La nuova tecnica, messa a punto dai ricercatori della Harvard Medical School, può consentire di conservare i tessuti a lungo, senza che gli stessi deperiscano. “Abbiamo raggiunto per ora fino a tre mesi di conservazione, ma potrebbe essere molto più lungo”, ha spiegato Shrike Zhang, coordinatore dello studio. Per risultare efficace la stampa è stata realizzata su una piastra molto fredda e in un'ambiente a bassissima temperatura, con il campione poi spostato in contenitori raffreddati con l’azoto liquido
Una nuova ed innovativa tecnica può consentire di stampare in 3D tessuti biologici e allo stesso tempo crioconservarli per un utilizzo futuro, senza che gli stessi deperiscano e perdano le loro caratteristiche. A svilupparla sono stati gli studiosi della Harvard Medical School, in un lavoro di ricerca i cui esiti sono stati descritti sulla rivista scientifica “Advanced Materials”.
Produrre tessuti biologici in maniera veloce ed efficiente
La bio-stampa in 3D, grazie a questo studio, è entra quindi in una sorta di “freezer” e conferma quanto emerso già da alcuni anni, ovvero che si tratti di una concreta ed efficace opportunità per produrre tessuti biologici, dalla pelle umana alle protesi ossee, in maniera veloce e utile, tanto da poter riprodurre molte delle caratteristiche dei tessuti reali. A rendere possibile questo processo, in particolare, è la sostituzione nella stampa del comune “inchiostro”, di solito delle resine che si ammorbidiscono con l’effetto del calore, con una sorta di “pasta” di molecole organiche in cui sono state inserite cellule vive oppure staminali. Ora, un ulteriore importante passo in avanti è rappresentato dall'integrazione delle tecniche di crioconservazione, una metodologia che garantisce di preservare per lungo tempo i materiali biologici stampati.
Cosa può fare la criobiostampa
“La criobiostampa può conferire ai tessuti biostampati una durata di conservazione prolungata. Abbiamo raggiunto per ora fino a tre mesi di conservazione, ma potrebbe essere molto più lungo”, ha spiegato Shrike Zhang, coordinatore dello studio che ha coinvolto anche i ricercatori dell'università canadese McGill. Per risultare efficace, hanno spiegato gli esperti, la stampa è stata realizzata su una piastra molto fredda e in un'ambiente a bassissima temperatura, con il campione poi subito spostato all’interno di contenitori raffreddati con l’azoto liquido. I primi test eseguiti, tra l’altro, hanno permesso di generare tessuti di vario tipo. Tra questi, ad esempio, fibre muscolari con all'interno mioblasti, ovvero cellule che danno origine proprio alle cellule muscolari, e fibroblasti, cellule tipiche del tessuto connettivo. Oppure ancora tessuti nervosi, grazie all’utilizzo di neuroni nella stampa in 3D. La nuova tecnica, definita di “criobiostampa 3D verticale, potrebbe avere un'ampia applicazione nell'ingegneria dei tessuti, nella medicina rigenerativa, nella scoperta di farmaci e nelle terapie personalizzate”, ha specificato ancora Zhang.