Nella linea l'anima dei personaggi Disney: la parola a Santillo e Storino

Spettacolo

M.Beatrice Moia

Venerdì 20 aprile, presso Sky, c'è stata una Masterclass sulle Principesse Disney tenuta dal Direttore creativo del team di Art Global Publishing Roberto Santillo e da Sara Storino , disegnatrice per Disney, rivolta agli studenti di arte e design di Milano. Leggi l'intervista e continua a imparare tutto in tema di Principesse con Sky Cinema Principesse, da sabato 21 aprile a domenica 6 maggio.

Venerdì 20 aprile si è tenuta a Sky una Masterclass sulle Principesse Disney rivolta agli studenti di arte e design di Milano. La lezione è stata condotta da Roberto Santillo, Direttore Creativo del team di Art Global Publishing e prima, direttore dell’Accademia Disney, e Sara Storino, disegnatrice e illustratrice per Disney, specializzata nel disegno delle Principesse. Leggi la loro intervista e approfondisci la lezione seguendo Sky Cinema Principesse da sabato 21 aprile a domenica 6 maggio, il canale dedicato ai classici delle principesse Disney.

Cosa vuol dire essere disegnatrice Disney? Come sei arrivata a questo incarico e come si svolge il tuo lavoro?

Sara - Dopo aver concluso l’accademia di Belle arti, ho iniziato a lavorare. Prima ho fatto tre mesi di prova alla scuola Disney in cui mi hanno sottoposta a tantissime esercitazioni di disegno. La sfida era dimostrare di riuscire ad adeguarsi in poco tempo allo stile Disney e, naturalmente, imparare così il mestiere. Credo di avercela fatta. Così la mia passione per il disegno in generale si è accresciuta e ho pensato che cercare di migliorarmi all’interno di una realtà come Disney non poteva che essere la cosa migliore. In fondo, i cartoni animati visti da piccoli segnano per sempre. Ed è stato bellissimo perché ho avuto modo di confrontarmi con persone che già conoscevano il mestiere, più grandi, più esperte. Mi si è aperto un mondo completamente nuovo perché mi sono resa conto di quanto sia grande l’universo che sta dietro a ogni singolo cartone. Che, tra l’altro, è la parte più interessante. E tutto inizia con la matita in mano, prima carta e penna, poi con lo sviluppo della tecnologia si è passati al digitale. E tutto cambia, i personaggi Disney sono in evoluzione continua e io continuo a imparare. Però, ovvio, quando studi qualcosa che ti piace ti pesa meno. Spero tutto questo duri ancora molto.

Cosa vuol dire essere direttore dell’Accademia Disney? Come ci sei arrivato e come si svolge il tuo lavoro?

Roberto - Ho iniziato studiando e continuo a farlo ancora adesso. Abbiamo avuto tutti la possibilità di entrare in questa realtà in un momento in cui Disney - stiamo parlando della fine degli anni ’80 - cercava nuovi talenti. Disney Italia era in un momento importante di crescita e tutti i suoi artisti più importanti dell’epoca si sono impegnati nella ricerca di nuove risorse, anche per trasmettere l’arte disneyana. Io sono entrato proprio in quel momento. Non so se mi sarei avvicinato a Disney se non avessi avuto la certezza di avere maestri così importanti. Questo esperimento è stato chiamato Scuola Disney. Poi Disney ha investito ancora di più, ha trasformato la scuola in un vero e proprio campus e l’ha chiamato Accademia Disney. Ed è stato chiesto proprio a me di dirigerla. Così siamo andati avanti per tanti anni, fino al 2010. Sono stati formati più di duecento nuovi talenti. Ora, conclusasi la parte formativa, ci si occupa più che altro di sviluppo di idee. La stragrande maggioranza degli artisti sono dei freelence, come Sara, io invece lavoro all’interno perché ho la responsabilità del gruppo artistico di publishing.

Essere il direttore d’orchestra di una realtà così grande significa anche confrontarsi e promuovere? Oppure contenere idee, stimoli e impulsi nuovi che arrivano dai collaboratori? C’è un limite all’innovazione? Non c’è il rischio di staccarsi troppo dall’immaginario Disney originario?

Roberto - Questa è una domanda interessante perché pone l’accento sull’aspetto più importante che cerchiamo di comunicare a chi si approccia al mondo Disney, ovvero che prima ancora dell’aspetto estetico e artistico, bisogna assimilare alcuni contenuti Disney estremamente profondi. Mi ricordo un anziano disegnatore secondo cui solo dopo 5 anni si può capire se un artista ha sviluppato una mentalità Disney. E vuole dire che disegna non tanto seguendo canoni preimpostati, ma con un approccio al racconto, alla gestualità, ai valori che vogliamo trasmettere e che devono essere trasparenti già nel disegno. Ad esempio, spesso la correzione non è sintomo di un errore grafico ma di un messaggio trasmesso nel modo sbagliato. Questo è l’aspetto fondamentale e complicato da trasmettere. E trovare il limite oggi è difficile perché siamo circondati da tanti stimoli audiovisivi. Trovare il confine tra ciò che è disneyano e ciò che lo è meno è complicato. Però ti posso assicurare che esiste questo limite, questa dimensione, e ogni artista Disney ha prima di tutto lo scopo di trasmettere con il disegno una parte emozionale. Ogni personaggio non è solo una “bella figura”, ma porta innanzitutto un significato, è parte di un racconto.

Quali sono i personaggi degli ultimi anni in cui c’è la giusta via di mezzo tra vecchio e nuovo?

