Tumori maschili, l'esperto: "La scarsa prevenzione? È colpa del sistema patriarcale"

Dietro alla salute maschile si nasconde ancora un gigantesco tabù. Soprattutto quando riguarda i genitali. Per questo il mese di Novembre diventa Movember, movimento internazionale sulla sensibilizzazione e prevenzione del tumore alla prostata e al testicolo, nato in Australia e arrivata in Europa, dove sta prendendo sempre più piede per diffondere consapevolezza e favorire la ricerca medico-scientifica. Movember - che prende il nome dalla fusione delle parole inglesi "moustache" e "november" indossa infatti un paio di baffi: gli uomini se li fanno crescere come simbolo di consapevolezza, attirando tra loro l’attenzione su conversazioni condivise, che ancora faticano a trovare spazio. Mentre le donne già durante l'adolescenza imparano l'importanza di visite ginecologiche periodiche e di un monitoraggio regolare del proprio corpo, sviluppando una mentalità attenta alla prevenzione, gli uomini seguono raramente lo stesso percorso. E le ragioni sono prettamente culturali e patriarcali, spiega a Sky TG24 Nicola Macchione, urologo dell'Ospedale San Paolo di Milano e divulgatore, protagonista di “Me Tocchi Mi", talk dedicato alla prevenzione maschile focalizzato sulla salute degli uomini promosso da Olympus. La scarsa prevenzione maschile, spiega a Sky TG24 Insider, ha a che fare con un modello di mascolinità tossica. "Dobbiamo promuovere un modello culturale diverso, perché abbiamo capito che quello patriarcale è fallimentare non solo per le donne, ma anche per la salute dell’uomo. Noi medici in primis dobbiamo offrire un modello differente". Dottore, che nesso c’è tra i mancati controlli maschili e il patriarcato? Culturalmente abbiamo un problema molto radicato. Non solo italiano, ma umano: essendo tutti figli di una società estremamente patriarcale, anche noi maschi ne siamo stati vittima. Abbiamo obbligato le donne per decenni a delle visite ginecologiche per controllare i propri genitali e dimostrare la propria verginità. Una pratica che le donne hanno sfruttato in modo positivo, attraverso la prevenzione. Invece noi maschi ci siamo sempre considerati perfettamente “funzionanti” fino a prova contraria, e di conseguenza non abbiamo mai avuto a cuore la salute del nostro apparato uro-genitale. Quali sono le radici di questa mancata attenzione verso la propria salute? Dell’apparato urologico non ci curiamo perché è interno: non vedendolo, non ce ne preoccupiamo. Quello genitale invece è visibile, ma essendo legato alla virilità e alla mascolinità non poteva mai essere messo in dubbio. Per anni, per queste ragioni, non abbiamo costruito una cultura del controllo della nostra salute. In fondo, pensavamo di non avere nulla da prevenire. E invece? C’è molto su cui fare prevenzione. I tumori alla prostata, quelli ai testicoli, l’HPV. E anche l’infertilità. Proprio i dati sull’infertilità oggi ci dicono che dovremmo iniziare ad agire in età molto tenera sui ragazzi, già dai 16 anni in poi. Prima, con la visita militare obbligatoria a 18 anni, un professionista controllava i genitali maschili e si accorgeva di eventuali anomalie. Oggi non è più così. Quando un bambino abbandona il pediatra dovrebbe quindi sottoporsi a una visita per verificare se il proprio apparato genitale si è sviluppato adeguatamente. Anche la fertilità in una società patriarcale è un problema femminile? Assolutamente. La storia ci racconta che le donne venivano ripudiate per problemi di fertilità, ma non abbiamo mai sentito nulla di simile per gli uomini. Le porto un esempio personale che mi ha spinto a fare divulgazione su questo tema: quando mia madre non riusciva a rimanere incinta, fu lei a fare controlli regolari per due anni. Poi si scoprì che il problema nasceva da mio padre, ma nessuno aveva pensato che potesse essere lui la causa. Nel 2023 in Italia sono stati diagnosticati 41 mila nuovi casi di tumore alla prostata, un aumeno del 14% dal 2020. Come mai? Il tumore alla prostata è il più frequente, negli anni purtroppo è diventato anche più aggressivo e si è abbassata l’età di insorgenza. Siamo un popolo anziano: per