Consumiamo troppi antibiotici. Soprattutto nel Sud Italia

Preoccupano gli ultimi aggiornamenti sul consumo di antibiotici. A pochi giorni di distanza l’allarme arriva sia dal Rapporto Osmed sul mercato dei farmaci in Italia nel 2023, sia dal Rapporto epidemiologico del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie sulla situazione antimicrobica a livello continentale. Entrambi i report segnano una crescita nel consumo che desta più di un allarme per la situazione attuale relativa all'antibiotico-resistenza. Un problema che rischia di vanificare in larga parte l’efficacia di uno dei farmaci più importanti per la salute pubblica. Nel nostro Paese, in particolare, si registra un aumento dell’assunzione dopo la pandemia. L’Italia divisa Nel 2023 i consumi hanno mostrato un aumento del 6,4% nel nostro Paese. Ogni giorno in media almeno 17 italiani su mille prendono una terapia antibiotica. Durante tutto il corso dell’anno quasi quattro italiani su dieci hanno assunto antibiotici. La crescita preoccupa soprattutto perché certifica una tendenza sinistra già anticipata dai dati dell’anno precedente. Dopo un periodo di diminuzione nel consumo, culminato col biennio pandemico in cui le somministrazioni sono arrivate ai minimi storici , dal 2022 la traiettoria dei consumi ha visto il segno più sostituirsi al meno. E analizzando i dati regionali, si scoprono evidenti differenze regionali e macroregionali. Gli estremi sono la Provincia autonoma di Bolzano, dove il 23 per cento della popolazione ha assunto antibiotici durante l’anno, e la Basilicata dove, invece, il dato è del 47,7 per cento. E procedendo dagli estremi verso la media nazionale, troviamo da una parte la Val d’Aosta col 29,2 per cento e il Friuli Venezia Giulia col 28,6, e dall’altra Puglia e Abruzzo . Insomma, per farla breve, basta vedere i dati aggregati per macro-regioni. Inappropriatezza delle prescrizioni al Sud? Il problema, insomma, è maggiore nel Mezzogiorno. Nelle regioni del Nord la media è del 30,9 per cento della popolazione; al Centro del 39,9 per cento; al Sud del 44,8 per cento. Quasi quindici punti percentuali tra due aree del Paese. Una differenza che induce qualche sospetto, dal momento che non ci sono evidenze epidemiologiche che giustifichino un consumo maggiore in alcune parti del Paese. E probabilmente richiede una spiegazione, anche se non è semplice. “Una disomogeneità nei dati regionali non è automatico sinonimo di inappropriatezza nelle prescrizioni di farmaci, - spiega Roberto Venesia, Segretario della Federazione nazionale dei medici di medicina generale del Piemonte - la prescrizione medica è sempre appropriata quando è effettuata all’interno delle indicazioni cliniche e nelle indicazioni d’uso. L’appropriatezza è un dato difficile da calcolare e, infatti, il Rapporto OsMed non ce lo dice. Posso pensare a una predisposizione culturale di medici e di pazienti in alcune regioni. Quel che è certo, e che va ribadito, è che sul consumo di antibiotici c’è un grosso problema e si deve fare molto, a tutti i livelli, per far capire la situazione in cui ci troviamo. E non solo in Italia”. Antibiotico-resistenza I dati pubblicati dall’ECDE sul consumo nell’Unione europea, in effetti, sono tutt’altro che rassicuranti. Nel 2019 l’Ue si è posta l’obiettivo di ridurre il tasso di DDD/1000 abitanti die a 15,9 entro il 2030. L’obiettivo 2019-2030 era quello di una riduzione del 20 per cento. Nel periodo dal 2019 al 2023, invece, si è registrato un aumento dell’1 per cento. E la media comunitaria di DDD/1000 abitanti die è, in assoluto, superiore di quella italiana . “La resistenza antimicrobica sta rallentando il raggiungimento di questo obiettivo europeo. Ed è causata proprio dall’eccessivo consumo di antibiotici - prosegue Venesia - Non resta molto tempo per invertire l'approccio oggi troppo leggero all’uso dell’antibiotico. Purtroppo le previsioni sono al momento drammatiche per i prossimi anni. L’antibiotico ha letteralmente rivoluzionato la storia della sanità e proseguendo così rischiamo di perdere questa formidabile scoperta”. Informare sull’uso corretto di questa fondamentale famiglia di farmaci è quanto mai urgente. “L’antibiotico è preso un po’ alla leggera nell’opinione pubblica. Dobbiamo fare il possibile per divulgare l’importanza di consumarlo solo nei casi in cui è veramente utile e di non abusarne - conclude Venesia - Anche perché la maggior parte dei malanni che prendiamo è causata da virus, su cui gli antibiotici non hanno alcun effetto. E i batteri sono microrganismi intelligenti: si adattano al farmaco disperso nell’ambiente, evolvono e diventano resistenti molto in fretta”.