"La danza è una possibilità per ritrovare il senso perduto della bellezza", amava ripetere questo coreografo e ballerino morto di Covid a 66 anni nel suo Brasile
Per molti era, è la schiena più possente della danza. Una sorta di Maciste con la grazia di una farfalla. Per altri resta il direttore della Biennale Danza. Quello che, purtroppo, mette d'accordo tutti è che il Covid si è portato via, a soli 66 anni, una delle figure che maggiormente, negli ultimi 40 anni, ha segnato il mondo dell'arte inteso come danza e coreografia. Ismael Ivo è morto in Brasile, nella sua San Poalo dove era ricoverato da oltre un mese e dove, da ragazzo sognatore, aveva avviato il suo percorso di formazione per poi entrare, nel 1983, nell’Alvin Ailey Dance Company di New York. E' stato quello il trampolino di lancio per l’Europa, dove ha collaborato prima col coreografo tedesco Johann Kresnik e poi col giapponese Ushio Amagatsu.
Si dice che la sua attenzione all'uso del corpo venisse da un attento studio della fotografia di Mapplethorpe. A Venezia, dove è giunto nel 2002 e ha avuto, dal 2005 al 2012 il ruolo di direttore del settore Danza della Biennale di Venezia, Ismael Ivo ha costruito spettacoli destabilizzanti per la forza creativa e per il messaggio potente, quasi extra-corporeo che diffondevano. Alcuni hanno fatto scandalo e citiamo per tutti Mercato del corpo nel quale i ballerini venivano posti all’asta diventando oggetti, una performance di denuncia della mercificazione umano, del "tutto ha un prezzo".