L’hanno messa a punto gli studiosi dell'Università della California Davis Health. La terapia, denominata “CAP-1002”, potrebbe puntare a “ridurre i problemi di infiammazione cronica associata alla malattia di Duchenne, che colpisce i giovani, diminuire la fibrosi e migliorare la rigenerazione muscolare”, ha spiegato Craig McDonald, coordinatore del lavoro di ricerca
La distrofia muscolare di Duchenne è una patologia neuromuscolare a trasmissione recessiva legata al cromosoma X, caratterizzata da una degenerazione progressiva dei muscoli scheletrici, lisci e cardiaci, che conduce ad una debolezza muscolare diffusa. I sintomi e la manifestazione di questa rara malattia genetica, in base a quanto emerso da un nuovo lavoro di ricerca, potrebbero essere trattati con una specifica terapia cellulare. A sottolinearlo, nel dettaglio, è stato uno studio pubblicato sulla rivista “The Lancet” e condotto dagli esperti dell'Università della California Davis Health, che si è concentrato proprio sulla possibilità di un nuovo e promettente approccio per i pazienti affetti da distrofia di Duchenne (DMD) in stadio avanzato.
Una sperimentazione clinica di fase II
Come sottolineato dai ricercatori, la distrofia muscolare di Duchenne è un disturbo che riguarda circa una persona su cinquemila, principalmente in giovane età. La malattia, di solito, viene diagnosticata nella prima infanzia e provoca debolezza progressiva e infiammazione cronica dei muscoli scheletrici, cardiaci e respiratori. Il team di scienziati impegnati nella ricerca, coordinato da Craig McDonald, ha basato le proprie indagini su una sperimentazione clinica di fase II che si è servita di cellule allogeniche ottenute da muscoli cardiaci umani. La terapia messa a punto, hanno detto gli studiosi, rappresenta la prima in assoluto a dimostrare miglioramenti funzionali significativi nei casi più gravi, risultando sicura ed efficace nel bloccare il deterioramento delle funzioni degli arti superiori e dell'organo cardiaco.
Ridurre i problemi di infiammazione cronica
La terapia, denominata “CAP-1002”, potrebbe puntare a “ridurre i problemi di infiammazione cronica associata alla malattia di Duchenne, che colpisce i giovani, diminuire la fibrosi e migliorare la rigenerazione muscolare”, ha confermato McDonald, raccontando i dettagli dello studio nell’ambito del quale sono stati coinvolti 20 pazienti provenienti da sette centri statunitensi. Tutti i partecipanti avevano già trascorso più di un decennio con sintomi di moderata debolezza agli arti superiori e sono stati assegnati, in modo casuale, o ad un trattamento trimestrale proprio con la terapia “CAP-1002” o ad un placebo nell’ambito di una terapia annuale. Alla fine dell’indagine e del periodo di riferimento, i pazienti a cui era stato somministrato il farmaco hanno manifestato un cambiamento positivo, con un deterioramento della funzione muscolare degli arti superiori significativamente ridotto. E secondo Eduardo Marban, esperto dello Smidt Heart Institute del Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles e altro autore dello studio, ci sono “buone ragioni per ritenere che questa terapia un giorno potrebbe essere impiegata anche per il trattamento delle forme più comuni di insufficienza cardiaca”.