Roberto -Tutti i personaggi portano la matrice Disney nel genoma più profondo. Devo dire che i personaggi creati Pixar sono stati importanti. Perché ha dato ai personaggi alcuni elementi che li collegano tra loro in modo singolare. Pensa a Toy Story: c’è un livello di relazione che è assolutamente credibile, disneyana al 100 per cento, c’è un’empatia assoluta tra i personaggi.  In un film che spicca per innovazione tecnologica si tende a restare concentrati sull’effetto, mentre nei film Pixar ci si cala nella storia e ci si dimentica dell’effetto tecnologico. I personaggi Pixar sono arrivati in un momento importante, hanno portato quella tradizione di valori ma con l’aggiunta di innovazione e hanno fatto anche da stimolo a Disney stessa.

Quindi potremmo dire che sono i personaggi Pixar a rappresentare la sintesi perfetta tra tradizione e modernità?

Roberto - Lo sono stati fino a oggi. Ma è tutto in costante evoluzione. Basti pensare a Oceania: quando l’ho visto sono rimasto a bocca aperta, perché senza essere Pixar il film ha una sua originalità e unicità stilistica. Pixar e Disney sono realtà che oggi si mescolano e si contaminano a vicenda. Entrambe seguendo la stessa linea guida di costruzione di un personaggio…

Sara - Vorrei ricordare che la ricerca sul personaggio si compie prima che si inizi a lavorare in digitale. Il disegno a mano è sempre la base…

Roberto -  E questo è importante perché si capisce quante siano e quanto profonde le fasi di lavorazione di un personaggio per riuscire a catturarne un’anima credibile. C’è un profondo lavoro di ricerca prima di arrivare alla delineazione estetica. E mi sento di dire che questo lo fa solo Disney. L’attenzione che si presta ai dettagli emozionali è unica…

Sara - Sì, perché il dettaglio fisico comunica lo stato emozionale del personaggio. Questa è la sfida, farlo parlare anche senza la voce. C’è una fase di sperimentazione lunghissima sulla modalità di resa grafica di ogni singolo personaggio per poi passare solo dopo ad una fase tecnologica. Ed è qui che nascono nuovi problemi. Ad esempio la resa di tutte quelle masse di capelli che si muovono continuamente. Come la chioma di Merida o di Vaiana oppure il pelo di Sullivan in Monster & Co. I dettagli più piccoli sono fondamentali. Magari spostare di un millimetro un sopracciglio cambia l’espressione del sentimento. Ma se lo lasci, magari così forzi una caratteristica che forse non è del tutto connaturata a quel personaggio. È per questo che le fasi di lavorazione Disney sono così lunghe. E la cosa incredibile è che in ogni film ci sono una serie consistente di personaggi. E ognuno è diverso dall’altro. Questa grande cura per i particolari trasforma quello che è solo un disegno, in qualcosa di vivo.

Come dare credibilità ai personaggi delle principesse?

Roberto – La connotazione di principessa è data più dal legame con il mondo delle fiabe più che dalla principessa in sé. E il filo conduttore tra tutte le principesse è quello di avere una responsabilità e un talento che viene loro dato per dimostrare che sono uniche. Non in quanto principesse, ma in quanto eroine coraggiose. Tutto questo deve portare a una svolta. Pensate ai sette nani. All’inizio sembrano dei “nullafacenti” che cercano diamanti senza che si capisca bene perché lo fanno. E sono molto paurosi. Ma alla fine sono loro che, come guerrieri, vanno a cacciare la strega. Nessuno ha pensato che sia una stranezza, la scena è credibile. Biancaneve li ha trasformati, li ha fatti maturare e ha dato loro una grande responsabilità, ha dato loro senso. E se questo succede nel film del 1937 succede anche nell’ultimo del 2016 dove Oceania compie un percorso simile. Cambia la natura di Maui e contemporaneamente restituisce alla natura il suo vero ruolo. È una responsabilità enorme. Principesse è il termine che ereditiamo dalle fiabe, ma loro sono delle vere e proprie eroine.

Questo eroismo e questo talento accomuna tutte le principesse, da Biancaneve fino a Oceania. La realizzazione grafica e le connotazioni estetiche delle principesse, però, sono molto cambiate. Perché? Cosa si vuole trasmettere?

L’idea è quella di renderle sempre di più simili alle ragazze che si possono incontrare nella vita di tutti i giorni, alle compagne di scuola… Anche come atteggiamenti e spontaneità. C’è un cambio dell’espressività che è dovuto alla naturale evoluzione della cultura. Sono diventate più sicure di sé, più “sbarazzine” mi verrebbe da dire in modo naif. Si vuole far passare l’idea che tutto ciò che stai vedendo, potrebbe accadere intorno a te, non appartiene ad un altro mondo, quello delle fiabe appunto. Sono ragazze moderne che, a differenza di un tempo, ad un certo punto prendono in mano la situazione e sentono di avere una responsabilità. Tutto questo però con immaginazione, fantasia e umorismo. Ci dev’essere sempre una sensazione di gioia e di fiducia nella vita.

Sara, quale è la tua principessa preferita tra quelle disegnate?

Sara- Mi piacciono tutte perché ognuna è diversa e l’apprezzo appunto anche per la diversità. Ovviamente le primissime le sento lontane da me. Come ad esempio Biancaneve, pur essendo la principessa per antonomasia. Mi piace molto Aurora, perché ha un carattere molto stilizzato. Anche Jasmine è una delle mie preferite. E Ariel, perché mi sono divertita tantissimo a disegnarla metà donna e metà sirena.

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