Design, architettura, arti visive ma anche musica e performance. Flash ci porta nel 1976, che è l'anno di nascita di Studio Alchimia, movimento artistico e culturale che si oppone all'omologazione estetica
Un'avventura nata dall'incontro di menti creative, un collettivo post radicale rimasto attivo fino al 1992 e ora raccontato nella retrospettiva allestita all'ADI Design museum, dal titolo Alchimia. La rivoluzione del design italiano.
In un tappeto-zattera e anche un po' arca di Noè, ci spiega il fondatore dello Studio Alchimia Alessandro Guerriero, ci sono mobili e oggetti nati dalla volontà di esprimere un progetto capace di trasformare l'ambiente in cui viviamo per creare appassionato, emotivo e concreto come i desideri che ciascuno coltiva dentro di sé.
Studio Alchimia, il movimento del contro-design
Nato in un momento di forti mutamenti sociali e culturali, il movimento rappresentò un laboratorio interdisciplinare dove design, architettura, arti visive, moda, musica e performance si confrontavano liberamente, restituendo una visione sognante, utopica, provocatoria ed eclettica di un possibile design e una possibile cultura del tempo.
Tra i designer e gli artisti che presero parte al movimento Alessandro Mendini, Ettore Sottsass, Andrea Branzi, Michele De Lucchi, tutti accompagnati dall'intento di superare il funzionalismo dominante e di ripristinare al progetto una dimensione simbolica e comunicativa.
Perché il design non è solo un oggetto funzionale ed esteticamente bello, ma anche un oggetto capace di emozionare.
Come afferma François Burkhardt, già direttore del Centre de Création Industrielle del Centre Georges Pompidou di Parigi e della rivista Domus, "Alchimia fu un movimento di contro-design che restituì al progetto la capacità di essere linguaggio, racconto e interpretazione del mondo”.
"Il movimento - afferma il presidente ADI Luciano Galimberti - sosteneva che non ci fosse più nulla da inventare, quanto invece fosse fondamentale riscattare vecchie formule, allontanandosi dal concetto di modulo, serie, standard in senso generale. Si poneva quindi con un atteggiamento anticonvenzionale a tutti i livelli, cercando nella poetica dell'imprevisto, quanto nella decorazione e nell'ornamento, un'ipotesi provocatoria di cosmesi dell'esistente, trasformando gli oggetti della quotidianità in altrettanti oggetti totemici".