Astronauta in mare! L'addestramento nel Baltico

"Like in a real situation, stay together! La voce dell'istruttore arriva stentorea dal molo: come in una situazione reale, state assieme!". Gli otto astronauti sono in acqua, si sono appena tuffati dalla scialuppa di salvataggio e ora nuotano faticosamente in fila indiana, attaccati l’uno all’altro, formando una catena umana di tute rosse che si dirigono verso la pilotina. Al porto di Rostock sono le tre del pomeriggio, fanno 25 gradi e il caldo non aiuta. La schiera di giornalisti e operatori ammassati a prua del battello, intenta a riprendere la scena assieme a un paio di droni in volo, neanche. Siamo sul Mar Baltico, in una baia a un paio d'ore di macchina da Amburgo. Sky tg24 Insider vi racconta in esclusiva per l'Italia una giornata di scuola di sopravvivenza in mare della classe di riserve del corpo astronauti dell'Agenzia Spaziale Europea. Tra loro due italiani, Anthea Comellini e Andrea Patassa, selezionati alla fine del 2022 e ora impegnati nella seconda fase del loro addestramento, realizzato con il supporto dell'Agenzia Spaziale italiana. Lo scorso inverno erano stati lasciati una settimana a cavarsela nella neve sui Pirenei, ora devono simulare una situazione di emergenza in acqua: la capsula che li riporta sulla Terra dopo la missione nello spazio ha effettuato un ammaraggio lontano dall'area prestabilita e l'equipaggio deve attendere l’arrivo dei soccorsi. "Effettueremo un corso di sopravvivenza in mare per acquisire nozioni di base – ci spiega Anthea – ad esempio come aprire una scialuppa di salvataggio, come utilizzare gli equipaggiamenti che troviamo al suo interno e come segnalare la nostra presenza. Questa esercitazione ha molteplici scopi, a partire dalla formazione dell’astronauta per quella che sarà la sua vita operativa, perché nel momento del rientro dallo spazio alcuni tipi di capsula potrebbero deviare leggermente dalla loro traiettoria nominale quindi ammarare in un luogo dove non sono presenti i soccorsi. In questo caso gli astronauti devono avere i riflessi base per mettersi in sicurezza in attesa che arrivino. C’è poi una componente non meno importante di team building, ovvero sviluppare delle competenze per riuscire creare uno spirito di gruppo. Abbiamo iniziato la giornata con una serie di corsi teorici sui comportamenti da tenere in attesa di cimentarci nella prova pratica”. Qual è la tua aspettativa rispetto a questa esercitazione? “Spero di imparare cose nuove, io personalmente amo molto stare in acqua, ho anche fatto un corso di bagnina quand’ero più piccola ma si trattava sempre di acque chiuse; imparare ad affrontare un’esperienza in mare aperto è una cosa molto interessante per me. Sono felice di cimentarmi in un corso pratico oltre alle lezioni che affrontiamo in classe e di passare una giornata all’aria aperta con il resto della squadra. Anche grazie al bel tempo, siamo tutti molto carichi e ottimisti”. “Ci troviamo nella seconda fase di questo training del gruppo delle riserve – aggiunge Andrea Patassa - che si svolge principalmente a Colonia, presso il Centro addestramento per astronauti, e in questa sessione, oltre alle lezioni teoriche, svolgiamo anche attività pratiche, come voli parabolici, addestramento in piscina ed esercitazioni come quella che andremo a fare oggi. La prova in acqua prevede varie fasi, incentrate sul rimanere a galla in buona salute e riuscire a prendersi cura di qualcuno dell’equipaggio che invece si trova in difficoltà, quindi riportarlo a bordo della scialuppa di salvataggio dopo averla dispiegata, utilizzando tutte le conoscenze di base che servono per sopravvivere in mezzo al mare per ore, o giorni”. Verrete valutati? Questo training serve per darci le conoscenze di base e portare tutti allo stesso livello, perché proveniamo da background diversi; assunte queste nozioni, una volta che verremo assegnati a una missione affronteremo il training specifico per la capsula che utilizzeremo per lo spazio e li si avrà una valutazione più specifica. Qual è la tua aspettativa? Difficile descrivere tutte le sensazioni che vivo in questo momento Ci troviamo in un ambiente non convenzionale a fare qualcosa di sfidante e a farlo tutti assieme come una classe: sono sicuramente molto eccitato all’idea