Le microplastiche? Si concentrano nel cervello

Quello delle microplastiche, fino a poco tempo fa, sembrava un problema che affliggeva gli oceani e la vita marina. Per quanto sembrasse allarmante, si trattava di una narrazione edulcorata rispetto alla realtà della situazione. Ogni nuovo studio che indaga la presenza di microplastiche nel pianeta ne trova quantità significative in ogni dove. Non solo nelle isole di plastica in mezzo al mare, ma anche nelle acque dolci, in cima all’Everest e in atmosfera. E anche nel corpo umano. Le mangiamo, e non solo nel pesce, le beviamo e le respiriamo. L’ultima ricerca, appena pubblicata su Nature Medicine, ci informa che le microplastiche che entrano nell’organismo umano si sedimentano preferibilmente nel cervello. Sinapsi al polietilene Questi minuscoli frammenti di plastica, misurabili in microgrammi , sono stati l’oggetto dell’indagine di un team di ricercatori dell’Università di Scienze della Salute di Albuquerque, in New Mexico. Sono stati analizzati alcuni organi interni di donatori recentemente deceduti - nel 2024 - e le microplastiche erano presenti in tutti gli organi di tutti i donatori. Ma le concentrazioni riscontrate variano molto tra soggetti e soprattutto tra organi. Il cervello è il deposito principale delle microplastiche. In media ne sono state trovate quasi 5mila microgrammi ogni grammo di tessuto. In fegato e reni, invece, la concentrazione è minore, circa 400 microgrammi per grammo di tessuto. Quanto al tipo di plastica rilevato, nessuna sorpresa: nel 75 per cento dei casi si tratta di polietilene, una resina termoplastica in circolazione dall’inizio del XX secolo, usata per i sacchetti di plastica, gli imballaggi e i flaconcini, che è anche la più diffusa tra le materie plastiche. Concentrazioni in aumento La stessa analisi è stata poi condotta su campioni appartenenti a persone decedute nel 2016, e anche in questo caso è nel cervello che sono state trovate più parti di microplastiche. Il dato più rilevante di questa seconda analisi, però, è che i campioni del 2016 contenevano meno plastica di quelli del 2024. E nel caso del cervello l’aumento è stato di circa il 50 per cento, e nel caso del fegato del 300 per cento. Un controllo su campioni deceduti tra il 1997 e il 2013, ma solo campioni di tessuto cerebrale in questo caso, hanno confermato la crescita nel tempo delle concentrazioni di microplastiche. Effetti collaterali Non si conoscono le conseguenze che tali oggetti estranei e inorganici hanno all’interno del corpo umano. O meglio, se ne sa ancora molto poco. Si sa però che non sono confinate solo nei tessuti degli organi. Precedenti ricerche l’hanno trovato nel latte materno, nel sangue, nel midollo osseo, nello sperma e nella placenta. Al momento, altri studi hanno trovato correlazioni tra la loro presenza nel sangue e una più alta probabilità di infarti e ictus. Ma erano studi condotti su cavie da laboratorio, piccoli roditori dai capillari molto più piccoli di quelli umani. Altissime concentrazioni sono state riscontrate nel cervello di chi soffriva di demenza, anche se secondo i ricercatori è la demenza a rendere più recettivo il cervello alle microplastiche e non queste ultime a provocare i danni cerebrali. Nello studio sulle placente, si è riscontrata un’alta concentrazione nei casi di parti prematuri. Niente di conclusivo, allo stato dell’arte. Ma sempre più indizi e sempre più testimonianze dei nuovi minuscoli ospiti con cui ci stiamo abituando a convivere.

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