Verso la Giornata internazionale della Celiachia, cosa è cambiato nel tempo. L'intervista

Salute e Benessere
Nadia Cavalleri

Nadia Cavalleri

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Ce ne parla Roberta Elisa Rossi, gastroenterologa IRCCS Istituto Clinico Humanitas, esperta di celiachia

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In vista della Giornata mondiale della celiachia del 16 maggio, abbiamo intervistato la dottoressa Roberta Elisa Rossi, gastroenterologa IRCCS Istituto Clinico Humanitas.

Dottoressa Rossi, rispetto anche solo a 10 anni fa c’è più conoscenza della malattia, cosa significa in concreto?

“La presentazione della malattia celiaca è cambiata nel tempo. Il primo dato è che è aumentato il numero di persone che ne soffrono perché c’è maggiore consapevolezza. La patologia non è più rara, il numero è destinato a crescere perché c’è una maggiore sensibilità di tutta la comunità medica nell’accorgersi delle spie della malattia. Un tempo si pensava che la malattia celiaca si presentasse soprattutto nei bambini con rallentamento nella crescita, diarrea, pancia gonfia. Questa manifestazione non è così comune, in realtà: è più facile fare diagnosi in età adulta. L’età media dei nostri pazienti, ad esempio, è 35 anni, con prevalenza femminile (come per tutte le malattie autoimmuni). Si può fare diagnosi anche a 70, 80 anni. Le manifestazioni possono essere eterogenee, da quelle gastrointestinali (diarrea, dispepsia…) ad altre meno tipiche: persone con anemia, dermatiti, osteoporosi, diabete mellito di tipo 1, donne con problematiche di poliabortività. Ora la diagnosi deve tenere conto di sintomi eterogenei.”

I celiaci tardo diagnosticati, hanno più possibilità di vivere qualche aggravamento della malattia? Se sì, quale?

"I pazienti in cui la diagnosi è tardiva vanno incontro ad un rischio di sviluppare alcune complicanze che includono la celiachia refrattaria di tipo 1 e quella di tipo 2 fino allo sviluppo del linfoma intestinale a cellule T, un tumore raro. La scarsa aderenza alla dieta priva di glutine è il più importante predittore di complicanze. Anche l’età alla diagnosi e il tipo di manifestazione clinica della malattia sono importanti predittori di complicanze. Queste, infatti, si verificano quasi esclusivamente in pazienti che hanno ricevuto una diagnosi dopo i 45 anni di età e/o per sintomi classici di malassorbimento (diarrea e/o calo ponderale). È importante, poi, sottolineare che in pazienti celiaci in cui la diagnosi è tardiva rischiano di protrarsi nel tempo tutte quelle le patologie/condizioni causate dal malassorbimento intestinale di micronutrienti e vitamine (l’osteoporosi, per esempio), condizioni di infertilità/poli-abortività nel sesso femminile o le malattie autoimmuni associate a celiachia, che, tuttavia, non devono essere strettamente incluse tra le complicanze della malattia celiaca."

I figli dei celiaci, fatto un primo screening con gli esami del sangue, possono considerarsi tranquilli o devono poi sottoporsi a controlli periodici?

"In genere tutti i familiari di primo grado di un paziente celiaco devono sottoporsi a screening per malattia celiaca mediante un prelievo di sangue (anticorpi anti-transglutaminasi reflex) alla diagnosi del parente e ogni 3-5 anni indipendentemente dalla presenza di sintomi che potrebbero suggerire la presenza di malattia celiaca. La sierologia per celiachia dovrebbe essere eseguita immediatamente ai primi sintomi. In casi selezionati è possibile effettuare il test genetico per valutare se esiste una predisposizione genetica alla celiachia".

 

 

 

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