Quando Lady Gaga era solo Stefani Germanotta

Spettacolo
Lady Gaga
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L'infanzia a New York, le scuole primarie, il primo approccio con la musica: in una biografia pubblicata da Ultra-Castelvecchi, Michele Monina ricostruisce la folgorante ascesa della nuova icona del pop. Leggine un estratto

di Michele Monina

Lady Gaga nasce Stefani Joanne Angelina Germanotta il 28 marzo del 1986 a Yonkers, nello stato di New York. E proprio la Grande Mela ben presto diventa la sua città di residenza. Ora, lo avrete già capito, nella vita artistica di Lady Gaga, una che a ventitré anni è arrivata dove è arrivata, niente può rispondere al caso.
Quindi la città di New York occupa nell’arte di Lady Gaga un posto importante, come diversamente non potrebbe essere. La parte di New York di cui si parla, quando Lady Gaga è la protagonista, è quella che più si adatta a una figlia di emigrati italiani, il Lower East Side.
Little Italy, il noto quartiere degli italiani di stanza a New York si trova lì, ormai inghiottita, digerita e metabolizzata da China Town, e sempre più dépendance della non troppo distante Tribeca. È lì che Stefani, così si chiamerà Lady Gaga per tutta la prima parte della sua esistenza, muove, non solo metaforicamente i primi passi.

Figlia di Giuseppe Germanotta e Cynthia Bissett, entrambi di origine italiana, per la precisione palermitano lui e veneziana lei, affermati imprenditori dell’area Web, Stefani inizia a suonare il pianoforte ancora prima di cominciare a leggere e scrivere. Avere un pianoforte in casa, certo, aiuta, ma il talento non è ereditabile per Dna, come tutta una serie di figli d’arte non esattamente compiuti sembrano voler costantemente confermare.
Nei fatti Stefani comincia a suonare, a strimpellare si direbbe se si trattasse di una chitarra, verso i quattro anni, dimostrando un orecchio fuori dal comune. Non di orecchio assoluto si tratta, ma di quella forma di talento mimetico che può far riuscire anche una bambina che ancora si esprime a stento in inglese, articolando frasi non sempre di senso compiuto, come l’anagrafe giustifica, a ripetere perfettamente melodie sentite alla radio o in televisione. Normale, quindi, che i genitori decidano di mandarla a lezione di pianoforte, per coltivare il talento e per vedere se, in effetti, quella che sembra una dote innata non possa diventare con lo studio e la dedizione, qualcosa d’altro, magari proprio un mestiere.
Nel mentre, per far crescere la propria bambina – per un padre italiano una adolescente è e rimane una bambina – secondo gli insegnamenti cattolici, Joseph e Cynthia decidono di frequentare la parrocchia del quartiere, una delle tante chiese cattoliche della parte bassa di Manhattan il tutto mentre Stefani inizia le scuole primarie presso un istituto pubblico. Come vedremo poi, i Germanotta decideranno di mandare la propria figliola a fare le scuole secondarie presso un istituto religioso, la Convento Sacre Heart, intenzionati a dare a Stefani un’educazione rigidamente cattolica. Il fatto che nella stessa scuola, negli stessi anni, si aggirino anche le sorelle Hilton, Nicky e Paris, potrebbe lasciar sorgere alcuni dubbi riguardo la rigidità del collegio. E anche sui risultati portati a casa dai genitori delle iscritte, per altro.
Nel senso, è vera la teoria della Monaca di Monza, resta il fatto che, sempre rimanendo in Italia, da collegi religiosi sono usciti personaggi non esattamente in odore di santità come Mario Capanna o Renato Curcio, tanto per fare un paio di nomi che hanno animato il periodo meno religioso della nostra storia recente, ma a volersi mettere nei panni di chi ha speso tanti soldi per dare alla propria figlia un’educazione rigorosa e poi se la trova come Paris Hilton, be’, credo ci siano gli estremi per una richiesta di risarcimento milionaria.

Quindi, a volerla vedere così, Joseph Germanotta non avrà poi tanto di cui lamentarsi quando, intorno al diciottesimo anno di vita della figlia, se la ritroverà protagonista di spogliarelli e spettacoli Burlesque nei locali di Manhattan.
Ma arriviamo a questo episodio con calma, non bruciando le tappe. Stefani, prima di arrivare al collegio, ha cominciato a suonare il piano a orecchio, provando a ripetere sulla tastiera le canzoni che ascolta con il suo registratore a cassette (ancora il cd non ha attechito a casa Germanotta, evidentemente).
Poi arrivano le vere e proprie lezioni di piano. A tredici anni, lo dichiarerà lei stesso in tutte le interviste, arriva anche la prima canzone composta, lì tra le quattro mura della propria cameretta. Una ballata, non esattamente il suo genere una volta che andrà a prendersi il nome d’arte di Lady Gaga. Nome, va detto a questo punto, che le deriva dal suo amore smodato per il glam rock d’antan dei Queen. È infatti a Radio Ga Ga che si deve il nome che Stefani deciderà di prendere in seguito, dopo quelle prime esibizioni negli show di Burlesque e dopo essere entrati nel mondo dello spettacolo col ruolo di compositrice. In realtà, prima di arrivare al rock dei Queen, la piccola Stefani comincia a ricercare sui tasti bianchi e neri del pianoforte di casa le melodie dei brani che all’epoca dominano le classifiche, e poi quelle dei cantanti che, grazie a mamma Cynthia, continuano a girare nel giradischi di casa, Cindy Lauper e Michael Jackson su tutti.