di provare qualcosa del genere. C’è qualcosa che ti preoccupa? Non c’è nulla che mi spaventa, ci viene fornita una base molto solida e io ho già esperienza avendo fatto corsi di sopravvivenza simili con l’Aeronautica Militare, ma c’è l’adrenalina di fare qualcosa di più pratico, più attivo del seguire lezioni, per quanto interessanti, dietro a un banco. Come sarete equipaggiati? Avremo un equipaggiamento piuttosto standard, quello che si trova normalmente su navi e scialuppe di salvataggio, per riuscire ad acquisire le nozioni di base e poi adattarle alla futura capsula e missione spaziale alla quale verremo assegnati. Mentre gli astronauti si preparano ad affrontare la loro prova di tre ore in mare, e i giornalisti a salpare a bordo del battello che seguirà da vicino le operazioni, incrociamo Katherina Baum, rappresentante della società tedesca Industrial Safety Company, che da una decina d'anni collabora con l'agenzia spaziale europea nell'addestramento degli astronauti destinati alle missioni spaziali. “Il nostro ruolo è essere parte della squadra – ci spiega - questo è il terzo training di astronauti che organizziamo, collaboriamo con l’Agenzia Spaziale Europea da circa dieci anni. Durante questa esercitazione li prepariamo a un atterraggio in mare: qui imparano ad aprire una scialuppa di salvataggio e a prendersi cura gli uni degli altri utilizzando l’equipaggiamento di emergenza che hanno a disposizione. A bordo trovano acqua, un po’ di cibo, uno specchio per catturare la luce e rifletterla per segnalare la propria presenza, remi per usare la scialuppa come una barca. Inoltre, imparano come nuotare assieme, uniti e tutti in una fila, così da non perdersi se finiscono in mare. Per noi lavorare con gli astronauti non rappresenta una sfida, ma un normale training come quelli che organizziamo tutte le settimane per altre organizzazioni internazionali. Abbiamo incontrato ieri gli astronauti, abbiamo spiegato loro i fondamentali e poi abbiamo cenato tutti assieme per conoscerci. La filosofia della nostra compagnia resta sempre la stessa: la cosa più importante per noi è prepararli per affrontare ogni emergenza, così che un domani siano più al sicuro possibile. Dopo la prova in mare, indosseranno delle tute ignifughe e dovranno reagire a un’emergenza in uno spazio confinato: chiusi dentro un container molto rumoroso e invaso dal fumo impareranno a restare calmi e gestire lo scoppio di un incendio”. L'hangar da cui si parte è affacciato sul Mar Baltico, solcato dalle vele delle numerose barche che hanno approfittato della bella giornata. Sullo sfondo, la cittadina di Rostock, storico porto della regione. Ci siamo arrivati in macchina attraversando una regione dove le pale eoliche e i campi di pannelli solari si mescolano al gotico Baltico di chiese e palazzi. Il battello che ci porta verso i luoghi dell'esercitazioni sembra un po' da pirati, e l'arrembaggio di cronisti e operatori si sposta freneticamente da un lato all’altro della poppa o della prua a seconda degli eventi in mare. Per capire che succede, all'imbarco abbiamo ricevuto una lista delle operazioni con relative tempistiche: PRIMI 10 MINUTI: i partecipanti all’esercitazione vengono equipaggiati con un’imbracatura di sicurezza e un giubbotto di salvataggio; SUCCESSIVI 25 MINUTI: esercitazione di evacuazione con discesa in corda doppia dalla torre alla barca vicino alla struttura per l'approdo delle imbarcazioni. A SEGUIRE: trasferimento in barca nel bacino a nord. Qui i partecipanti vengono fatto sbarcare ed equipaggiati per l'addestramento alla sopravvivenza in mare. Quando, dopo circa un’ora dall’inizio delle operazioni, viene gettato in acqua un piccolo container bianco che poco dopo esplode, e come un fiore rosso che sboccia si trasforma in una scialuppa di salvataggio, l'atmosfera a bordo si surriscalda, più delle bottigliette d'acqua lasciate incautamente al sole sul ponte del battello per la truppa. L'Agenzia Spaziale europea ha aperto per la prima volta queste delicate fasi dell'addestramento ai media, e ognuno di noi sta cercando di riconoscere il suo o la sua astronauta in mezzo al mare. Noi ne abbiamo addirittura due: quando poco prima abbiamo visto Andrea calarsi da una torre sul molo appeso a un cavo dentro la pilotina c'è venuto