Biennale Danza, gran finale con We Humans are Movement di Wayne McGregor in prima mondiale

Spettacolo
Chiara Ribichini

Chiara Ribichini

Courtesy La Biennale di Venezia, ph. Andrea Avezzù

La 18esima edizione del Festival Internazionale di Danza Contemporanea si conclude con la nuova creazione firmata dal suo direttore pensata appositamente per la Sala Grande del Palazzo del Cinema. Una celebrazione del ritmo e della danza per ricordarci, in un momento storico in cui la tecnologia e il virtuale hanno preso ampio spazio nelle nostre vite, l'importanza di ritrovare il contatto umano. Della connessione con noi stessi e con il nostro corpo. IL RACCONTO

Un’esplosione di danza. 60 minuti di puro movimento e incontenibile energia. We Humans are movement, la nuova creazione di Wayne McGregor presentata in prima mondiale alla 18esima edizione della Biennale danza, è l’ennesimo lavoro innovativo del grande coreografo al suo quarto anno da direttore della Sezione danza della Biennale di Venezia, un mandato rinnovato anche per il prossimo biennio. Un gran finale per il Festival Internazionale di Danza Contemporanea andato in scena nella Sala Grande del Palazzo del Cinema al Lido di Venezia, luogo per cui McGregor ha immaginato la sua coreografia.

La danza invade la Sala Grande del Palazzo del Cinema

 

“Due anni fa sono stato alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, entrato qui dentro ho subito pensato a quanto sarebbe stato bello creare qualcosa in questo spazio. Così ho chiesto e avuto subito l’ok dalla Biennale” racconta Wayne McGregor a Sky Tg24. Uno spettacolo site specific dunque su un palco già estremamente grande che McGregor ha voluto allargare inglobando le prime tre file della platea e inserendo una pedana da cui i danzatori possono scendere tra il pubblico e risalire in uno scambio che azzera i confini. Una coreografia che mette al centro il movimento come essenza dell’uomo rispecchiando in pieno il tema di questa edizione della Biennale Danza dal titolo We Humans che vuole far riflettere, in un momento storico in cui la tecnologia ci permette di vedere cosa succede dall’altra parte del mondo, sull’importanza di ritrovare la connessione con noi stessi e con il nostro corpo. Con la consapevolezza che noi umani siamo in movimento. Un invito che arriva da un pioniere proprio nell’uso delle nuove tecnologie come Wayne McGregor.

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Una celebrazione del ritmo e della danza

 

"We Humans are movement è una totale celebrazione del ritmo e della danza, delle capacità del corpo umano, del virtuosismo del corpo umano, della sua espressività” ha sottolineato McGregor a Sky Tg24. Una coreografia su musiche dal vivo del popolarissimo Dj Benji B, sul palco insieme ai danzatori. Dietro e intorno a loro le proiezioni video dello scultore, fotografo e videoartista Ben Cullen Williams e le luci di Theresa Baumgartner, la light designer della scena elettronica berlinese. Tanti elementi diversi insieme che moltiplicano l’energia dei corpi dei danzatori.
In scena i giovani di Biennale College provenienti da tutto il mondo, che per tre mesi hanno avuto l’opportunità di studiare con grandi coreografi, insieme ai grandi interpreti danzatori della McGregor Company.“Devo veramente lodare questi ragazzi – ha detto McGregor - Abbiamo scelto 16 giovani danzatori tra oltre 400 candidati e sono così pieni di passione e impegno, sono così talentuosi e brillanti. Abbiamo creato insieme questo lavoro ed è stato un vero piacere integrarli nella mia compagnia ed essere insieme parte di questo incredibile spettacolo. Sono molto soddisfatto del risultato”.
Interminabile la standing ovation finale di una performance che resterà sicuramente nella storia della Biennale Danza.

Il Leone d’oro a cristina caprioli

 

Si chiude così un Festival che ha visto un incremento di quasi il 50% delle presenze rispetto allo scorso anno e che ha richiamato a Venezia oltre 160 artisti da tutto il mondo per 80 appuntamenti. E che ha assegnato il Leone d’oro alla carriera a Cristina Caprioli, coreografa di origine bresciana da anni residente in Svezia portatrice di un’idea di coreografia come “discorso critico in continuo movimento” in cui l’atto creativo non è mai disgiunto dalla riflessione ed è, anzi, un pensiero che si interroga sul fare danza nel momento stesso in cui la danza si genera.
“La mia idea è che la danza è un moto continuo. Se la concepisci così puoi prendere qualunque parte e quella è la danza. Per me la danza non è necessariamente legata a una drammaturgia che abbia un inizio, un mezzo e una fine” ha spiegato a Sky Tg24 durante una pausa di Flat haze, spettacolo e installazione presentato in prima italiana alla Biennale Danza. Nove ore di coreografia in trasformazione. E ha aggiunto: “Sono particolarmente felice quando lo spettatore sceglie quanta danza vuole vedere. Come quando si visita una galleria d’arte, è il visitatore a decidere quanto tempo vuole spendere davanti a un quadro”.

Leone d’argento a Trajal Harrell

 

Il Leone d’argento quest’anno è stato invece assegnato all’americano Trajal Harrell, autore di un linguaggio nuovo e originale che si basa su una ricca conversazione tra la danza postmoderna, la danza giapponese Butoh e la scena del voguing newyorkese, così presente anche in Tambourines, lo spettacolo presentato negli ultimi due giorni della Biennale. “Per me il potere del vogueing è nel senso di comunità. E’ nel vedere un gruppo di persone che si ritrova insieme per ballare, che sente di appartenere a una comunità e che decide di lavorare insieme. E da questo si possono imparare molte lezioni” ha spiegato a Sky Tg24. Ispirato al romanzo La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne, in Tambourines Trajal Harrell prova a re-immaginare la storia. Cosa sarebbe successo se invece di condannare la protagonista per aver avuto una bambina fuori dal matrimonio costringendola a indossare la lettera scarlatta (la A di adulterio) l’avessero sostenuta? Uno spettacolo femminista. Una riflessione sul genere, la storia e sulle costrizioni sociali. Una dedica a tutte le donne che in passato non hanno potuto decidere del proprio corpo.

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