A Roma il Marco Spada di Pierre Lacotte. “Così Rudolf Nureyev volle quel ruolo per sé”

“Dopo uno spettacolo Rudolf Nureyev invitò a cena me e mia moglie. E mi disse: ‘Quali sono i tuoi progetti Pierre, adesso?’ Gli risposi: ‘L’Opera di Roma mi ha chiesto di mettere in scena Marco Spada’. ‘Cos’è, Marco Spada?’ mi chiese. Allora gli raccontai la storia. ‘Ma questo ruolo è per me! È proprio ciò che amo fare! Perché non me l’hai chiesto?’ disse. Gli risposi: ‘Rudolf un giorno sei a New York, un giorno in Australia, un altro in Giappone… non posso creare qualcosa con qualcuno che non è con me’. E lui: ‘E se ti scrivo una lettera in cui prometto di restare per tutto il tempo necessario?’. Eravamo al ristorante, c’era una tovaglia di carta, la strappò e scrisse sopra: ‘Io, Rudolf Nureyev, accetto di danzare Marco Spada e starò con Pierre Lacotte per un mese, due mesi, tutto il tempo che sarà necessario’. Telefonai quindi al direttore del Teatro e quel ruolo fu di Rudolf”. Così Pierre Lacotte raccontò a Sky Tg24, in un’intervista esclusiva rilasciata pochi mesi prima della sua scomparsa in occasione dello speciale su Nureyev Genio Ribelle , di quando parlò per la prima volta con il leggendario danzatore del Marco Spada, il balletto che stava ricreando per il Teatro dell’Opera di Roma. Un titolo che ora, dopo più di 40 anni, è tornato in scena proprio al Costanzi così come Pierre Lacotte lo aveva immaginato anche grazie a un monumentale lavoro di ricostruzione di scene e costumi . Un omaggio al grande coreografo scomparso poco più di due anni fa, definito l’archeologo della danza per la sua capacità di recuperare e dare nuova vita a titoli dell’Ottocento. Come appunto il Marco Spada. Marco Spada fu uno degli ultimi ruoli di Rudolf Nureyev. “Quando abbiamo iniziato le prove Rudolf era già malato, molto malato – ricordava Lacotte a Sky Tg24 - Un giorno arriva e mi dice: ‘Pierre, devo dirti qualcosa che non ho mai detto a nessuno’. Ho subito pensato che mi avrebbe parlato dell’AIDS. Gli ho detto: ‘Rudolf, pensa bene perché se mi dici questa cosa, poi potresti pentirtene e il nostro rapporto diventerà difficile’. Mi ha risposto: ‘Hai ragione, non te ne parlerò’. Un giorno era così stanco, sudava tanto. Gli consigliai di andare a casa a riposarsi e di tornare in sala prove nel pomeriggio. Ma mi rispose: ‘No, no. Se devo morire, preferisco morire sul palcoscenico piuttosto che a casa’. Rudolf era così, viveva per la danza”. Un amore per la danza che lo aveva portato a lasciare l’ex Unione Sovietica e a chiedere asilo politico in Francia per essere libero di danzare. Fu proprio Pierre Lacotte, che Nureyev aveva conosciuto durante la tournée del Bolshoi a Parigi, ad aiutarlo nella fuga all’aeroporto di Parigi come raccontò in prima persona a Sky Tg24 nello speciale dedicato ai 30 anni dalla scomparsa del leggendario danzatore. Una fuga storica su cui Ralph Fiennes ha costruito anche il film The White Crow. Tanti i ricordi di Pierre Lacotte su quella messinscena a Roma. “Un’altra volta abbiamo litigato perché tre giorni prima della prima del Marco Spada voleva cambiare l’ordine di alcune scene. Gli dissi: ‘Rudolf, mancano tre giorni, con l’orchestra non si può cambiare tutto!’. Mi rispose: ‘Ah, vedi? Ogni volta che chiedo qualcosa, tu non vuoi’. E io: ‘Non è che non voglio, è che non posso’. Se ne andò. Mi chiedevo se si sarebbe presentato il giorno dopo. Arrivò e, con la sua solita teatralità, mi disse: ‘Devo proprio volerti molto bene per essere tornato’. Gli risposi: ‘Rudolf, non è me che ami, ma il ruolo di Marco Spada’. E scoppiò a ridere”. Un rapporto di grande amicizia il loro ma complesso anche per il ben noto “caratteraccio” di Rudolf Nureyev. E in quell’intervista, come in un flusso discontinuo di ricordi, Pierre Lacotte raccontò anche aneddoti e momenti di vita quotidiana tra loro. Come quando, per sdrammatizzare la grande paura che Nureyev aveva di prendere gli aerei, scherzò sul volo diretto a Roma. “Ogni volta che volavamo insieme, si inginocchiava, pregava, beveva, e pregava di nuovo. Era terribile. Quando abbiamo portato Marco Spada all’Opera di Roma ha voluto che viaggiassimo per forza insieme in aereo. E mi chiese di portare una sua seconda valigia. Ma la hostess, appena saliti, gli disse che non poteva portare due bagagli suoi sull’aereo ma uno solo. Lui la prese per la gola minacciandola di strozzarla se non gli avesse consentito di portare due bagagli. La hostess iniziò a urlare: ‘C’è un pazzo! C’è un pazzo!’. Ma poi siamo saliti e ha avuto la meglio lui. In aereo, si sedette accanto a me e mi disse: ‘Pierre, conosci qualcuno che lavora in un circo?’. E io: ‘Sì, tu!’ gli risposi scherzando. Si arrabbiò tantissimo, lanciò tutto in aria, andò da mia moglie Ghislaine Thesmar e le disse che non avrebbe più parlato con me”. Così un’altra volta, a Roma, “mi disse che aveva visto un letto fantastico che apparteneva a Paolina Borghese. Costava molto ma lui lo voleva assolutamente. Mi mandò a trattare il prezzo con l’impresario ma non ci riuscii. Allora Rudolf chiamò il suo impresario e si fece mandare tutti i soldi. Molto tempo dopo, un giorno andai a casa sua e gli chiesi dove fosse finito il letto di Paolina Borghese. ‘Non parlarmene! È uno scandalo! Mi hanno venduto un letto falso, non è mai appartenuto a Paolina Borghese! È un letto moderno!’. Mi sono messo a ridere. E lui sorridendo si rivolse a me: ‘Ridi sempre quando faccio queste sciocchezze vero?’. ‘Sì perché sei divertente Rudolf’. Era così, un bimbo capriccioso, un genio, il più grande danzatore di sempre. E per me un grande amico”.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

A Roma il Marco Spada di Pierre Lacotte. “Così Rudolf Nureyev volle quel ruolo per sé”

Chiara Ribichini