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Cellule staminali come armi anticancro pronte all'uso: lo studio

Salute e Benessere
©Ansa

Testate sui topi contro uno dei tumori al cervello più aggressivi, il glioblastoma, le cellule modificate dai ricercatori della Harvard Medical School di Boston hanno dimostrato una significativa efficacia, consentendo la sopravvivenza del 100% degli animali trattati

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Prelevate da soggetti sani, le staminali, cellule che hanno la capacità di trasformarsi nei vari tipi di cellule presenti nel nostro corpo, possono diventare armi anticancro pronte all'uso. Lo ha sottolineato un recente studio sui topi, coordinato da un team di studiosi dalla Harvard Medical School di Boston e pubblicato sulla rivista “Nature Communications” che potrebbe aprire adesso la strada a sperimentazioni cliniche anche sull’uomo.

L’efficacia del trattamento

Nell’ambito del lavoro di ricerca, infatti, gli esperti hanno modificato delle cellule staminali in modo da intercettare ed uccidere nel sangue le cellule tumorali del glioblastoma, uno dei tumori al cervello più aggressivi e difficili da trattare in assoluto. Testate, come detto, sui topi, le cellule hanno dimostrato una significativa efficacia, consentendo la sopravvivenza del 100% degli animali trattati.

I dettagli dello studio

Per contrastare il glioblastoma, molto spesso, si incontrano parecchie difficoltà di trattamento e la maggior parte delle terapie non riesce ad attraversare la barriera presente tra sangue e cervello, quella cioè che impedisce il passaggio della maggior parte delle molecole, e in più del 90% dei casi, il glioblastoma ritorna anche dopo l'intervento chirurgico e le successive chemioterapie e radioterapie. Per tentare di arginare queste difficoltà i ricercatori, guidati da Deepak Bhere, hanno deciso di partire da cellule staminali prelevate da soggetti sani invece che dai pazienti malati, proprio a causa dell'aggressività del tumore stesso. Di solito, hanno spiegato i ricercatori, la maggior parte dei pazienti viene sottoposta all'operazione chirurgica entro una settimana dalla diagnosi, dunque non esisterebbe il tempo necessario per sviluppare terapie basate sulle cellule del paziente. Ma gli autori dello studio hanno deciso di modificare le cellule staminali per indurle a generare una specifica proteina che ha la capacità di unire quelli che vengono denominati “recettori della morte”, presenti sulle cellule tumorali e causano della loro distruzione. Tali cellule, praticamente “pronte all'uso”, sono state poi incapsulate in una sostanza particolare, un gel biodegradabile. Alla fine dello studio, tutti i topi trattati dopo l'intervento chirurgico erano ancora vivi a 90 giorni dall'inizio della cura, mentre altri esemplari non coinvolti nel trattamento hanno fatto segnalare un periodo medio di sopravvivenza di circa 55 giorni. In nessun caso, hanno rilevato ancora gli studiosi, sono stati rilevati effetti collaterali.

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