L'Italia è al secondo posto in Ue per speranza di vita: i dati e lo studio dell'Ocse
Salute e BenessereIl nostro Paese può vantare una delle aspettative di vita più elevate dell'intera Unione europea: è quanto emerso nel rapporto "Health at a Glance: Europe 2024", pubblicato dall'Ocse. Secondo lo studio, "un bambino nato in Italia potrebbe aspettarsi di vivere in media 83,8 anni - il secondo livello più alto nell'Ue, subito dopo la Spagna, e 2,5 anni sopra la media dell'Ue". Pesa, però, il dato relativo alla sedentarietà
Italiani popolo di santi, poeti, navigatori. Ma anche di sedentari, seppur con un'aspettativa di vita fra le più alte d'Europa. Questo, almeno, quanto emerge dal rapporto intitolato “Health at a Glance: Europe 2024” e curato dall’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Nel 2023, infatti, un bambino nato in Italia potrebbe aspettarsi di vivere in media 83,8 anni e si tratta del secondo livello più alto nell'Unione Europea, subito dopo la Spagna, di 2,5 anni sopra la media continentale. La notizia incoraggiante è che, dopo un calo superiore alla media, pari a 1,3 anni, dovuto ai decessi per il Covid nel 2020, l'aspettativa di vita del nostro Paese ha mostrato una ripresa e nel 2023 ha superato leggermente i livelli pre-pandemia. Il report, in definitiva, mostra come l'Italia possa vantare una delle speranze di vita più alte dell'intera Ue.
I dati del rapporto e la sedentarietà
Entrando nei dettagli del rapporto, è emerso come, al pari di altri Paesi europei, anche in Italia gli uomini hanno una speranza di vita inferiore rispetto alle donne. Nel 2022 – ha sottolineato l'Ocse - la speranza di vita delle donne italiane era pari a 84,8 anni, oltre 4 anni in più rispetto agli uomini, fermi a 80,7 anni. Le donne italiane, però, trascorrono una percentuale maggiore della loro vita con problemi di salute e limitazioni dell'attività (circa il 20%) rispetto agli uomini italiani (il 17%), fattore che rende il divario di genere negli anni di vita in buona salute sostanzialmente nullo. Un fattore significativo, in quest’ottica, è quello legato alla sedentarietà. Il rapporto, infatti, ha segnalato che la popolazione italiana fa registrare uno dei tassi più bassi di attività fisica tra i Paesi dell'Ue. Nel 2019, solo il 19% degli adulti ha dichiarato di soddisfare il livello minimo raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) di almeno 150 minuti a settimana di attività fisica. Questo dato, rileva il report, "è allarmante se confrontato con la media Ue pari al 32%". Il problema risulta più evidente tra le persone adulti più adulte. Infatti, meno del 10% degli over 65 rispetta queste linee guida, rendendo il nostro Paese il terzo più sedentario dei Paesi Ue per questa fascia d'età, considerando il 22% di media che riguarda i paesi dell'Ue. Dati non incoraggianti riguardano anche i giovanissimi: nel 2022, l'Italia ha registrato tra i Paesi Ue la percentuale più esigua di bambini di 11 e 15 anni che soddisfano le raccomandazioni Oms sull'attività fisica giornaliera. Solo l'11% degli 11enni aderiva a queste linee guida, mentre la percentuale si riduceva al 5% tra i 15enni. "Questi dati – hanno spiegato gli esperti - delineano un quadro allarmante, in quanto suggeriscono che l'inattività fisica è destinata a persistere e persino ad aggravarsi in futuro in assenza di misure efficaci per combatterla”. Una diffusa mancanza di attività fisica, tra l’altro, secondo i modelli dell'Ocse, stima che “tra il 2022-2050 costerà al Paese 1,3 miliardi di euro l'anno in costi sanitari aggiuntivi".
Ocse: "In Italia un numero di infermieri inferiore alla media Ue"
Un dato meno positivo per l'Italia, emerso dal medesimo rapporto, è che il nostro Paese ha "un numero di medici per popolazione simile alla media Ue (4,2 per 1 000 abitanti), ma un numero di infermieri inferiore alla media (6,5 contro 8,4 per 1 000 abitanti nell'UE)". Per alleviare la crisi del personale sanitario, ha sottolineato l'Ocse, ''il governo italiano ha temporaneamente sospeso l'età pensionabile obbligatoria di 70 anni per i medici del SSN, ha aumentato il numero annuale di studenti di medicina ammessi alle facoltà di medicina di oltre il 10% tra il 2017 e il 2022 e ha più che raddoppiato il numero di posti di specializzazione con il sostegno dei fondi del Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR)". Tuttavia, "il pieno impatto di queste misure non si farà sentire prima della fine del decennio, e la carenza di personale nelle specialità meno attraenti, come la medicina d'urgenza e la medicina generale/familiare, è verosimile che persista anche dopo il 2030". Quanto alla professione infermieristica, "si trova a fronteggiare criticità analoghe, che aggravano ulteriormente la crisi generale delle risorse umane in ambito sanitario", ha segnalato ancora il rapporto.