Non sarà quindi un caso che, quando ormai il suo nome sarà sinonimo di successo internazionale, la stessa Lady Gaga esibirà la sua nuova amicizia con Cindy Lauper come una delle medaglie più belle tra quelle che tiene appuntate su un’ipotetica giacca – ipotetica giacca che le lascia scoperta la scollatura, con le spalline a palloncino e con una qualche stravaganza, c’è da giurarci.
Le due non si limiteranno, infatti, a conoscersi, destino comune a molti tra quanti lavorano nello stesso settore (sempre che il mondo della canzone sia ancora quello in cui vive e si muove la cantante di True Colors). L’11 febbraio del 2010 Lady Gaga presterà infatti il proprio singolare viso insieme a quello più paffuto di Cindy Lauper per la campagna Mac Aids Fund, nello specifico per la serie di rossetti Viva Glam- From our Lips.
Le foto che le vedranno ritratte insieme, in atteggiamenti fintamente sensuali, con esplicito riferimento al solito Burlesque, saranno in realtà deprivate di ogni aspetto erotico, visto che le finalità della campagna, una campagna commerciale, va detto a scanso di equivoci, saranno quelle nobili della beneficienza, destinate allo stesso fondo di ricerca contro l’Aids femminile. Il fondo benefico creato nel 1994 dalla Mac Cosmetics a sostegno delle donne colpite dall’Hiv, un fondo che nel corso di sedici anni ha già raccolto oltre centocinquanta milioni di dollari, proprio grazie a questa campagna che mette insieme due personaggi tra i più estrosi e originali apparsi sulla scena musicale a stelle e strisce nelle ultime decadi, donerà oltre due milioni e mezzo di dollari per il fondo, quindi onore a Gaga e Cindy.

Le due, chiaramente, non si limiteranno a posare per la campagna promozionale, ma saranno ospiti in diversi programmi, dal Today Show al Good Morning America, esibendo doti comiche altrimenti solo sospettabili. Ma la prima apparizione pubblica delle due, anticiperà di un giorno la campagna Viva Glam, e sarà sempre in un’occasione benefica. Lady Gaga e Cindy Lauper, infatti si mostreranno fianco a fianco durante la serata di Gala per raccolta fondi, sempre per sconfiggere l’Aids, organizzata il 10 febbraio dall’Amfar, a New York.
Cindy con indosso un paio di legging acidi omaggio all’appena scomparso Alexander Mc Queen, suicidatosi in seguito alla morte della madre, Lady Gaga, invece, non mancherà ancora una volta di stupire i presenti. La sua mise, come al solito parecchio discinta, consisterà prevalentemente in lingerie bianca. E fin qui niente di nuovo, visto che è molto raro vedere Lady Gaga troppo coperta. Ma non sarà tanto il look di biancheria intima bianca a stupire, quanto, semmai, il trucco, anche questo basato su toni bianchi.
Per la precisione tutto il volto e anche il corpo sarà coperto da fondotinta bianco e tutta una serie di perle andranno a ornare i suoi lineamenti sghembi. Un buon modo di dare nell’occhio, ma del resto, lo vedremo in seguito, i look eccentrici faranno parte dell’arte di Lady Gaga tanto quanto la musica.
© Castelvecchi-Ultra per gentile concessione di Castelvecchi editore

Tratto da Michele Monina, Lady Gaga. La vita, le canzoni e i sogni di una bad girl, Castelvecchi-Ultra, pp. 155, 11,90 euro

Michele Monina (Ancona, 1969), scrittore, giornalista, critico musicale, è autore di diversi romanzi, tra cui "Furibonde giornate senza atti d'amore" (Pequod, 1999), "Aironfric" (Mondadori, 1999) e "Questa volta il fuoco" (Pequod, 2002). Ha pubblicato numerosi volumi dedicati alla musica pop, come "Laura Pausini" (Zorro, 2010), "Saghe mentali" (con Caparezza; Rizzoli, 2008), "Mondo marcio (Mondadori, 2006) e "Vasco" (Rizzoli, 2007). Il suo ultimo libro, "Tangenziali" (con Gianni Biondillo, Guanda, 2010) è ambientato a Milano, città dove vive e scrive.

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