Yoann Bourgeois, il coreografo delle star che sfida la gravità: “Il gioco è arte. E vita”

È un artista che sfida la gravità e tutte le altre forze fisiche invisibili che ci circondano. Coreografo, danzatore, acrobata ma anche set designer per spettacoli e videoclip, Yoann Borgeois ha creato un modo assolutamente unico di fare teatro che parte dal concetto di “gioco”. Con la sua poetica, che unisce la danza all’arte circense, con il suo mondo fatto di oggetti scenici come trampolini, pedane rotanti e scale, che lui stesso costruisce, ha affascinato le grandi star. Come Harry Styles, i Coldplay, Selena Gomez e Louis Vuitton. E i suoi video sui social diventano sempre virali. L'ho incontrato in occasione di un workshop presso la Fondazione Orsolina 28 a Moncalvo, in provincia di Asti, dopo averlo visto in uno spettacolo incredibile alla Biennale Danza lo scorso agosto, con Patrick Watson che cantava e suonava dal vivo. Orsolina28 è un angolo del Monferrato diventato un piccolo paradiso per la danza internazionale. Un luogo, nato nel 2016 da Simony Monteiro, presidente e direttrice artistica, sulle colline dove un tempo vivevano le suore Orsoline, dove i grandi coreografi incontrano i giovani artisti in un dialogo e scambio tra culture, arti e generazioni. Per descrivere il tuo lavoro usi spesso la parola “gioco”. E nel guardare gli spettacoli che crei la sensazione è un po’ quella di essere davanti a una rappresentazione della “giostra” della vita. Qual è la relazione tra il gioco e il teatro? La dimensione del gioco ha salvato la mia vita; il gioco non è un semplice divertimento ma una maniera di essere connessi al mondo, in fondo è un modo di essere. Penso che se riusciamo a sviluppare questa capacità di aggirare tutti i vincoli esistenziali con le regole del gioco, allora, secondo me, abbiamo la carta più potente per riuscire a vivere. Quindi io mi alleno costantemente, attraverso i miei spettacoli, attraverso i workshop, a sviluppare questa dimensione di “giocatore”. Il gioco è centrale nella tua ricerca coreografica così come la continua sfida contro la forza di gravità. E ci sono anche altri concetti molto presenti nella tua poetica come la sospensione o la leggerezza. Qual è il senso di questo continuo cadere da una scala e rialzarsi? Credo che al mondo non esista dramma più grande della gravità perché la gravità, o la caduta, conduce prima o poi all’immobilità. Penso quindi che all’opposto della gravità ci sia la sospensione. La sospensione è un concetto polisemico, che incrocia diversi campi. Per esempio, in fisica, la sospensione è l’assenza di peso ma, in ambito temporale, la sospensione è anche l’istante esatto, il presente assoluto. Ed è proprio nell’incrocio tra questi diversi campi, l’assenza di peso e l’istante esatto, che si apre una piccola finestra sull’eternità. Quindi per me la sospensione è un modo per afferrare, forse, quello spazio in cui il tempo non scorre. La tua poetica è un mix di tante arti diverse: il circo, l’acrobatica, la danza, il teatro. Come si intersecano tra loro? Sono molto interessato a lavorare proprio sulla nozione di “giocatore”, come dicevo prima, che è comune a tutte le discipline. In francese “jouer” si usa come accade in inglese con “to play”. Per cui si dice” giocare a teatro” o “giocare la commedia” per dire "recitare", oppure “giocare la musica” per “suonare”. E credo che anche quando si danza in un certo modo si gioca. Il gioco riguarda tutti, indipendentemente dall’età o dalla cultura. È il fondamento di tutte le arti e le discipline. Per questo per me è davvero importante lavorare sulla figura del giocatore. Qual è l’obiettivo di questo workshop? Cosa vorresti trasmettere? Ho scelto di focalizzare questo workshop su un tipo particolare di gioco, che potremmo chiamare i giochi di vertigine che per me rappresentano un modo per distruggere o riconsiderare i nostri punti di riferimento abituali, per vederli da un’altra prospettiva, per avere un altro rapporto con lo spazio. Io cerco sempre di concettualizzare i dispositivi fisici che utilizzo, come ad esempio i trampolini su cui sto lavorando con i ragazzi. Dietro ogni strumento scenico c’è la ricerca di amplificare fenomeni fisici di base perché adoro come la fisica, la meccanica, le leggi e le forze naturali siano, per loro stessa natura, poetiche, cioè aprano significati diversi. La tua storia è iniziata con il circo, fin da bambino… Ho iniziato in realtà con il teatro, poi ho scoperto il circo per uno di quei casi della vita che poi la segnano per sempre. Quando i miei genitori si sono separati, hanno venduto la mia casa d’infanzia a un circo, uno dei più grandi in Francia, chiamato Cirque Plume. È così che ho scoperto il circo. Più tardi ho iniziato anche a lavorare sulla danza e oggi è abbastanza difficile dire se le mie performance siano più vicine al circo, al teatro o alla danza. In fondo ciò che mi interessa è la presenza. Penso che aumentare il nostro livello di presenza sia la cosa più importante nella vita. Non credo ci sia altro tema più essenziale che tentare di essere qui. E allo stesso tempo, è la cosa più difficile al mondo: cercare di essere qui, presenti. Ci sono dei riferimenti ad Escher nel tuo lavoro? La scala al centro di tante tue performance rimanda immediatamente a lui… Ci sono molte influenze, molti riferimenti ad artisti e in effetti Escher è uno di quelli che mi ha più colpito per la sua capacità di aiutarci a riscoprire e a interrogarci su che cosa sia lo spazio. È vero che alcune delle mie scenografie sono state ispirate da opere di Escher. Sono io a costruire questi oggetti scenici, trampolini, pedane rotanti, scale, insieme a un’équipe di tecnici e ingegneri. Sei molto amato anche dalle star. Hai collaborato con Harry Styles, i Coldplay o con Marco Mengoni in occasione dell’Eurovision, solo per citarne alcuni. Come hai adattato la tua poetica in queste occasioni? Non c’è differenza nel mio lavoro. O meglio, ogni persona è sempre diversa, ma la questione dell’essere o meno una star non cambia molto sul piano del lavoro stesso. E poiché sono molto interessato a questa dimensione del gioco, nella mia arte io cerco sempre di trovare nelle persone il giocatore/artista. E persone come Harry Styles, Pink o Chris Martin sono dei grandissimi giocatori. Ho imparato molto al loro fianco.

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Yoann Bourgeois, il coreografo delle star che sfida la gravità: “Il gioco è arte. E vita”

Chiara Ribichini