A Milano il primo centro in Italia che cura la dipendenza da "chemsex"

Il termine chemsex nasce dalla fusione tra le parole chems, sostanze chimiche, e sex, sesso. Negli ultimi dieci anni viene usato per indicare una dipendenza, partita nelle grandi metropoli, New York e Londra che, dopo la pandemia, è arrivata a Milano e a Roma. Il chemsex è l’uso di sostanze sintetiche prima, durante e dopo i rapporti sessuali che arrivano a durare anche 72 ore. Lo scopo in una prima fase è migliorare, prolungare e disinibire il piacere sessuale, ma poi diventa una dipendenza. Inizialmente le sostanze utilizzate erano tre: GHB, catinoni e metanfetamina. Ora sono molte di più e cambiano in base a fattori geografici e rotte dello spaccio, ma anche in base alle mode e agli ambienti. Il chemsex è per ora una dipendenza del ceto medio alto in Italia ma gli esperti prevedono una diffusione molto ampia nei prossimi anni. A Milano, nell’ospedale San Raffaele, è stato creato un servizio ambulatoriale dedicato per affrontare i problemi associati a questa dipendenza con un approccio multidisciplinare. A prendersi in carico i pazienti, ci sono psichiatri, psicologi, infettivologi e educatori tutti specializzati nel trattamento dalla dipendenza da queste sostanze specifiche. Alberto Ricceri, psicologo e psicoterapeuta, coordina questo progetto nato da poco. Come avete avuto la percezione che ci fosse la necessità di un ambulatorio dedicato alla dipendenza da Chemsex? Durante la pandemia, il numero di persone che si sono rivolte al pronto soccorso del nostro ospedale a causa di allucinazioni e psicosi da sostanze è aumentato esponenzialmente. I numeri erano impressionanti e le sostanze erano diverse da quelle a cui eravamo abituati. Molti di questi pazienti si erano già rivolti a centri specifici ma purtroppo queste sostanze erano poco studiate e poco conosciute. Quando ci si occupa di dipendenze, la cosa più importante è conoscere le sostanze da cui si crea la dipendenza. Ma non solo, bisogna conoscere anche quei contesti sociali e le fragilità interne della persona, che portano all’abuso. Abbiamo iniziato a studiare, prima, le nuove sostanze, poi a cercare di capire i contesti in cui venivano utilizzate. Bisognava avere ben chiaro quali fossero gli effetti secondari e capire come contrastarli subito sia dal punto di vista farmacologico che da quello psicologico. Per farvi capire meglio: alcune sostanze non vengono neanche rilevate dai controlli standard tossicologici. Davanti a cosa vi siete trovati quando avete iniziato ad approcciare a questo fenomeno? Abbiamo iniziato ad organizzarci in team, creando una unità specializzata che partendo dalla scarsa letteratura scientifica a riguardo, ha costruito uno strumento terapeutico che possa rispondere in maniera adeguata al problema osservandolo e trattandolo in tutte le sue caratteristiche. Dopo la pandemia c’era un paziente circa al mese che si rivolgeva al pronto soccorso per questa dipendenza, oggi ne arrivano circa tre ogni settimana. Abbiamo osservato un aumento esponenziale con il passare del tempo. In che condizioni arriva in ospedale chi abusa di queste sostanze? Arrivano tutti con una forte attivazione, sono agitati, in pieno stato confusionale, con allucinazioni sonore e visive. Molti sviluppano pensieri paranoidei e sintomi ansiosi-depressivi. La maggior parte di queste persone arriva dopo un grande utilizzo di queste sostanze, che significa grandi quantità consumate nell’arco di pochi giorni. Si tratta prevalentemente di uomini ma ormai non esiste più un identikit precisa. Arrivano persone di varie età e di diversi ceti sociali. Ormai questo è un problema trasversale, sempre più diffuso e ancora poco conosciuto. Per questa ragione è importante parlarne. Che sostanze vengono assunte e che effetti danno a lungo termine? Le sostanze sono il GHB e GBL, si tratta di liquidi conosciuti come droghe dello stupro, catinoni, cocaina, metanfetamina, mefedrone, ketamina che è un anestetico per cavalli. L’MDPV arriva dall’Olanda e cambia costantemente la composizione, è molto diffuso a Milano e in tutto il nord Italia. La “basata”, invece, una cocaina fumata in una bottiglia di plastica con una cannuccia con ammoniaca bruciata, è più diffusa a Roma. Mefedrone e Cristal provocano entrambi iperstimolazione dei centri del cervello che controllano il piacere. L’uso di queste sostanze cambia in base a fattori geografici e rotte dello spaccio, ma anche in base alle mode e agli ambienti. Spesso vengono consumate insieme, inizialmente in contesti di “sex party” che vanno avanti per giorni. Apparentemente si potrebbe pensare che ci si avvicini a queste sostanze per disinibirsi e per avere prestazioni sessuali più appaganti, ma non è così. È proprio il contrario, è il sesso che viene utilizzato per amplificare gli effetti delle sostanze stupefacenti. È una dipendenza a tutti gli effetti. I primi sintomi di intossicazione arrivano molto presto. La prima cosa che accade è che il consumatore entra in uno stato psicologico paranoide, i pensieri sono sempre più negativi, persecutori e deliranti. L’effetto è sempre soggettivo ma con il passare del tempo il consumo porta a effetti sempre più gravi. Quello che appare evidente è un forte dimagrimento, problemi al fegato e quindi effetti importanti sulla pelle. Quale è il primo intervento che viene fatto su questi pazienti? Subito va intrapreso un percorso di disintossicazione. Sono necessarie alcune settimane in cui viene ripulito completamente l’intero organismo. A seconda del paziente vengono utilizzati farmaci e spesso è necessario un ricovero per trovare una terapia farmacologica che sia stabile e duratura nel tempo. Dopo il ricovero questi pazienti vengono seguiti in day hospital. Gli incontri con gli psicoterapeuti sono settimanali. Con l’aiuto degli educatori specializzati apprendono tecniche per la gestione dei sintomi da astinenza ma anche strategie comportamentali per rimanere aderenti al percorso di cura. Il tutto viene seguito dagli psichiatri che modulano nel tempo i farmaci. Molto importante è anche l’intervento degli specialisti di malattie infettive, perché purtroppo queste dipendenze portano a contrarre malattie sessualmente trasmissibili che vengono trascurate. Ci racconta una storia di dipendenza che avete seguito? Un ragazzo è arrivato in pronto soccorso con sintomi deliranti. Non mangiava da giorni. Era completamente disconnesso dalla realtà. Sono stati i vicini a chiamare l’ambulanza quando si sono resi conto delle condizioni dell’appartamento. Hanno trovato la porta distrutta e i fili dell’elettricità staccati. Parliamo di un professionista di 30 anni circa. Era in casa da quattro giorni con un gruppo di persone che entrava e usciva. Mario era in uno stato igienico e fisico davvero precario. Per calmarlo è stato necessario l’intervento dei medici. In pronto soccorso è stato accolto dal personale che era già formato per questo tipo di paziente per rispondere in modo adeguato a questi bisogni. È stato ricoverato nel reparto degli acuti di psichiatria e poi ha iniziato il percorso riabilitativo. Oggi sta decisamente meglio ma ha perso il lavoro e tutto quello che aveva costruito.

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