di fare il tifo, e quando scorgiamo Anthea con addosso un’ingombrante muta rossa di neoprene intenta a sparare un razzo di segnalazione vorremmo gridarle: brava! A questo punto l’esercitazione prevede la perdita di un membro dell’equipaggio, con i partecipanti che devono andare a recuperarlo con la scialuppa di salvataggio e poi prestargli le prime cure eseguendo manovre di pronto soccorso. Sembra un po’ il copione di un film di fantascienza, e mentre aspettiamo il gran finale, esausti come se l’esercitazione l’avessimo svolta noi, il battello ci riporta a riva per darci il modo di seguire dal vivo lo sbarco sul molo dei nostri otto eroi della giornata. Quando sfilano davanti ai nostri occhi lungo il pontile, , alcuni con le tute ancora addosso, altri con la pesante attrezzatura in spalla, ci sorridono. Evitiamo di gridare domande, ma i loro occhi stanchi brillano di una luce nuova. Il tempo di una doccia e sono pronti per raccontarci com’è andata. È stata una giornata sfidante – il primo commento di Anthea - eravamo all’interno di queste tute che dovevano rimanere asciutte, con dei guanti che non avevano tutte le dita ma una sorta di manopola, in più avevamo questo giubbotto di salvataggio molto ingombrante e quindi anche i gesti più semplici diventavano complicati, Ad esempio io mi sono trovata dalla scialuppa a lanciare un razzo segnalatore e con queste manopole non è stato così facile! Ma la vera sfida è stata riuscire a trovare una buona interazione di gruppo, noi ci conosciamo molto bene, ma non ci troviamo spesso a fare attività pratiche tutti assieme e questa è stata un’occasione per mettere dell’olio in questa dinamica. Ad esempio, ci siamo trovati in una situazione in cui dovevamo muoverci in acqua uno accanto all’altro e c’è stata una curva di apprendimento in cui abbiamo capito qual era il modo più efficiente per farlo tutti assieme”. C’è qualcosa che rispetto alla teoria è stato diverso da come te lo aspettavi? Queste attività sono molto utili per noi perché ci fanno uscire dai banchi di scuola dove apprendiamo la maggior parte delle competenze per diventare un giorno astronauti: avere queste occasioni è importantissimo per capire come funzioniamo in gruppo e quali sono le forze e le debolezze di ognuno di noi, e su chi fare affidamento in una certa situazione piuttosto che in un’altra. “La giornata è andata molto bene - aggiunge Andrea - abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi, ovvero acquisire delle competenze utili per sopravvivere in un ambiente difficile e ostile come il mare aperto. Non ci siamo mai sentiti persi, c’è stata una preparazione a questa giornata. Le attività preliminari ci avevano già portato su un buon livello, poi sicuramente abbiamo fatto degli errori ma abbiamo migliorato strada facendo”. Lo spirito di squadra doveva guidare questa prova di sopravvivenza, come ti sei trovato? Benissimo, come gruppo di riserve siamo già molto legati e queste attività ci uniscono ancora di più e secondo me è la cosa più importante, perché in una missione spaziale si passano settimane, mesi in uno spazio confinato e riuscire a lavorare bene insieme e andare d’accordo è fondamentale. Come ti sei trovato con la tuta? È stata una sfida, era comunque molto ingombrante, i guanti non avevano tutte le dita ed era difficile manovrare gli oggetti e utilizzare l’equipaggiamento di sopravvivenza: se c’è stata una cosa che ci ha messo in difficoltà è stata proprio la tuta! Se ne vanno assieme, Anthea Comellini e Andrea Patassa, sorridenti e soddisfatti rientrano nell’hangar da cui poche ora fa sono usciti per la prima delle due prove di sopravvivenza che sfidano gli elementi. Oggi è stata la volta dell’acqua, domani sarà quella del fuoco. Prima di lasciarci ci mostrano orgogliosi la nuova patch che l’ESA ha ideato per le riserve del corpo astronauti, quella che verrà cucita sulle loro tute. Il Centro di addestramento astronauti di Colonia è il cuore dell’Europa, da cui si irradiano dei raggi che raggiungono la Stazione spaziale internazionale, ma anche altre stazioni: il futuro di Anthea, Andrea e dei loro compagni di classe guarda verso l’orbita bassa e non solo. Verso l’infinito e oltre!, come direbbe Buzz Lightyear.

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Marta Meli