Squalo bianco: resistenza al cancro e guarigioni lampo scritte nel Dna

Scienze
Immagine di archivio (Getty Images)

La prima mappa del genoma del predatore rivela un Dna molto stabile, che ne spiega la longevità e la capacità di contrastare l’insorgere di tumori: servirà a proteggerlo dall'estinzione 

Lo squalo bianco è fatto per riprendersi in fretta dalle ferite e molto difficilmente può ammalarsi di cancro. Lo rivelano le informazioni raccolte nella prima mappa del Dna del temuto animale, frutto della collaborazione tra Cornell University, Nova Southestearn University e l’Aquario della Baia di Monterrey che nasce nel tentativo di svelare i segreti dello squalo bianco e proteggerlo dal rischio di estinzione. Dai risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science, emerge che il Dna del grande predatore sarebbe molto stabile e fino a una volta e mezza più ampio di quello dell’uomo.

I segreti dello squalo bianco nel Dna stabile

Una delle caratteristiche più sorprendenti notate dai ricercatori riguarda proprio la stabilità del Dna dello squalo bianco: questi animali possederebbero infatti numerosi geni che garantiscono un efficiente meccanismo di riparazione volto a contrastare i danni subiti dal Dna di una specie, preservando di conseguenza l’integrità dell’intero genoma. Si tratta di una peculiarità piuttosto notevole, poiché il fenomeno opposto, ovvero l’instabilità genetica, è associata nell’uomo a diversi tipi di cancro e a malattie legate all’avanzare dell’età. Secondo Mahmood Shivji, tra i coordinatori della ricerca, questo particolare aspetto potrebbe inoltre spiegare perché “lo squalo bianco è uno dei predatori più longevi”.

I geni che aiutano la guarigione delle ferite

Oltre a fare luce sulle ragioni che hanno portato lo squalo bianco a vivere circa 500 milioni di anni, le informazioni genetiche del predatore rivelerebbero anche una stupefacente abilità nel riparare velocemente le ferite, dovuta tra le altre cose a un “gene cruciale per il coagulo del sangue”, secondo il coautore Michael Stanhope. Tuttavia, i ricercatori avrebbero esplorato soltanto “la punta dell’iceberg” dei segreti contenuti nel Dna dello squalo bianco, che potrebbero suscitare interessanti paragoni anche con l’uomo, magari fornendo informazioni preziose su nuovi modi per combattere tumori o malattie associate all’età. Normalmente, infatti, un corpo più grande, a causa del maggiore numero di cellule, dovrebbe tradursi in una più alta possibilità di ammalarsi di cancro. Nel caso del predatore, però, “la natura ha sviluppato strategie astute per mantenere la stabilità del genoma”, spiega Shivji.

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