Gli occhiali di Sostakovic, al Teatro Rasi l’opera sul compositore russo deriso da Stalin

Spettacolo
Foto dalla locandina dello spettacolo, Ravenna Festival

La piece teatrale debutta il 21 giugno, al Ravenna Festival. Il testo e la regia sono di Valerio Cappelli, l'interpretazione di Moni Ovadia e il violoncello di Giovanna Famulari. Lo spettacolo multimediale scava nella vita di uno dei compositori più importanti del '900, a tratti incensato e a tratti piegato dal regime sovietico

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Oggi lo ricordiamo come uno dei più grandi musicisti e compositori del ‘900. Ma durante la sua carriera non è stato sempre così: Dmítrij Šostakóvič fu prima incensato e poi piegato dal regime sovietico di Stalin. Nato il 25 settembre 1906 a San Pietroburgo, e morto a Mosca il 9 agosto 1975, è al centro dello spettacolo multimediale Gli occhiali di Sostakovic - Onori e terrori di un antieroe, con testo e regia di Valerio Cappelli, interpretazione di Moni Ovadia e violoncello di Giovanna Famulari. Il titolo dell’opera parla chiaro: gli occhiali sono quelli che Šostakóvič aveva sempre sul volto, emblema del suo personaggio e al tempo stesso simbolo del suo sguardo sul mondo. I terrori e gli onori sono le due facce della stessa medaglia che dovette affrontare nel rapporto con l’Unione sovietica. Il musicista viveva, ad esempio, tenendo la valigia sotto il letto: aveva paura di essere arrestato da un momento all’altro. Alcuni membri della sua famiglia furono arrestati. Eppure, quando morì, per lui fu organizzata la cerimonia dei funerali di Stato, segno di riconoscenza non solo del suo genio musicale ma anche per aver rappresentato un simbolo del regime. La tensione in cui visse Šostakóvič riflette l’atmosfera tormentata dell’epoca in cui il compositore si trovò a vivere. L’opera debutta il 21 giugno, al Teatro Rasi, come parte del Ravenna Festival

La Lady Macbeth di Šostakóvič e la stroncatura del regime

Emblematico della situazione di tensione in cui visse Šostakóvič è il caso della sua Lady Macbeth nel distretto di Mcensk. Nel gennaio 1936, al Bol'šoj di Mosca, andava in scena una replica dell’opera, che da quando aveva iniziato a girare per i teatri aveva sempre riscosso un buon successo. Nel pubblico c’era anche Stalin. Al terzo atto si alzò e se ne andò. Poco dopo, sulla Pravda, il giornale del regime, uscì un articolo che definiva l’opera di Šostakóvič “caos invece che musica”. L’opera fu poi bandita. 

La Nona sinfonia sovietica

Anni dopo,  Šostakóvič firmò la Nona sinfonia Sovietica, in risposta alla nona già scritta da Beethoven: rischiò il carcere per aver scritto uno sberleffo da più di 20 minuti. 

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