questo i casi sono aumentati. Le cause sono legate allo stile di vita, all’alimentazione e agli agenti inquinanti. Quello al testicolo invece è il tumore più frequente nella fascia tra i 14 e 30 anni e si promuove con l’autopalpazione. Ha un buon tasso di sopravvivenza se scoperto precocemente. Di mortalità e tumori maschili si parla poco. Il tasso di mortalità è più basso o la ragione è sempre culturale? Si muore, certo. Se ne parla meno per via di questa narrazione falsata. Un esempio: il tumore alla mammella colpisce anche gli uomini, e paradossalmente noi abbiamo un tasso di sopravvivenza minore. Perché lo scopriamo tardi, nella nostra mente non esiste quel tipo di tumore, nessuno ce lo racconta. E senza autopalpazione non possiamo accorgerci che qualcosa non va. Aggiungo che ci sono alcuni esami diagnostici ancora respingenti per molti uomini, come la colonscopia. Questa diffidenza rappresenta un grosso ostacolo alla prevenzione. Lei lavora quotidianamente con pazienti uomini. Di cosa hanno più paura, secondo lei? Della vulnerabilità. In questa società i maschi crescono purtroppo con il terrore di dover chiedere aiuto, e questo vale soprattutto se un bisogno riguarda la sfera intima, quella che culturalmente “ti fa maschio”. Ma non basta avere un pene per sentirsi maschio: in realtà sei maschio solo se ti ci senti. E questo modello di mascolinità tossica influisce anche sulla sfera sessuale? Certo. Sono convinto che spesso molti soprusi che le donne subiscono abbiano origine in forti insicurezze degli uomini legate alla loro sfera sessuale. Perché dobbiamo continuare a insegnargli a non mostrare la loro vulnerabilità, con il rischio che magari a 25 anni siano già ragazzi frustrati che magari se la prendono con la compagna se hanno un problema di eiaculazione precoce, di impotenza o infertilità? Come si può scardinare questa narrazione? Senza dubbio attraverso l’educazione alla sessualità e all’affettività nelle scuole. Una nuova cultura renderebbe i maschi più consapevoli sereni, senza paura di chiedere aiuto. Invece guai a parlare di testicoli "che non vanno bene" in un istituto come la scuola, guai a mettere in dubbio la funzione del maschio davanti a delle ragazze! A chi deve rivolgersi un ragazzo che vuole iniziare a fare prevenzione? Basta che si rechi dal suo medico curante e ne parli con lui, o lei. Lo indirizzerà allo specialista di riferimento, che solitamente è un urologo, per una prima visita di valutazione generale. Gli indicherà di effettuare i controlli ogni cinque anni. Poi da una certa età si passerà a quelli annuali. I ragazzi in ambulatorio riescono a mostrare la loro vulnerabilità nascosta? Eccome. A porte chiuse, se si sentono accolti da una persona priva di giudizio, raccontano tutto. Hanno una voglia incredibile di aprirsi, e spesso emerge un disagio fortissimo che si tengono dentro. Mi è capitato di incontrare giovani uomini che per vent’anni hanno convissuto con complessi forti nei confronti del proprio pene che sono scoppiati in lacrime quando gli ho detto che in loro non c’era niente che non andava. Convivere con una frustrazione repressa può portare a essere arrabbiati, persino violenti. E a volte basta un confronto per far crollare questo disagio. Lei è seguito da migliaia di persone su Instagram, dove fa divulgazione. Che risposta ha dalla sua community? Attraverso un sondaggio online ho intervistato 5 mila uomini ed è emerso che soltanto tre su dieci fanno prevenzione. Questo dato è sconcertante se pensiamo che il pubblico che segue la mia pagina è già un pubblico informato. Il lato positivo invece è che il 90% di loro ha dichiarato che si sottoporrebbe a una visita di prevenzione se il Servizio Sanitario Nazionale mettesse a disposizione un controllo annuale gratuito. Le campagne di prevenzione esistono, ma raggiungono meno del 10% della popolazione, e questo è un problema serio, sintomo che la comunicazione non è efficace. Il rischio è che chi si allontana oggi, domani avrà bisogno di essere curato.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Tumori maschili, l'esperto: "La scarsa prevenzione? È colpa del sistema patriarcale"