È stata individuata all’interno delle foglie dell’angelica keiskei, una pianta da fiore molto comune in Giappone
Il team di ricerca guidato da Frank Madeo dell’università austriaca di Graz ha scoperto una nuova molecola anti-invecchiamento all’interno delle foglie dell’angelica keiskei (nota anche come Ashitaba), una pianta da fiore molto comune in Giappone e utilizzata da anni nella medicina orientale per le sue proprietà benefiche. Testandola in laboratorio, gli scienziati sono riusciti ad allungare la vita di vermi, lieviti, moscerini della frutta e cellule umane. L’importante scoperta è stata pubblicata sulle pagine della rivista scientifica Nature Communications.
La scoperta della nuova molecola
Analizzando le foglie dell’angelica keiskei, i ricercatori sono riusciti a identificare un flavonoide in grado di ridurre il declino cellulare associato all’età attivando il meccanismo noto come autofagia. Questo processo, scoperto dal biologo giapponese Yoshinori Ohsumi, consente alle cellule di rinnovarsi di continuo, degradando e riciclando i componenti citoplasmatici danneggiati. Un funzionamento errato del meccanismo di autofagia può dare origine sia a patologie piuttosto diffuse, come infiammazioni, infezioni e tumori, sia a disturbi associati all’invecchiamento, dovuti all’accumulo di molecole tossiche nella cellula.
I test in laboratorio
Testando in laboratorio il flavonoide presente nelle foglie dell’angelica keiskei, i ricercatori sono riusciti ad allungare di circa il 20% la durata della vita di vari organismi, tra cui il lievito, i vermi e i moscerini della frutta. L’utilizzo della sostanza nelle cellule umane in coltura ha consentito di ridurre il declino cellulare legato all’età. Ulteriori esperimenti hanno coinvolto dei topi affetti da ischemia miocardica prolungata: in questo caso, il trattamento con la molecola ha permesso di proteggere i tessuti del cuore. Per i ricercatori, i risultati dei test svolti in laboratorio confermano che l’autofagia svolge un’importante funzione di tutela delle cellule umane. In futuro, i dati ottenuti potrebbero contribuire all’identificazione di nuove terapie anti-aging. Saranno comunque necessari ulteriori studi per valutare l’efficacia di questa strategia nella prevenzione del declino correlato all’età negli esseri umani.