Da Brema alla Luna: il viaggio di Argonaut

“Se non ti siedi al tavolo delle decisioni rischi di finire nel menù”. Non usa mezzi termini l’astronauta italiano Luca Parmitano per descrivere la situazione dell’Europa dello Spazio. “C’è stata un’evoluzione negli ultimi anni. Noi astronauti eravamo preoccupati e nel 2022, allo Space Summit di Tolosa, avevamo presentato un manifesto in cui chiedevamo ai nostri leader europei di guardare con attenzione a quello che stava succedendo nel mondo - spiega a Sky Tg24 Insider - la trasformazione degli attori spaziali da Agenzie di Stato, NASA, ESA, Agenzie internazionali ad attori privati". E aggiunge: "Come astronauti eravamo preoccupati, e lo siamo ancora: un attore privato ha come scopo principale il fatturato, mentre noi ci occupiamo di scienza e di tecnologia, di esplorazione e di ispirazione e non è detto che i valori di un privato coincidano con quelli europei". Già tre anni fa, spiega, lui e i suoi colleghi avevano sottolineato la necessità che l’Agenzia spaziale europea e l’Europa cominciassero a lavorare a un programma indipendente di accesso allo spazio, non per creare competizione ma per avere "una nostra capacità in più". "Con il programma Leo Cargo Return Service, che prevede di riportare a terra dopo averlo lanciato in orbita un carico pagante, l’ESA ha fatto il primo passo verso una tecnologia interamente nostra per arrivare ad avere un giorno un’astronave europea", spiega Parmitano. Ecco perché l'incontro di Brema è considerato un momento cruciale per avanzare tali istanze. "Questo è uno dei programmi che vogliamo portare all’attenzione dei Paesi contributori a Brema, assieme a un’evoluzione assolutamente innovativa che si chiama Argonaut, che applica lo stesso concetto a un’astronave di carico pagante ma sulla superficie lunare", spiega. Si tratterebbe di un mezzo pensato per portare esperimenti, acqua, cibo e poi permettere anche il trasporto dalla superficie verso il Gateway, "la stazione che costruiremo in orbita cislunare. Un programma nel quale crediamo moltissimo e che potrebbe prevedere il primo allunaggio attorno al 2030". L'entusiasmo c'è e anche la capacità: "C'è molta ambizione da parte nostra e crederci è la prima cosa - afferma Parmitano - sperando di riuscire a passare questi due messaggi di indipendenza e di innovazione ai nostri leader”. La ministeriale ESa Benvenuti alla Ministeriale dell’ESA, la riunione che ogni tre anni decide il budget dell’Agenzia spaziale europea e le missioni spaziali su cui investire. Argonaut è uno dei programmi chiave di questa due giorni. “La luna è un obiettivo che ha un valore, oltre che scientifico e tecnologico, anche strategico – spiega Luca Parmitano - Gli Artemis Accords sono un trattato per utilizzare le risorse in situ senza creare problemi tra i diversi attori internazionali. L’Europa vuole essere presente sulla superficie lunare e per poterlo fare dobbiamo innanzitutto puntare a viaggiare sin dalle prime missioni seduti con i colleghi della NASA, da co-piloti di questa architettura che è il programma Artemis, per un’esplorazione sostenibile e continuata, non puntuale, come è successo nelle missioni Apollo degli anni ‘60 e ‘70, ma qualcosa che abbia un ritorno massiccio sulla Terra", dice. "Parliamo di un’esplorazione per cercare l’acqua e le risorse distribuite nel suolo lunare, e per poterlo fare dobbiamo investire: è impensabile che l’ESA, l’Agenzia spaziale di un continente un po’ più ricco e popoloso degli Stati Uniti, abbia un budget che è meno della metà di quello americano. Dobbiamo mostrare la nostra volontà di avere accesso a delle risorse congrue per l’esplorazione spaziale". UN VASCELLO SPAZIALE DI NOME ARGONAUT Argonaut, dicevamo, rappresenta uno dei programmi dell’architettura Artemis e l’Italia gioca un ruolo fondamentale nella sua realizzazione. Per capire meglio di che si tratta partiamo dal perché di questo nome. “L’idea nasce da Argos – spiega a Sky Tg24 Insider Sara Pastor, Responsabile del gruppo dei progetti lunari dell’Agenzia Spaziale Europea– e rappresenta un vascello che vuole essere un tramite tra Apollo e Artemis. Dal Dio greco Apollo, come venne chiamato il programma delle prime missioni dirette sul nostro satellite, si passa a sua sorella Artemis, il programma che prevede di tornare sulla Luna con astronauti, ma questa volta per restarci. In questa trilogia di mitologia greca, Argos rappresenta un