Science, Please: quando l’antibiotico non basta più

Scienze
Roberto Palladino

Roberto Palladino

Da qui al 2050, 10 milioni di persone rischieranno di morire ogni anno per l’antibiotico resistenza. La previsione della Banca Mondiale risale ormai a diversi anni fa: quali sono le contromisure che sono state prese e cosa si può ancora fare per evitare che questo numero diventi realtà? Ne parla a Science, Please - il podcast di scienza e medicina di Sky TG24 - il Prof. Raffaele Bruno, ordinario di malattie infettive dell'Università di Pavia 

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Ogni 30 secondi una persona muore e un'infezione su cinque, nei paesi dell'Unione Europea, é  causata da agenti microbici resistenti. I numeri sono stati diffusi da Sandra Gallina, direttore generale Salute e Sicurezza alimentare della Commissione Ue. In Italia la situazione non va meglio, anzi. Ogni anno nel nostro Paese si registano 11mila morti, secondo i dati dell'Istituto Superiore di Sanità, numeri che preoccupano molto chi lavora nel settore medico e sanitario. "Il meccanismo della resistenza antibiotica è complesso, dovuto non solo all'uso improprio dei farmaci. Il problema deve essere inquadrato in un'ottica di one health, un approccio unico che riguarda anche le piante e gli animali" spiega a Science, Please il Prof. Bruno che ricorda come l'assunzione di questi farmaci debba avvenire sempre sotto controllo medico, visto che ogni terapia antibiotica distrugge oltre ai batteri "cattivi" anche il micriobiota, fondamentale per la nostra salute e le nostre difese immunitarie.

 

 

Raffaele Bruno
Raffaele Bruno, copyright: Università di Pavia

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Ma che cos'è l'anbiotico-resistenza? "E' quel fenonomeno per cui un farmaco smette di avere effetto nel distruggere o limitare un microrganismo" spiega il Prof. Bruno. "Il problema è che delle volte i microganismi trasmettono l'informazione tra di loro e così un'intera famiglia diventa resistente. Il problema è grave" - aggiunge - e l'Italia è una delle nazioni Europee col peggiore tasso di antibiotico-resistenza". Ma cosa si può fare nel concreto per ridurre le infezioni? La risposta è complessa anche in questo caso e tocca sia l'industria sanitaria che la politica e infine anche noi con i nostri comportamenti quotidiani. "Il capostipite di tutto è l'igiene delle mani" - prosegue il Prof. Bruno -. "Poi si può fare con programmi che prevedono un uso più consapevole degli antibiotici e protocolli che attualmente sono in atto in ogni ospedale con l'obiettivo di usare il migliore antibiotico per il paziente giusto e nel tempo giusto. Infine c'è un tema dell'industria farmaceutica: le grandi multinazionali fanno moltissima ricerca, ma non si stanno dedicando più abbastanza agli antibiotici, spero che questo processo si riesca ad invertire".

 

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