Scoperto il fossile di un raro squalo nella campagna senese
ScienzeUn'équipe di geologi e paleontologi dell'Università di Pisa ha rinvenuto per la prima volta in Italia dei resti di Lamna nasus, meglio noto come smeriglio. Il ritrovamento fornisce nuovi importanti dettagli sull'evoluzione climatica del Mediterraneo
Un tassello, anzi un fossile, in più. Nuovi passi avanti nella comprensione dell'evoluzione climatica del mar Mediterraneo sono stati compiuti grazie al lavoro di un'equipe di geologi e paleontologi che ha rinvenuto i resti fossili di uno squalo Lamna nasus nel senese.
La ricerca dell'Università di Pisa
La scoperta è stata realizzata a Castelnuovo Berardenga, sulle colline di Siena. Si tratta del primo esemplare di Lamna nasus, meglio noto come smeriglio o vitello di mare, mai trovato sul territorio italiano e nell'intera regione mediterranea. Per questo la scoperta dei ricercatori del dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Pisa e del Gruppo Avis Mineralogia Paleontologia Scandicci (Gamps) risulta particolarmente significativa. La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Neues Jahrbuch fur Geologie und Palaontologie, fornisce infatti nuovi importanti indizi sull'evoluzione climatica del Mediterraneo.
Le caratteristiche del Lamna nasus
Secondo gli autori dello studio, il fossile di squalo Lamna ritrovato nel senese e risalente al tardo Pliocene (da circa 5,3 a circa 2,6 milioni di anni fa) potrebbe testimoniare una delle prime fasi di raffreddamento del Mediterraneo, che solo poche centinaia di migliaia di anni prima era popolato da molte specie tropicali simili a quelle che oggi abitano le acque Indo-Pacifiche. Come spiega Alberto Collareta dell'Università di Pisa, "lo smeriglio, un predatore veloce e vorace strettamente imparentato con il più famoso squalo bianco, è oggi molto raro nelle acque del Mar Mediterraneo, e come fossile è principalmente noto da pochi reperti rinvenuti in Belgio e nei Paesi Bassi". Insomma, molto lontano dalla provincia senese.
L'evoluzione climatica
La scoperta racconta però qualcosa in più sulla storia evolutiva delle acque del mare che separa Europa e Africa. Il rafforzamento della glaciazione artica avvenuto circa tre milioni di anni fa avrebbe mutato sensibilmente le acque toscane inducendo sia la scomparsa di specie tropicali sia l'arrivo di altre tipiche di ambienti temperati e freddi, come lo smeriglio, attraverso lo stretto di Gibilterra. "Durante il Pliocene, buona parte del territorio toscano era sommerso da un mare popolato da una grande varietà di organismi", spiegano Simone Casati e Andrea Di Cencio del Gamps. E "le centinaia di denti fossili di squali esotici rinvenuti negli anni a Castelnuovo Berardenga indicano che l'attuale campagna senese era un ambiente di mare profondo, il cui fondale era caratterizzato da acque fredde, come quelle degli strati più profondi dei moderni oceani".
Il ritorno dei pesci tropicali
Da allora, i profondi mutamenti geologici e climatici intercorsi hanno rimodellato il territorio, rendendolo una "miniera a cielo aperto" ricca di indizi che, se debitamente interpretati, possono svelare le origini dell'ambiente attuale. "Il riscaldamento globale a cui assistiamo oggi e, più in generale, una pressione antropica solo in parte sostenibile stanno contribuendo a invertire nuovamente la rotta", conclude Alberto Collareta. "Pesci tropicali provenienti dall'Oceano Indiano sono sempre più frequentemente pescati nel Mediterraneo, mentre molte popolazioni caratteristiche di questo bacino sono in forte sofferenza". Corsi e ricorsi della storia. E della natura.