traghettatore, e pensando agli astronauti è diventato Argonaut, in un ideale passaggio di consegne tra le due missioni. Quali sono le caratteristiche principali di Argonaut? L’idea è quella di utilizzare la prima missione per testare le tecnologie che serviranno per il futuro e caratterizzare il landing site, la zona di atterraggio, La prima missione di Argonaut ci sarà utile per imparare, e in quest’ottica ci saranno anche i carichi utili che verranno selezionati dopo la Ministeriale. Speriamo che, sulla base dei contributi dei singoli Paesi, saremo in grado di emettere un bando per fare una gara degli appalti e poi dare il contratto ai vincitori. Si parla di mobilità sulla superficie lunare, si parla di bracci robotici che possano fare esplorazione e quindi scavare per fare ricerca scientifica, ma può essere anche un rover, con ruote o con le cosiddette spider legs, ovvero con mobilitazione tipo ragno, oppure dei droni; quindi, avremo un ventaglio di diverse tecnologie possibili. Sarà importante capire se nella prima missione possiamo anche andare a testare quelle per la sopravvivenza alla notte lunare, perché alcuni carichi che non riescono a superarla avranno la capacità di operare soltanto per 14 giorni, mentre quelli che ce la faranno, cosa che richiede molta energia e potenza, avranno un altro livello di massa. Nel suo complesso, la missione Argonaut intende essere autonoma ed europea dall’inizio alla fine, quindi con un lanciatore europeo, un lander europeo e anche un cargo, anche se possibile, europeo. Che durata avrà questa prima missione? Argonaut atterrerà sulla Luna, continuerà a trasmettere dati e comunicare con la Terra per alcuni giorni, tra cinque e dieci, dopo di che verrà passivato. Questa passivazione, oltre al lander, che quindi smetterà di funzionare, riguarderà anche il propellente residuo, per non avere problemi di eventuali esplosioni o di contaminazione della superficie, e a quel punto il lander resterà sulla superficie lunare senza alcuna funzione, un pezzo di metallo con le sue tecnologie: quei pochi carichi che possono essere sistemati nella sua pancia e gli altri istallati sulla piattaforma che si trova sopra. La loro durata, come dicevo, dipenderà dalle singole caratteristiche, Ci saranno quelli che resistono solo per una notte lunare, quindi quattordici giorni, che possono restare statici sul lander passivato oppure essere mobili, e qui si parla di carichi che riescono a superare la notte lunare e quindi continuare ad operare. Stiamo studiando varie opzioni: certi carichi possono andare avanti ad operare per cinque anni, ma ciò richiede tanta energia; quindi, nella prima missione sarà importante sviluppare la tecnologia di sopravvivenza. Stiamo lavorando per passare, come metodo per superare la notte lunare, dalle batterie a radioisotopi nucleari che consentono con pochissima massa di resistere alle basse temperature. Al di là di questi test per nuove tecnologie questo primo Argonaut è destinato dunque a diventare un pezzo di archeologia lunare? Il primo modulo è destinato a restare sulla superficie lunare, ma c’è già in essere il contratto di lander 2 e lander 3, con i rispettivi carichi, Il primo contraente del programma, che è Thales Alenia Space Torino, sta lavorando all’evoluzione del lander e nel lungo termine della nostra strategia di esplorazione lunare dovremo anche fare un salto di livello in termini di quantità di carichi portati sulla superficie del nostro satellite. Che ausilio potrà dare questo programma ai futuri astronauti destinati ad operare sulla superficie della Luna? Argonaut ha la capacità di essere una missione interamente europea che parteciperà al programma Artemis: è uno degli elementi dell’architettura della Nasa per il ritorno sulla Luna, e, come sottolineato anche dal nostro astronauta Alexander Gerst, porterà sulla superficie lunare carichi utiliti agli astronauti, come strumentazione scientifica, cibo e vestiti, cose che verranno poi decise in futuro. Matthias Maurer, altro astronauta dell’Agenzia, nella conferenza stampa di presentazione di Argonaut è stato più futurista, si è spinto avanti fino ad immaginare una sorta di camper lunare con una struttura gonfiabile, una specie di rifugio in caso di necessità, ma si tratta ancora di studi a livello molto embrionale, perché in questa prima fase dobbiamo concentraci sull’atterraggio e sulla consegna del carico utile in maniera sicura