle lapidarie parole scritte a proposito di Umberto D di Vittorio De Sica:
" Se è vero che il male si può combattere anche mettendone a nudo gli aspetti più crudi, è pur vero che se nel mondo si sarà indotti - erroneamente - a ritenere che quella di Umberto D. è l'Italia della metà del XX secolo, De Sica avrà reso un pessimo servizio alla sua patria, che è anche la patria di Don Bosco, del Forlanini e di una progredita legislazione sociale."

Eppure all’epoca il divino Giulio salva svariate pellicole dalle maglie della censura. Da I p ompieri di Viggiù, che il ministro Scelba vuole bloccare per dileggio dei vigili del fuoco, a Gioventù perduta di Pietro Germi, sgradito al ministro dell’Istruzione Guido Gonella, da Persiane chiuse di Luigi Comencini, accusato da De Gasperi di favorire la prostituzione, a Roma Città aperta di Roberto Rossellini, inviso a Monsignor Montini che non gradisce gli attori in abito talare.
Andreotti fissa persino le regole del bikini («La misura del costume da bagno deve essere di 30 centimetri») e e obbluga Hollywoode  le produzioni americane a versare nelle casse dello Stato italiano una percentuale degli utili del botteghino. 
Forse per  questo la signora La Trippa in Gli Onorevoli rivela che voterà  per Giulio  perché "non c'è rosa senza spine, non c'è governo senza Andreotti".

Certo negli anni Settanta la musica cambia. Basti pensare ai trenta anni di malgoverno democristiano evocati dall’esame di Maturità di Ecce Bombo o allo stesso Nanni Moretti che legge con sarcasmo su un quotidiano questo titolo: “Secondo Giulio Andreotti l’Italia è il paese più libero del mondo.”

Ma siccome spesso e volentieri siamo tutti in un film di Alberto Sordi, Andreotti accetta di interpretare se stesso in Il Tassinaro, diretto e interpretato dall’Albertone Nazionale. Nel film, il leader democristiano disserta di ingegneri americani che guidano il tram e di dialettica politica, bacchettando chi si diletta in parlamento a investigare sui padri e sui nonni dei propri avversari politici.

Si tratta invece di una controfigura l’Andreotti che i n Il commissario Lo Gatto ringrazia Lino Banfi per avere svelato il legame di una soubrette con Bettino Craxi, allora presidente del Consiglio, mentre nel Padrino parte III l’ombra di Giulio viene evocata dal personaggio del politico Licio Lucchesi a cui sussurrano nell’orecchio la celebre battuta: " Il potere logora chi non ce l'ha".

Si arriva quindi a Il Divo, datato 2008. Andreotti lo definisce una mascalzonata. Salvo poi ritrattare con un pleonastico “S e uno fa politica pare che essere ignorato sia peggio che essere criticato, dunque...”, e  aggiunge, “S ono contento per il produttore. E se avessi una partecipazione agli utili sarei ancora più contento"

E tornano le parole che scrisse Oriana Fallaci su Andreotti in Intervista con la storia nel 1974 .
L'intelligenza, perbacco se ne aveva. Al punto di potersi permettere il lusso di non esibirla. A ogni domanda sgusciava via come un pesce, si arrotolava in mille giravolte, spirali, quindi tornava per offrirti un discorso modesto e pieno di concretezza. Il suo humor era sottile, perfido come bucature di spillo. Lì per lì non le sentivi le bucature ma dopo zampillavano sangue e ti facevano male.





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