Sanità, terapie intensive pediatriche in Italia: sono poche e distribuite male. La mappa
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È un caso quello delle rianimazioni riservate ai più piccoli: come ha evidenziato una lettera-denuncia uscita su Lancet, nel nostro Paese c’è attualmente un posto ogni 35.585 bambini e adolescenti, media ben lontana dall’indicazione Ue e dai numeri di Paesi come la Germania. “Sono pochi e mal distribuiti, la differenza tra le varie zone d'Italia è intollerabile”, ha detto Leonardo Bussolin, presidente della Società di anestesia e rianimazione neonatale e pediatrica italiana e uno dei firmatari del documento
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- Allarme terapie intensive pediatriche in Italia. I posti letto sono solo 273, a fronte di 9.788.622 potenziali pazienti da 1 a 18 anni. In pratica, nel nostro Paese c'è un posto letto di terapia intensiva per 35.586 bambini e adolescenti, lontano dall'indicazione europea di un posto letto ogni 20-30mila piccoli
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- Per fare un confronto europeo, la Germania, per esempio, ne ha uno ogni 20mila. Secondo gli standard raccomandati, in Italia dovrebbero essercene 482. Mancano all'appello circa 200 posti letto in intensiva, con una carenza del 44,4%. Sedici Regioni hanno meno del 25% dei posti necessari, con il caso eclatante di 6 regioni, dove le terapie intensive pediatriche sono zero
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- A realizzare questo censimento è stato un gruppo di esperti, che ha pubblicato una lettera-denuncia sulla rivista Lancet per richiamare l'attenzione sulla "preoccupante situazione delle terapie intensive pediatriche nel nostro Paese", ha dichiarato ad Adnkronos Salute Leonardo Bussolin, presidente della Società di anestesia e rianimazione neonatale e pediatrica italiana. "I posti letto di terapia intensiva pediatrica in Italia sono pochi e mal distribuiti, la differenza tra le varie zone d'Italia è intollerabile"
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- In dettaglio, si va dai 128 posti letto al Nord, a fronte di un fabbisogno di 222, ai 55 del Sud, dove ne servirebbero 168, e ai 90 del Centro, sotto solo di 2 posti letto. Ad alzare la media in Centro Italia sono le 3 terapie intensive pediatriche del Lazio: Gemelli, Bambino Gesù e Umberto I. Per contro, in Valle D'Aosta, Trentino-Alto Adige, Umbria, Molise, Basilicata e Sardegna non c'è nemmeno un posto letto: se un piccolo paziente arriva in ospedale in condizioni critiche, deve essere trasferito in un'altra regione
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- Fino a un mese fa in questa condizione, con uno 0 sulla cartina, c'era anche l'Abruzzo, dove la prima terapia intensiva pediatrica è stata inaugurata ai primi di ottobre, a Pescara. Questa la situazione nelle altre regioni: 15 posti letto in Piemonte, 22 in Liguria, 46 in Lombardia, 15 in Emilia-Romagna, 24 in Veneto, 6 in Friuli-Venezia Giulia, 22 in Toscana, 10 nelle Marche, 58 nel Lazio, 21 in Campania, 4 Puglia, 6 in Calabria, 24 in Sicilia
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- "La situazione è veramente critica, al Sud è drammatica. Ci sono delle zone dell'Italia in cui i bambini non hanno le stesse probabilità di essere curati rispetto ad altre. Inaccettabile. Come società scientifica, abbiamo il dovere di sensibilizzare. Il nostro obiettivo con questo lavoro non è tanto denunciare, quanto sensibilizzare la politica. Se alcune Regioni sono messe meglio di altre, nessuna è a norma", prosegue Bussolin
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- A preoccupare particolarmente gli esperti è la totale mancanza di posti letto di rianimazione in Sardegna, "nonostante il suo isolamento geografico dal resto della Penisola e le difficoltà a trasferire un paziente grave in un'intensiva sulla terraferma", sottolineano su Lancet. "Di solito i bambini che necessitano di trattamenti intensivi salva-vita vengono trasferiti in elicottero al Gaslini di Genova, qualche volta al Gemelli di Roma. Ma non è così banale, dipende anche dalle condizioni meteorologiche”, dichiara Bussolin
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- "Le terapie intensive, sia per gli adulti che per i piccoli pazienti, non devono mai essere sovraffollate, come segnaliamo su Lancet. L'occupazione non dovrebbe superare l'85% dei posti letto, proprio per avere anche un serbatoio di riserva per qualsiasi situazione fuori dal normale. Capisco che è difficile per gli amministratori accettare un concetto come questo, perché bisogna far quadrare i conti, ma questo è, non si può fare altrimenti”, ha dichiarato Bussolin
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- “L'anno scorso abbiamo avuto una pandemia di virus respiratorio sinciziale, praticamente la bronchiolite, che colpisce i bambini entro i 2 anni d'età. Noi al Meyer non sapevamo dove ricoverarli, da quanto eravamo stracolmi, ma era così un po' dappertutto. È stato il Covid dei più piccoli: come impatto e flusso di pazienti per gli ospedali è stato intenso. Addirittura, so che al Bambin Gesù avevano adibito al ricovero alcuni ambulatori. L'anno scorso è stato eccezionale, ma cosa faremo se si ripresenta?”, ha evidenziato Bussolin
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- Per migliorare la situazione, "l'adeguamento dei posti letto di terapia intensiva pediatrica è un primo passo, preceduto dalla formazione degli anestesisti-rianimatori, soprattutto nelle Regioni che ne sono sprovviste. Ogni Regione deve poi avere una rete che coordini, con criteri centralizzati, il trattamento e il trasferimento dei pazienti pediatrici in condizioni critiche, con centri con competenze e compiti ben precisi, su modello 'Hub & Spock' per esempio”, ha rimarcato l’autore dello studio su Lancet
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- “E serve una rete nazionale con 3-4 centri d'eccellenza che coordinino emergenze particolari, i casi più rari. Un centro super specializzato cardiochirurgico o neurochirurgico pediatrico forse non è necessario in tutte le Regioni, perché sarebbe uno spreco, ma una rete nazionale sì. Al momento, purtroppo, il sistema non è così perfezionato", ha sottolineato Bussolin
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- La lettera su Lancet è firmata anche da Carmelo Minardi, del Dipartimento di Anestesia del Policlinico San Marco di Catania; Giorgio Conti, del Policlinico universitario Irccs Gemelli di Roma; Andrea Moscatelli, dell'Unità di terapia intensiva pediatrica e neonatale dell'Irccs Gaslini di Genova; Simonetta Tesoro, dell'ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia e past-president della Società di anestesia e rianimazione neonatale e pediatrica italiana, di cui Andrea Moscatelli è presidente designato da gennaio 2024