La circolazione atlantica non rallenta: merito dell’oceano Indiano

Scienze
Immagine di archivio (Getty Images)

Secondo un nuovo studio, la corrente che porta le acque calde dei tropici verso Nord, preziosa per il clima globale, sarebbe mantenuta viva da una serie di effetti a catena provocati dal riscaldamento dell’oceano Indiano 

Il sospetto rallentamento della circolazione atlantica, in grado di influenzare il clima globale, è stato recentemente oggetto di diversi studi che hanno cercato di indagare il fenomeno. Tuttavia, una nuova ricerca suggerisce che il ritmo della corrente potrebbe essere in realtà invariato, per merito dell’inaspettato aiuto dell’oceano Indiano. Il nuovo scenario viene descritto all’interno di uno studio realizzato dall’Università della California di San Diego e dall’Università di Yale pubblicato sulla rivista Nature Climate Change. A sostenere l’Atlantic Meridional Overturning Circulation (Amoc) sarebbero una serie di effetti a catena provocati dalle acque più calde dell’oceano Indiano, una delle principali conseguenze del riscaldamento globale.

Dall’oceano Indiano all’Atlantico: il circolo che sostiene l’Amoc

I dati relativi agli ultimi 15 anni hanno provocato preoccupazione tra gli scienziati per un possibile rallentamento dell’Amoc, che trasporta le acque dei tropici verso il Nord Atlantico, una circolazione che sortisce effetti sul clima globale. Gli scienziati non sono però riusciti a stabilire se la sospetta frenata della corrente sia un’anomalia momentanea o uno dei risultati del riscaldamento globale. Proprio le possibili conseguenze di questo fenomeno sono state analizzate nell’ultimo lavoro coordinato da Alexey Fedorov e Shineng Hu, che basandosi su osservazioni e su modelli informatici hanno evidenziato una serie di effetti a cascata. Secondo i ricercatori, il riscaldamento dell’oceano Indiano porterebbe a un aumento delle precipitazioni, attirando più aria da diverse parti del mondo e riducendo allo stesso tempo le piogge sull’oceano Atlantico. Le acque di quest'ultimo tenderebbero quindi a una maggiore salinità e, spinte verso Nord dall’Amoc, si raffredderebbero più velocemente del solito.

Corrente atlantica, stabilità da non sottovalutare

Secondo Fedorov questa catena “potrebbe funzionare come una sorta di avviamento per l’Amoc, intensificando la circolazione, ma non sappiamo quanto questo riscaldamento dell’oceano Indiano continuerà”. Il ricercatore spiega infatti che se anche altri oceani, come il Pacifico, dovessero riscaldarsi, il vantaggio per la circolazione atlantica verrebbe meno. Per gli autori la stabilità dell’Amoc “non dovrebbe essere ignorata”, vista l’importanza per l’equilibrio climatico. “L’ultima volta che la corrente si è indebolita è stato 15-17.000 anni fa, con conseguenze su tutto il pianeta”. Tra i possibili effetti legati al rallentamento dell’Amoc potrebbero esserci inverni più rigidi in Europa e un clima più secco nel Sahel, in Africa.

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