Eichmann. Dove inizia la notte, uno spettacolo sull’origine del male

Spettacolo

Paolo Nizza

Foto di ©.Tommaso Le Pera
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Il nuovo atto unico di Stefano Massini racconta lo scontro immaginario tra la filosofa ebrea Hannah Arendt (Ottavia Piccolo) e il gerarca nazista Adolf Eichmann (Paolo Pierobon).  Al Piccolo Teatro di Milano sino al 6 marzo

Non c’è il bene e non c’è il male. C’è solo quello che va fatto.” Se a pronunciare queste parole è l’uomo che ideò la soluzione finale e organizzò nei dettagli il massacro di sei milioni di ebrei, la frase si trasfigura in una terrificante sentenza orrore. Ma è solo uno dei tanti momenti di rara potenza rappresentati in Eichmann. Dove inizia la notte, una pièce teatrale di quelle che è necessario vedere. Un dialogo di 80 minuti che non dimentichi più.  Basandosi sugli scritti della filosofa ebrea Hannah Arendt, dai verbali degli interrogatori a Gerusalemme – dove Eichmann fu processato dopo l’arresto avvenuto nel 1960 in Argentina – e dagli atti del processo, Stefano Massini imbastisce un atto unico.

 Diretti da Mauro Avogadro, Ottavia Piccolo e Paolo Pierobon (entrambi eccezionali) nei ruoli della Arendt e di Eichmann, ricostruiscono passo dopo passo carriera e ascesa del gerarca, delineando il ritratto di un uomo mediocre, arrivista e opportunista, e aprendo così il varco a una prospettiva spiazzante: Eichmann non è un mostro, bensì un uomo spaventosamente normale. Lo spettacolo è in scena al Piccolo Teatro di Milano, sino al 6 marzo, per poi essere rappresentato in altre citta  (QUI TUTTE LE DATE)

Lo scontro tra Adolf Eichmann e Hannah Arendt

Sul palco un paio di sedie e un tavolo. A sinistra un attaccapanni con un cappotto da ufficiale nazista con la svastica d’ordinanza sul braccio. A destra una divisa a strisce con la stella di David sul petto. In sottofondo, una ridda di rumori di treni e di ferraglia, grida, pianti, scoppi di fucile, mitragliatori e poi, all’improvviso, uno spaventoso silenzio. Una scenografia essenziale, cruda tuttavia assai efficace, perché sono soprattutto le parole spaventose, feroci, indelebili, ad abitare la scena. E bastano le prime battute pronunciate da Eichmann, per comprendere quanto sia sconvolgente questa rappresentazione della straordinaria banalità e al tempo stesso disarmante normalità del male:

“Potevamo prenderli tutti (gli ebrei.  n. d. r.) spostarli nel Madagascar. Non è un posto a caso: avevo già pronto il piano. Le navi. Tutto studiato. Tutto predisposto nei dettagli. Era una soluzione idonea. Più che idonea. Un’isola. Lontana. Buon clima. Bel paesaggio. Avremmo risolto il problema.”

Una descrizione che pare uscita da un dépliant di un villaggio turistico. Ma si sa, le cose non andarono così. E a parlare della vera natura della deportazione di massa ci pensa Hannah Arendt. La filosofa ebrea cita Genrich Grigor'evič Jagoda e Matvei Berman, i due funzionari sovietici che, con il beneplacito di Stalin trasferirono nel maggio del 1933 in Siberia criminali e contadini rimasti senza terra. Venne definito un esperimento sociale. Alcuni vennero ammassati sull’isola di Nazino senza cibo, né acqua. Dopo tre o quattro giorni iniziarono a divorarsi l’un l’altro. Erano gli stessi anni in cui Eichmann iniziava a lavorare per le SS. Orrori allo specchio.

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Paolo Pierobon e Ottavia Piccolo, protagonisti straordinari

Uno dei tormentoni preferiti di Heinrich Himmler era: “L’unico onore è non tradire mai”. A questo aforisma nazionalsocialista, citato in continuazione da Eichmann, si contrappone il coraggio di Sophie Scholl, la ventenne uccisa dai nazisti nel febbraio del 1943 per aver distribuito volantini contro il terzo Reich all’Università di Berlino. Tra questi due mondi antitetici, si dipana il confronto tra i due protagonisti della pièce.

Paolo Pierobon si conferma uno degli attori più talentuosi, versatili e completi del panorama italiano e internazionale. Dopo essere stato Silvio Berlusconi nelle serie 1993 e 1994 e Gabriele D’Annunzio in Qui rido io, Pierobon veste i panni del criminale nazista già portato sul grande schermo da star del calibro di Robert Duvall, Stanley Tucci e Ben Kingsley. L’attore ci offre una performance calibratissima, l’indimenticabile ritratto di un mostro della porta accanto, un nazista capace di sostenere di non aver mai ucciso nessun ebreo. Un gerarca che spergiurava di non avere mai letto il “Mein Kampf” di Adolf Hitler, ma che anelava una foto con il Fuhrer. Un boia che sosteneva di avere simpatia per quel popolo che mandò a morire nelle camere a gas. Un carrierista con la croce uncinata che si vantava di aver avuto pure una relazione con una ragazza ebrea. Un occhiuto burocrate, mosso solo dalla smania di poter abitare a Berlino, visto che suo padre non se lo poteva permettere.

Di contro Ottavia Piccolo è perfetta nel guidarci in questo viaggio al termine della notte, popolato da figure inquietanti come quella di Rudolf Kasztner. Con fermezza, l’attrice porta alla luce la banalità di Eichmann, grigio architetto dell’orrore: “il male si nasconde dietro il fumo, sembra devastante, enorme. Per guardarlo in faccia basterebbe ascoltare, attentamente, come parla. Una donna che ci ricorda che: “Perfino un vigliacco può avere un attimo di coraggio, nella vita, e non cambia il fatto che era e resta vigliacco. No. Più del coraggio è la dignità. Molto di più. Perché la dignità, se ce l’hai, ti resta incollata addosso, è parte di te.”

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1994, Paolo Pierobon è Silvio Berlusconi

Dove inizia la notte

Lo spettacolo si conclude con un ricordo di Hannah. Da bambina all’ora del tramonto, era solita dare le spalle al sole per cercare di comprendere dove iniziasse la notte. E suo padre le diede questa risposta: “Mi ricordo solo che sorrise. Le cose più terribili si dicono sorridendo: “Non esiste un punto preciso, Hannah: quando fa buio il cielo cambia colore tutto quanto, i tuoi occhi non possono fermarlo. Non potranno mai.”

Insomma, il male esiste ed esisterà per sempre. Quello che possiamo fare è non girare la faccia dall’altra parte quando lo vediamo. Certo, l’essere umano può essere  “Torquemada e Mozart”, come dice Eichmann. Ma non ci si può sottrare alle proprie responsabilità. Ed è un bel segnale che al debutto dello spettacolo al Piccolo Teatro ci fossero tanti giovani tra il pubblico. Perché “Chi non ricorda il passato è condannato a ripeterlo”, come recita la frase di George Santayana incisa in trenta lingue, sul monumento all'ingresso del campo di concentramento di Dachau.

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