Il Maestro, dopo il successo di Thaïs, torna a dirigere la Filarmonica. In programma la Serenata per archi di Čajkovskij e la Sinfonia n° 2 di Rachmaninov. Giovanissimo e pieno di fascino, è già tra i direttori più richiesti a livello internazionale. “La musica classica è la champions league di tutte le musiche ma io credo che senza sentire un blues, un rap, un rock non possiamo sentire un Sacre du printemps. In ogni stile di musica io cerco di sentire qualcosa di speciale”
“Generosità. E’ questa la parola giusta per questo concerto. E’ quello che vogliamo dare al pubblico soprattutto in questo periodo, dopo due anni di pandemia”. Così il Maestro Viotti sintetizza l’anima dei tre concerti, stasera, il 26 e il 27 febbraio, con cui torna sul podio della Filarmonica della Scala per la Stagione Sinfonica del Teatro. Abbiamo incontrato il Maestro in occasione delle prove aperte a un pubblico Under 30. Giovanissimo e pieno di fascino, nato a Losanna nel 1990, è tra i maestri più richiesti a livello internazionale ed è direttore Musicale della Dutch National Opera. Alla Scala è reduce dal successo di Thaïs.
Ha dichiarato che dirige solo musica che le piace. Cosa le piace di Čajkovskij e Rachmaninov e in particolare del programma scelto?
Ogni battuta e ogni nota in questo programma sono per me molto speciali. Ho pensato di dare all’orchestra il ruolo da solista. La Serenata in do magg. per archi op. 48 di Čajkovskij è, per esempio, solitamente suonata da un’orchestra da camera o da gruppi più piccoli. Ho pensato di dare questa possibilità di suonare in questo teatro con tutte le forze dell’orchestra, con i 14 primi violini. Čajkovskij era in un momento positivo della sua vita e si sente tutta questa voglia di essere felici. La Sinfonia n. 2 in mi min. op. 27 di Rachmaninov inizia in maniera molto scura ma termina con una voglia di vita e di libertà straordinaria. La generosità è la parola giusta per questo concerto ed è quello che vogliamo offrire al pubblico soprattutto dopo questo periodo di Covid.
Quali sono le caratteristiche dell’orchestra della Scala?
L’arte di suonare in un bel modo. Sono contentissimo di essere qui.
Lei è qui anche per Thaïs, un’opera difficile da portare in scena che è stata accolta con grande favore da critica e pubblico. Senza nessuno scandalo. Se l’aspettava e quanto secondo lei possono aver aiutato in questa risposta anche gli incontri di preparazione all’opera prima dello spettacolo da lei stesso tenuti?
Penso che non possiamo dimenticare che abbiamo bisogno dell’arte, soprattutto in questo momento. L’arte è qualcosa che sciocca il pubblico. La verità del successo di Thaïs sono la bellezza e la purezza della sua musica. Ci sono artisti anche un po’ nudi sul palcoscenico, vero, ma alla fine penso che le persone hanno sentito quanto questa musica vada direttamente al cuore. Non è un successo in stile standing ovation, è un successo vero, di spettatori che alla fine restano in silenzio perché sono molto emozionati.
Thaïs è anche legata a suo padre, ne ha parlato lei stesso in più occasioni, anche sui social. Che ricordo ha di quando, nel 2002, suo padre aprì la stagione della Fenice proprio con quest'opera a e quali sono gli insegnamenti che ha ricevuto da lui?
A 11 o 12 anni non abbiamo veramente ricordi ma le mie orecchie e il mio cuore hanno questa memoria. Io sono sempre molto felice e orgoglioso di essere qui ogni sera. Con questo pubblico, in questo teatro, con questi artisti. E cerco sempre di dare tutto.
Lei ha cominciato con la batteria e il jazz, ama anche altri generi musicali come il rap. Cosa ha la musica classica in più delle altre?
La musica classica è la champions league di tutte le musiche ma io credo che senza sentire un blues, un rap, un rock non possiamo sentire un Sacre du printemps. In ogni stile di musica io cerco di sentire qualcosa di speciale.