Coronavirus, messo a punto il test europeo per la diagnosi

Scienze
Immagine di archivio (Getty Images)

È stato creato in Italia, nel laboratorio di virologia dell’Università di Padova. I ricercatori si sono basati sulle nuove sequenze del virus depositate nelle banche dati internazionali 

Parla italiano il test europeo per la diagnosi del coronavirus 2019-nCoV. L’esame, che risponde alle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), è stato messo a punto in Italia, nel laboratorio di virologia dell’Università di Padova nell’ambito della rete di laboratori europei Envid (European Network for Diagnostic of “Imported” Viral Diseases), specializzata nello studio dei cosiddetti “Virus da importazione”, come quelli di febbre del Nilo occidentale e Dengue.

La realizzazione del test

Per realizzare il test, il laboratorio dell’Università di Padova ha seguito la procedura pubblicata da Christian Drosten, ricercatore dell’Istituto di Virologia dell'Università Charité di Berlino, sul sito www.eurosurveillance.org. Andrea Crisanti, il responsabile del laboratorio, spiega che il team ha utilizzato le nuove sequenze del coronavirus depositate nelle banche dati internazionali. Parlando del test, il professore spiega che è molto sensibile e si colloca tra i migliori al mondo. 

Le previsioni dei ricercatori

La domanda a cui gli scienziati di tutto il mondo stanno cercando di dare una risposta è: quante persone contagerà il coronavirus? Per provare a formulare delle ipotesi sul futuro dell’epidemia, la rivista Nature ha raccolto in un articolo i punti di vista di alcuni esperti del settore. Una delle previsioni più ottimistiche, a cui ha contribuito anche l’italiano Alessandro Vespignani, proviene dal MobsLab della Northeastern University di Boston. Secondo le stime dei ricercatori si verificheranno 39.000 contagi nella città di Wuhan e nell’area metropolitana, dove vivono circa 30 milioni di abitanti. Per contenere l’epidemia sarà però necessario introdurre le misure di controllo in grado di prevenire nuovi casi. Secondo l’epidemiologo Ben Cowling, dell’Università di Hong Kong, sarà necessario attendere ancora un po’ per valutare l’effettiva efficacia degli sforzi già in atto, come la quarantena e le mascherine facciali. Molto più pessimista lo scenario presentato dai ricercatori dell’Università di Lancaster, che prevedono 190.000 contagi nell’area di Wuhan, giustificati da un tasso di diffusione compreso tra 3,6 e 4, nettamente più alto di quanto stimato attualmente, ossia tra 1,5 e 3,5. 

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