e in autonomia, o in collaborazione come parte del programma Artemis. State testando Argonaut nell’hangar lunare costruito al Centro di addestramento astronauti di Colonia per simulare le condizioni della superficie del nostro satellite? Dentro Luna c’è una riproduzione di Argonaut, ma senza interfacce specifiche. È molto più probabile che ad essere testati nella facility di Colonia saranno i singoli carichi utili, c’è una parte di simulazione della gravità del nostro satellite ma non è così vasta da contenere tutto il lander Che dimensioni ha Argonaut? Dalla base fino alla superficie dove poi andranno posizionati i carichi siamo sui quattro metri; quindi, con un carico di un paio di metri, si arriva a sei metri per quattro metri e mezzo circa di larghezza. E poi c’è il fattore peso: serviranno modifiche al razzo Ariane che lo trasporterà? L’Ariane destinato al trasporto verso la Luna è in grado di portare circa nove tonnellate e mezzo, per Argonaut noi abbiamo chiesto che il lanciatore sia in grado di trasportare dieci tonnellate, e di questo stiamo discutendo con il Direttorato dei lanciatori. Ad oggi non si parla di fare grosse modifiche strutturali all’Ariane, si parla di avere delle ottimizzazioni dei parametri di missione; quindi, nel momento in cui c’è la data di lancio, la traiettoria e la conseguente quantità di propellente, a quel punto si interviene. Stiamo parlando di una piccola modifica allo stadio superiore che permetterebbe di raggiungere la capacità di dieci tonnellate al lancio, per avere carichi utili operativi sulla luna di una tonnellata e mezza di massa. Qual è il ruolo dell’Italia in questo programma e quale la valenza dei contratti che avete siglato? Il contratto tra ESA e Thales Alenia Space Italia, primo contraente del programma Argonaut, è stato firmato a gennaio scorso ed è di 862 milioni, mentre altri contratti sono stati firmati negli ultimi mesi, ultimo quello con Nammo, che è l’azienda che fornisce il motore. Adesso abbiamo la squadra industriale al completo, i contratti sono tutti firmati, i valori sono significativi anche se non sono ancora stati resi pubblici nel dettaglio delle cifre, e sono stati siglati da Thales Alenia Space Italia con le singole aziende che partecipano al programma e che provengono da diversi Paesi europei. Quali sono le sue aspettative per questa Ministeriale? La richiesta per la prima missione di Argonaut con il suo carico è di seicento milioni, e stiamo parlando del budget per il periodo di attività 2026-2028, a cui seguirà un’ulteriore richiesta alla successiva Ministeriale, perché la cifra non è comunque sufficiente a coprire l’intera missione, ma è quello che ci serve per andare avanti e arrivare al lancio nel 2030. In conferenza stampa Daniel Neuenschwander, Direttore di Esplorazione Umana e Robotica dell’ESA, ha ripetuto che La Luna è nel DNA degli europei ma che bisogna essere veloci e credibili. Perché? La Luna è nel nostro DNA perché è l’elemento più vicino alla Terra che non abbiamo ancora indagato e quello che diceva il Direttore, che è come aver esplorato per pochi giorni una piccolissima parte del nostro satellite naturale è vero, possiamo dire che ci siamo arrivati ma non che l’abbiamo studiata, ma è altrettanto indubbio che la Luna sia del DNA di tutta l’umanità. Come europei dobbiamo essere veloci perché abbiamo un gap, e, anche se non siamo in competizione con l’America e la Cina, vogliamo arrivare in autonomia sulla Luna per esplorare e testare le nostre tecnologie, e la maggior parte delle tecnologie che testiamo nello spazio poi hanno un utilizzo sulla Terra. la Luna ha un potenziale di conoscenze pazzesco, a partire dai crateri e dagli impatti con i meteoriti. L’idea è di raccogliere tutte queste informazioni, dimostrandoci rapidi ma anche affidabili, perché dobbiamo riuscire ad atterrare sulla Luna, mentre se arriviamo tardi e non abbiamo colmato il gap tecnologico per farlo bene il nostro ritardo aumenterà. Invece, se alluniamo e lo facciamo in sicurezza diventiamo credibili anche per i partner internazionali. In orbita bassa abbiamo un’enorme credibilità, perché abbiamo lavorato tanto e bene sulla Stazione spaziale internazionale, che oggi a bordo ha tantissime tecnologie sviluppate in Europa; una credibilità che sulla luna ci stiamo ancora costruendo.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Da Brema alla Luna: il viaggio di Argonaut

Marta Meli